di Vito Nocera

Per quanto mi sforzi non riesco a scacciare la sensazione di vivere in un Paese ormai privo di fascino.

Non sono sicuro di riuscire a spiegarla al meglio questa impressione ma e' come un sentimento che mi pervade con sempre maggiore insistenza.

E' come se non vi fosse piu' lo slancio di osare,  essere avanguardia, in ogni campo.

Ci si attesta a gestire senza tentare quella profondita' di pensiero per cui in fondo vale la pena di vivere.

Sara' che l'economia (quella finanziaria e globale) ha preso come si sa il sopravvento sulla politica.

E mentre in alto si intrecciano banche e finanza nel Paese diffuso si attendono come il pane i dividendi modesti di un bonus.

Sara' che non si trova un poeta, un artista, un musicista, uno scrittore, che ci impressioni davvero.

Che apra una qualche nuova frontiera.

Anche il nuovo ha questo suo contorno di cose scadenti e rifatte.

Siamo diventati il Paese dove si sviluppa un turismo di massa presso i luoghi delle fiction.

A loro volta estratte da libri seriali che riempiono i Bookstore con  inestetiche piramidi pubblicitarie.

E la sera in TV neanche a parlarne. Neanche piu' come pure fino a qualche tempo fa un dibattito aspro ma vero. 

Solo spezzoni di pensieri che mentre li pronunci il conduttore gia' ha dato il microfono ad altri.

Anzi ha spento il tuo di microfono e lo ha fatto accendere all'altro. Mentre I comici ti sfottono.

Non di rado capita che qualcuno continui a parlare a microfono ormai spento. 

Li vedi muovere le labbra come nel cinema muto (che almeno era un prodotto di avanguardia  di  fascino profondo).

Qui un conduttore simil intellettuale tira le fila a convenuti, probabilmente a gettoni,  ormai sempre uguali e con sempre meno argomenti.

Viene alla mente la Juventus degli anni 70, che pagava un ormai stagionato Altafini a gettoni.

 Quando serviva, Jose' si alzava dalla panchina e andava in campo. 

Ma lui almeno in quei pochi minuti di campo risolveva la partita.

Di movimenti veri, quelli che fanno per loro natura egemonia e cultura, se ne vedono pochi.

Diciamo pure nessuno.

E non c'e' neppure un novello Pasolini che, con registratore e microfono, vada a provocare il Paese, i suoi sentimenti e i suoi pregiudizi profondi.

Gli operai, quelli si,  facevano avanguardia e cultura. Non tanto in  quanto operai singoli ma in quanto classe.

Non perché - poverini erano deboli e sfruttati,  come sempre ti vorrebbe il padrone e magari anche qualcun altro - ma perché possedevano scienza e coscienza.

Gli unici capaci, perché intrinseci ad esso, di mettere in crisi il capitale.

Metterne in discussione la vocazione predatoria ad appropriarsi del prodotto realizzato da loro. Il suo valore.

Il  plusvalore marxiano. Ora al massimo ci tocca sentire la nenia sul salario minimo da stabilire peraltro con legge.

Si,  campa cavallo...

E la vecchia cosa dei rapporti di forza a sinistra e' ormai sconosciuta.

Dalla oceanica segreteria della Schlein - che in realtà leaderisticamente comanda da sola - ascoltiamo improbabili diktat di qualche aiutante di campo del giustizialismo televisivo  nostrano,  che quando si e'  sottoposto al voto ha registrato le urne deserte.

Ma che importa, loro si spacciano per il nuovo.

Appunto questo nuovo inestetico, senza qualita', che svolazza sul filo dei sondaggi.

Sondaggi che,  come una fisarmonica,  vanno un po' da un lato un po' dall'altro a seconda di chi le spara trasformisticamente piu' grosse.

Ovviamente i sondaggi, per quanto orientati, si fanno col Paese. Che così autodenuncia la sua caduta di autostima e di stile.

Certo, qualche volta, come un soffio di ossigeno,  qualche pensiero importante riappare.

Un filosofo intelligente, un esperto d'arte, qualche antico politico immaginifico o saggio.

Ma subito la coltre del resto, fatto di nulla, li sommerge. E si passa oltre.

Magari al prossimo collegamento con un gruppo di persone dietro un inviato al microfono che li istiga, unitamente a chi officia dallo studio, al vociare eccitato e indistinto.

E' questo il conflitto che amano quelli che oggi, da una politica e da una informazione scadenti, menano la danza.

Che poi credono di menarla.

In realta' anche loro marionette improbabili di un avanspettacolo senza veri capocomici.  Di quelli che un tempo ne rendevano nobile l'arte.

In questo quadro non sorprende che la premier - dopo aver tanto concorso a tutto questo - ora con in mano il comando guardi al sodo.

Che volete se ne importi di un La Russa o un Donzelli.

 In realta' tecnocratizza il Paese.

Proclama  stato di emergenza migranti e nomina un  super commissario.

Fa le  nomine alle aziende pubbliche senza grandi strappi, anzi quasi tutti i super esperti di Draghi, Conte, Gentiloni, Renzi, ai loro posti.

 Nella speranza che almeno loro, che sono competenti, facciano tesoro dei fondi del famigerato Pnrr.

Ora vedremo col Def, una volta si chiamava legge finanziaria. Ma difficile vi sia troppa trippa per gatti.

E l'opposizione si spiazza da sola. 

Le nomine nelle aziende pubbliche sono le stesse che facevano i governi di prima.

Sull'economia la Schlein non sa dire quasi nulla.

E del lavoro contemporaneo - vero propellente sociale e scientifico su cui investire impegno - sa appena descriverne i titoli.

Il conflitto per le opposizioni e'solo alzare il tono di voce in parlamento durante le dirette TV. E invece ci sarebbe tanto da esplorare, organizzare e unificare, nel lavoro vivo e nel Paese profondo.

Ma questo sarebbe pretendere troppo. E' roba da comunisti. Ma dove rintracciarne oggi?

Oggi ci manca Berlusconi confinato, malato, al San Raffaele, lui almeno la parola comunisti era d'uso pronunciarla.

Nel deserto in cui siamo anche quel suono, pronunciato dal cavaliere, con intento negativo, ci farebbe un  effetto di risveglio dal sonno.

Come quel vecchietto addormentato in poltrona in un vecchio film,  che ogni volta che sentiva nominare  una cifra di danaro  si risvegliava un attimo e ripeteva: ...Un milione, anema do priatorio, e si accasciava nuovamente nel sonno.

E io, che matto stamane, vorrei trovare il fascino in un Paese così.

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