La ricorrenza del 4 novembre, Festa dell’Unità Nazionale e del Forze Armate in cui si ricordano tutti i Caduti in guerra, è da sempre molto sentita anche a Monte Castello di Vibio e le cerimonie pubbliche, da oltre un secolo, si tengono di fronte al monumento ai caduti collocato in piazza Petrini a pochi passi dal comune.  Il monumento stesso, realizzato dallo scultore futurista perugino Enrico Cagianelli, uno dei maggiori artisti umbri del Novecento, amico di Gerardo Dottori, fu inaugurato il 7 novembre del 1920 pochi anni dopo la terribile Grande Guerra che, anche nel piccolo paese, aveva causato la morte di almeno 73 giovani nati o residenti nel territorio mentre altri erano tornati seriamente malati, feriti o mutilati. 

Da allora, ogni anno fino ai giorni nostri, si sono susseguite le commemorazioni alla presenza delle autorità cittadine civili, religiose e militari, delle associazioni combattentistiche, delle scuole, dei reduci, dei loro familiari e di semplici cittadini. 

Nella foto relativa alla cerimonia del 1973 (scattata da Nello Latini) il sindaco di Monte Castello di Vibio, Egidio Lipparoni, consegna ai reduci della Prima Guerra Mondiale la medaglia d’oro, la croce di guerra e un’importante onorificenza: il diploma di “Cavaliere dell’ordine di Vittorio Veneto per riconosciuti meriti combattentistici”, un titolo istituito dalla legge 263 del 18 marzo 1968. Tale riconoscimento fu accettato con un certo orgoglio dagli ex combattenti e molti hanno persino voluto che sulla propria lapide, a ricordo di quanto visto, vissuto e sofferto durante il crudele conflitto mondiale, sotto al proprio nome, fosse riportata la scritta: “Cavaliere di Vittorio Veneto”. 

Per la cronaca, va ricordato, che la suddetta legge del 1968 venne approvata dal Parlamento a distanza di ben cinquant’anni dalla vittoria nella Grande Guerra per esprimere molto tardivamente “la gratitudine della Nazione” a quanti avendo combattuto per almeno sei mesi durante la Prima guerra mondiale o precedenti conflitti, avessero conseguito la croce al merito di guerra.  Con la stessa legge veniva anche istituito un cosiddetto assegno vitalizio, senza reversibilità per il coniuge, che agli inizi era di sole 60.000 lire all’anno da pagarsi in due rate semestrali. Solo nel 1979 e nel 1980 tale cifra venne “rivalutata” (si fa per dire) prima a 120.000 lire annue e poi a 150.000.  

Per i pochissimi reduci rimasti in vita, dal 1990, infine, anche a seguito delle critiche per l’esiguità della cifra, è stata rivalutata a 50.000 lire mensili reversibili e rivalutabili ogni anno in base alla svalutazione. Ma ormai dei “ragazzi del ‘99” e della fine dell’Ottocento ne rimanevano in vita ben pochi.  

 

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