PERUGIA – Sul disegno di legge della Giunta regionale che stabilisce le norme attuative del Fondo regionale per la prevenzione e l’indennizzo dei danni arrecati alla produzione agricola dalla fauna selvatica ed inselvatichita e dall’attività venatoria, le associazioni di categoria e il mondo venatorio hanno espresso sostanziale apprezzamento, ma anche preoccupazione (fondi insufficienti) e avanzato alcune proposte migliorative. E’ quanto emerso dall’audizione che si è tenuta stamani a Palazzo Cesaroni al cospetto della seconda Commissione, presieduta da Franco Tomassoni, che sta discutendo sull’impianto normativo dell’atto dell’Esecutivo regionale e di una analoga proposta di legge del consigliere Raffaele Nevi (FI-Pdl).
Tutti d’accordo sull’ importanza delle prevenzione, sulla cancellazione, rispetto alla legge precedente, della franchigia, sulla velocizzazione del risarcimento dei danni, ma sostanziali distinguo si sono registrati sulla provenienza e sulla insufficienza dei fondi.
Per Francesco Ragni (Enalcaccia) “Nel testo legislativo mancano norme precise relative alla prevenzione, mentre sono specificate maggiori spese a carico dei cacciatori, che sono gli unici soggetti finanziatori. Per la prevenzione dei danni devono intervenire anche gli stessi agricoltori”. Sulla stessa linea Eraldo Martelli (Anuu-Migratoristi italiani) per il quale “non sempre sono i cacciatori i responsabili dei danni provocati all’agricoltura. Dei danni procurati dalla fauna selvatica devono farsi carico tutte le istituzioni preposte. Per quanto riguarda la divisione di competenze tra Atc (territorio libero) e Provincie (oasi e parchi) è necessario arrivare alla scelta di un unico accertatore del danno. Alla Provincia va comunque riconosciuto l’accertamento del danno rispetto alla zootecnia. Servono criteri oggettivi per la stima dei danni”.
Quartilio Ciofini (Atc1 Perugia), dopo aver sottolineato che i danni subiti dagli agricoltori vanno “giustamente rimborsati al 100 per cento”, ha evidenziato “il problema del reperimento dei fondi: perché quelli disponibili non bastano a pagare i danni procurati dai cinghiali, annullando ogni altra forma di investimento sulla programmazione. E’ importante dividere i danni procurati alla zootecnia da quelli procurati all’agricoltura, dividendo anche le responsabilità. Per la zootecnia va previsto un fondo specifico”.
Per Enzo Bordicchia (Atc 2 Perugia) “La gestione della legge deve essere di un solo Ente, quindi o gli Atc o le Provincie. Lo spezzettamento previsto non ha senso. Sul reperimento dei fondi no all’aumento della tassa ai cacciatori. Piuttosto vorremmo sapere come vengono impiegate le risorse, circa 800 mila euro, che la Provincia percepisce dalla Regione”.
Giovanni Eroli (Atc3 Terni) ha puntato il dito sulla “poca conoscenza rispetto alla specie cinghiale che ha un impatto fortissimo sul territorio. Va potenziato questo studio, come pure quello inerente al capriolo che, anche se in maniera più selettiva, produce comunque danni a volte peggiori rispetto al cinghiale. E’ necessaria una maggiore prevenzione e il contenimento della specie cinghiale”.
Secondo Alfredo Monacelli (Confagricoltura Umbria) “L’impianto della legge è stato particolarmente partecipato ed ha un contenuto oggettivo in relazione ai danni procurati dalla fauna selvatica. Il problema è dove prendere i soldi per il risarcimento dei danni. E’ chiaro che non si può fare riferimento alla fiscalità regionale per pagare i danni procurati dai cacciatori. Oggi siamo difronte ad un esponenziale trend di crescita dei danni. E’ necessario intervenire contro la fauna selvatica, ma anche il mondo venatorio dovrebbe avere un comportamento più responsabile”.
Per Katia Mariani (Cia regionale) “Pur essendo condivisibile la filosofia della legge, vanno comunque approfonditi una serie di fattori. Vanno specificati quali danni prodotti vengono riconosciuti essendo essi di molteplici tipologie. Vanno comunque riconosciuti anche i danni prodotti ai fondi chiusi”.
Secondo Albano Agabiti (Coldiretti Umbria) “Il vero interesse del mondo agricolo è quello di non subire danni. Le aziende non puntano al pagamento dei danni, hanno giustamente obiettivi diversi. Il danno va oltre il reale volume di quanto gli viene risarcito. Serve assolutamente aumentare la prevenzione e abbattere un numero maggiore di cinghiali. Questo disegno di legge, che ha avuto un lungo periodo di concertazione, lo condividiamo nello spirito, ci sono tuttavia elementi non condivisibili. I danni vanno risarciti con più celerità. Ci sono ancora da risarcire danni per 700 mila euro riferiti all’anno 2007 e 1milione200mila euro per il 2008”.
Tra gli intervenuti anche Raffaele Franceschetti (Proprietario azienda agraria – Gubbio) il quale ha criticato l’opera delle squadre dei cacciatori chiamati ad abbattere i cinghiali (“a volte penso che più dell’abbattimento dei capi mirino ad aumentarne il numero”). Riferito poi alla Regione, ha detto che “va meglio salvaguardata l’agricoltura nelle zone marginali”.
I punti principali dell’atto riguardano la prevenzione, il risarcimento completo del danno e in tempi ristretti, aumento del dieci per cento delle risorse. Differenti sono gli oneri che ricadono sulle Province e sugli Atc. Quest’ultimi dovranno risarcire i danni che avvengono sul territorio libero, mentre le Province quelli relativi alle oasi, ai parchi e, quindi, quelli accertati all’interno delle aree protette.
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