IN MEMORIA DI EUGENIO

Di Alberto Giovagnoni - La morte del Direttore di questa testata, Eugenio Pierucci, colpisce perché , come in altri casi, rivela l’importanza, la forza e l’indispensabilità degli umili, di quelli che macinano lavoro dietro le quinte e senza i quali i riflettori si spegnerebbero per tutti. Eugenio ha avuto una carriera simile alla mia e a quella di  diversi dirigenti del Pci. Federazione Giovanile Comunista , esperienze in organizzazioni di massa (Arci e Italturist), per poi imbracciare la via del giornalismo, che per quelli del Pci significava imboccare una strada parallela ma distinta, in rispetto, almeno nella forma (ma non solo in quella), dell’ autonomia dell’informazione. Da lì il passaggio obbligato all’Unità e le lunghe esperienze come Direttore in uno degli uffici stampa più importanti della Regione (Il Comune di Perugia) e a Umbria Left .

Era un campione della “cucina”, un termine giornalistico con il quale si indica quel lavoro oscuro di redazione che permette ad un giornale, ad una agenzia, ad un sito web di avere quella completezza di notizie e commenti appetibili per il pubblico a cui sono diretti. Aveva anche un’anima brontolona, espressa spesso sottovoce e raramente con viva eccitazione. Era la sua giusta protesta per la scarsa attenzione che il mondo che lo circondava aveva avuto per la qualità e la quantità del suo grande lavoro.

Ho sentito quella storia decine di volte. Me la raccontava come collega e come sindacalista. Ed ogni volta lo stavo ad ascoltare in rispetto delle sue sacrosante ragioni, che, purtroppo, non hanno mai avuto una sufficiente soddisfazione, da parte di chi avrebbe dovuto farlo.  Pensava spesso che fosse l’effetto congiunto di una ingiustizia e  di una sfortuna che talvolta lo perseguitava. Ricordo che negli anni 60 , disoccupato e in cerca di un qualsiasi tipo di  lavoro si gettò in un’avvenuta assolutamente lontana dalle sue convinzioni politiche e dai suoi valori.

Si improvvisò imprenditore e accettò l’appalto della vendita delle bibite alla manifestazione sportiva più importante dell’estate del capoluogo organizzata dall’Uisp di Mario Bartoccini; la Coppa Città di Perugia. Già la composizione della squadra non faceva presagire un  esito rassicurante. A coadiuvarlo c’erano il sottoscritto e il prof.  Renato Covino, due noti esperti venditori ambulanti di coche e di aranciate. Era il mese di Luglio e durante i 30 giorni in cui si svolse la manifestazione “Giove pluvio” fece la sua comparsa in gran parte di quelle sere. Poco caldo, poca gente e poche vendite. Una anticipazione del cambiamento climatico.  Una di queste notti esasperato dalla pioggia cadente si lasciò andare ad una battuta che diventò famosa “Se la coppa città di Perugia la replicassero a novembre, ed io mi attrezzassi per vendere bibite calde, sono sicuro che l’estate di San Martino  durerebbe qualche mese”. E giù tutti a ridere in omaggio alla sua capacità di rendere comica una situazione difficile e quasi disperata. Perché il “brontolone” era capace di battute sorprendenti che mettevano in luce la sua capacità di prendere vita “come viene”  ed andare avanti.  

Ma non finì lì perché l’esperienza ebbe l’onore di far parte dell’enciclopedia delle barzellette dedicate ai Carabinieri. Dopo una ispezione serale Eugenio andò a processo perchè non avevamo correttamente indossato le giacchette bianche riservate ai baristi. Fu assolto “Perchè il fatto non costituisce reato”. La formula derivò dal verbale del Maresciallo che vi aveva letteralmente scritto “vendevamo le bibite (loro non noi) sprovviste di camicie”. L’Avvocato d’ufficio sostenne infatti che non aveva mai saputo che la legge obbligava a vendere coche cola, aranciate e chinotti munite di  giacca e cravatta

E comunque Eugenio ha continuato , nella sua semplicità e nella sua ostinazione a farci sapere a tutti che c’era,  un pezzo della storia del giornalismo umbro, perchè è riuscito  da dietro quelle quinte e a diventare, nelle esperienze avute, l’indiscusso protagonista. Ciao Eugenio, adesso raccontaci del Paradiso, di quel Paradiso che ti sei meritato su questa terra.

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