Al via il primo step della ricerca: “Abitare i margini, oggi. Etnografie di paesi in Italia”, nell’ambito del progetto PRIN (Progetto di Rilevante Interesse Nazionale 2020) dell’Università degli Studi di Perugia – Facoltà di Lettere e Dipartimento di Antropologia che ha selezionato anche Monte Castello di Vibio tra i borghi di interesse. La ricerca che durerà un anno riporterà alla luce storia e tradizioni locali e cambiamenti sociali, che i ricercatori raccoglieranno dalla voce dei diretti interessati. Così nei giorni scorsi la Sala Consiliare ha ospitato i primi testimoni (Over 80 solo sulla carta e neanche tanto) che hanno desiderato raccontare il loro vissuto, lasciandosi andare anche a ricordi personali toccanti ed esilaranti. 

Con registratore e taccuino in mano i ricercatori Massimiliano Minelli e Elisa Rondini, hanno ascoltato volentieri i racconti da cui è uscito uno spaccato di vita sociale davvero interessante. C’è chi ha dovuto lasciare il paese per cercare lavoro sentendo tutta la nostalgia per le proprie radici lasciate, chi ha dovuto abbandonare sogni per mancanza di possibilità o imposizioni familiari, chi ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale in paese e chi nelle campagne con l’arrivo dei tedeschi e poi degli americani (presso il Teatro della Concordia quasi ogni sera venivano organizzati dei piccoli spettacoli per rallegrare i soldati), chi ha fatto un lunghissimo viaggio a Todi per fare il viaggio di nozze e chi si è spinto a Firenze e perfino sulla Costiera Amalfitana, con pochi soldi in tasca e tanta voglia di fare esperienze.

Non poteva mancare il ricordo alla nevicata del ‘56 quando da Doglio scendeva un solo trattore per fare rifornimento di viveri e medicine per gli abitanti della frazione, erano in pochi quelli che avevano i mezzi che si dovevano prenotare per tempo, ci si doveva organizzare per fare più commissioni in una sola giornata in modo da non sostenere altri costi.

C’era tanta povertà ma si era solidali gli uni con gli altri. Nelle famiglie, sempre molto numerose, convivevano più o meno pacificamente due o tre generazioni e l’istruzione (non tutti arrivavano alla quinta elementare, per lo più ci si fermava alla terza) offriva poche possibilità poiché chi intendeva proseguire gli studi era costretto ad andare a piedi a Todi che non era proprio dietro l’angolo, magari utilizzando qualche scorciatoia per le strade di campagna). 

Dalla campagna ci si spostava per andare in paese per assistere alle funzioni religiose, in occasione delle feste paesane dove tutta la comunità si ritrovava o per fare qualche servizio. Ci si divertiva con poco ma ogni occasione era buona: oltre che nei casolari di campagna ed in paese, il luogo più vicino per ballare era a Montemolino (le scarpe buone si portavano al collo per non consumarle).

I punti di riferimento erano il Parroco, il Sindaco, il Dottore, il Farmacista, il Maestro e i tanti esercizi commerciali, alcuni ancora attivi. 

Nel corso delle testimonianze ha tenuto banco il racconto della vita dei campi, dal sistema della mezzadria al lavoro che non mancava mai (anzi era anche troppo) che cominciava all’alba e finiva con l’accenno dell’Ave Maria del Campanile alle 18,00, le serate trascorse a “Veglia” e gli appuntamenti canonici legati al raccolto. Si andava “a servizio” anche fuori paese e si imparava sin da piccoli. 

Questo e molto altro è stato detto ma non sta a noi il compito di riferirlo anche se continueremo a seguire i prossimi appuntamenti. Da questa ricerca uscirà fuori la vita di un paese che ripartendo dalle proprie radici sarà ancora in grado di adeguarsi ai tempi moderni, per essere sempre più cittadini del mondo, pur sempre rimanendo: “il piccolo mondo antico”.

 

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