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Il voto di giugno in Umbria ha portato delle novità che possono far intravedere scenari politici impensabili nella nostra regione, tradizionalmente goverata da giunte di centrosinistra, se l’onda lunga del centrodestra non subirà una battuta d’arresto da oggi alle regionali del prossimo anno. Il voto per le europee ci ha consegnato, infatti, lo storico sorpasso del Popolo della libertà sul Partito democratico. Il Pd si ferma a 173mila voti (33,9%), mentre alla camera nel 2008 aveva ottenuto 250mila voti (44,4%), e il Pdl ottiene 183mila voti (pari al 35,8%) praticamente confermando il risultato del 2008 (194mila voti). Alle provinciali, invece, il sorpasso del Pdl sul Pd non si ripresenta, visto che il Pd ottiene complessivamente circa 165mila voti (120mila a Perugia e 45mila a Terni), mentre il Pdl 155mila (113mila a Perugia e 42mila a Terni). Pur restando la prima forza politica, il Pd non può cantare vittoria, ma tirare un respiro di sollievo. Anche qui la perdita di consensi è forte e sebbene il centrosinistra vinca al primo turno nelle due province e nel comune capoluogo, non ci sono più le alte percentuali di consenso che avevano caratterizzato le precedenti tornate amministrative. Inoltre, i ballottaggi hanno mostrato che la destra può vincere in comuni significativi della regione se propone candidati credibili e se il centrosinistra presenta forte litigiosità e candidature frutto di strappi interni alla coalizione. Caso a sé è Marsciano, dove il duello è stato tutto interno al centrosinistra, con un importante risultato del candidato sostenuto da Rifondazione comunista e la perdita di consensi del centro moderato. Il dato elettorale di giugno, dunque, ci dà delle importanti indicazioni. A fronte della perdita consistente del Pd, frutto anche della improvvida gestione di Veltroni, caratterizzata dalla scelta politica dell’autosufficienza democratica, dalla rottura a sinistra, dalla forzatura introdotta con gli sbarramenti elettorali e la propensione per il bipartitismo (sonoramente bocciato dal voto alle europee e da quello referendario), possiamo notare una tenuta delle forze della “sinistra di alternativa” (Prc e Pdci), che con il 6,3% alle europee si collocano come terza forza politica regionale, ottenendo 31.930 voti, che alle provinciali diventano 38.554, confermando la sinistra di alternativa come importante realtà politica regionale. Ottengono risultati buoni anche la sinistra “senza aggettivi” di Sinistra e libertà (che negli eletti ha però nella sua totalità il colore dei socialisti) e l’Italia dei Valori, che comunque in Umbria non ottiene il successo che ha a livello nazionale. L’Udc con il suo 5% non è l’ago della bilancia. E così il centrosinistra nel voto alle europee porta a casa il 49,6%, che alle provinciali si estende al 53,4%, mentre il centrodestra – compresa l’Udc – ottiene il 45,2% alle europee e il 41,4% alle provinciali. Un dato che conferma la validità della scelta che il centrosinistra umbro ha fatto, presentando all’elettorato un programma politico riformatore frutto dell’intesa politica tra le forze politiche che hanno governato la regione nello scorso decennio, senza ricorrere ad un allargamento al centro moderato, che avrebbe significato una torsione regressiva dal punto di vista programmatico. Per il futuro, quindi, da qui alle prossime regionali dobbiamo ribadire questa scelta e rilanciare dal punto di vista programmatico la coalizione umbra di centrosinistra, aggiornando il lavoro fatto per le amministrative e mettendo a valore le buone intuizioni introdotte per contrastare gli effetti negativi della crisi finanziaria mondiale e le nuove condizioni che si genereranno con l’entrata a regime del federalismo fiscale. Per quanto riguarda Rifondazione comunista, inoltre, l’attuale fase richiede un profondo impegno nella direzione della valorizzazione del buon risultato ottenuto dalla lista comunista e anticapitalista alle europee e dal consenso registrato dalle due forze politiche, Prc e Pdci, nelle realtà provinciali. La “sinistra d’alternativa” può recuperare il consenso perduto con l’esperienza della Sinistra arcobaleno se sarà capace di radicare territorialmente il coordinamento stabile delle forze che hanno dato vita alla lista anticapitalista – Prc, Pdci e Socialismo 2000 – che si è creato a livello nazionale e che ha deciso di dare il via, con una importante assemblea a Roma il prossimo 18 luglio, alla costituzione di un polo della “sinistra di alternativa”. Dobbiamo quindi contribuire al successo dell’assemblea del 18 luglio e dare vita al coordinamento regionale della sinistra di alternativa, allargando la proposta alle realtà sociali, associative, culturali della sinistra di base e di movimento, ai comitati di lotta, per produrre anche a livello programmatico una idea di modello di sviluppo regionale capace di potenziare lo stato sociale, tutelare l’ambiente e il patrimonio paesaggistico regionale, dare nuova centralità e valore al lavoro e all’occupazione. Condividi