dal nostro inviato a L'Aquila Nicola Bossi Ieri notte L'Aquila aveva spiegato lunghe ali di fuoco, nel giorno della grande fiaccolata dell'orgoglio cittadino. E' tornata con un volo silenzioso e orgoglioso nel suo centro storico, ormai città fantasma tra macerie, impalcature, e cani senza padrone. A tre mesi esatti dal sisma gli aquilani hanno potuto celebrare - grazie ai comitati civici, in particolare i giovani del 3.32 - il loro rito funebre collettivo per le 307 vittime. Questa volta non ci sono capi di Stato o delegazioni istituzionali, ma ci sono soltanto aquilani guidati dal sindaco Massimo Cialente. Non c'è la cittadella della finanza, ma la fontana del centro storico che il popolo della fiaccolata avvolge a cerchio per un ultima preghiera. Un minuto, forse due, di silenzio: poi l'applauso che ridà voce ai monumenti spezzati nel centro. Ma oltre al ricordo dei morti, la parola chiave per capire il senso della fiaccolata era ed è giustizia. Giustizia per una ricostruzione certa e veloce. Giustizia per scoprire se i 307 morti sono stati vittime del caso o di errori umani. Ne sono convinti, delle responsabilità degli amministratori, i genitori delle vittime della casa dello studente che ieri notte hanno aperto il corteo con i loro striscioni e negli occhi lo stesso dolore pietrificante di tre mesi fa. Ma nelle gambe la voglia di marciare verso la giustizia per onorare i figli martiri. "Non ci può essere ricostruzione - spiega il capo delegazione dei genitori - se prima non c'è giustizia su quello che è successo tre mesi fa quando sono morte persone per incuria e per negligenza. Chi ha sbagliato deve pagare. Per il comitato i loro figli sono stati assassinati: assolvono in parte il sisma, puntando il dito sull'edilizia che risparmia in ferro, in cemento e in sicurezza. I genitori delle vittime sono stati scortati dai Vigili del fuoco in via XX Settembre per pregare, sicuramente per l'ultima volta, su quella bara di macerie che è oggi lo stabile universitario. Nel corteo della fiaccolata mancano molti anziani - il percorso e l'orario erano proibitivi - e anche molti giovani aquilani sfollati negli alberghi della costa. Nonostante questo sono 4mila, forse 5mila a sfilare con un torcia in mano convinti che una luce può provocare un incendio della speranza. Una fiaccolata composta, silenziosa e senza disordini. Il modello abruzzese ha contagiato, in maniera pacifica, persino le delegazioni "pericolose" dei movimenti contro la discarica di Chiaiano e dei "No Dal Molin" di Luca Casarini, leader storico dei centri sociali del Nord- Est, presente ieri con una delegazione. La fiaccolata, nonostante fosse organizzata dagli aquilani è stata praticamente blindata: agenti della polizia in divisa antisommossa hanno preceduto il corteo. Ai lati carabinieri, Guardia di finanza e molti delle forze dell'ordine in borghese a riprendere con telecamere i manifestanti. Persino un elicottero a sorvegliare dall'alto. E' il clima da G8 che si vive da ieri mattina nella città delle tendopoli. Contro la gestione Bertolaso-Berlusconi si è alzato soltanto un lungo applauso quando ha preso parola il rappresentante del movimento "No Dal Molin": "E' una vergogna usare L'Aquila e gli aquilani per farne una vetrina per il vertice internazionale". Condividi