di Lucio Caporizzi.

La Presidente Meloni sostiene che la manovra 2023 - bocciata da Confindustria e Sindacati - va incontro anche al ceto medio, nozione questa di difficile definizione, in un Paese dove oltre i 35.000 euro lordi annui (sì e no 2.000 euro al mese) si è considerati "ricchi" e, quindi, non si beneficia di bonus, riduzione del cuneo fiscale e le rivalutazioni pensionistiche vengono drasticamente ridotte.
Viene il sospetto che per la Presidente il ceto medio coincida con i lavoratori autonomi, loro sí ampiamente "sostenuti", con una generosa riduzione di tasse..
Ma come mai questo "tetto" a 35.000 euro? Vediamo...le fasce di reddito dai 35.000 in su ricomprendono solo il 13% dei contribuenti ma versano il 60% dell'IRPEF. È qui la "ciccia" del gettito fiscale ed è chiaro, allora, perché sconti e riduzioni si fermano a quella soglia, oltre la quale sarebbero troppo onerosi per l'Erario...ma...alt...in realtà non per tutti gli "sconti" si fermano lí...per i lavoratori autonomi no, tanto è vero che si arriva fino agli 85.000 euro con il mega sconto fiscale della flat tax.
Se consideriamo che già ora l'85% della base IRPEF è data da dipendenti e pensionati e che il tax gap (leggi evasione) per il lavoratori autonomi è stimato al 68%, il quadro diviene chiaro. Quel 13% di contribuenti sopra i 35.000 euro lordi - prevalentemente lavoratori dipendenti e pensionati- reggono sulle loro spalle la maggior parte del fisco italiano, inchiodati alla "tirannia" del sostituto di imposta. A loro non conviene fare sconti o riduzioni, sennò, poi, chi paga?
 

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