IN MEZZO A TANTO SCONFORTO RITROVARE LA STRADA DI UN DISEGNO AMBIZIOSO.
di Vito Nocera.
Il Mediterraneo sempre più una fossa comune per essere umani poveri e discriminati.
In Ucraina la guerra con nuovo impulso a infuriare.
Da noi la corsa al voto tra caro bollette e preoccupazioni per l'autunno.
Si va verso un inverno di ristrettezza economica e di razionamento dei consumi energetici.
Classi politiche europee e italiane non sembrano in grado di mettere in campo delle vere risposte.
Da noi la gara elettorale vive di facili e inutili politicismi a sinistra, mentre un'astuta Meloni apparecchia le condizioni per governare qualcosa.
Eppure uno sforzo per interpretare le linee sociali di cio' che succede andrebbe fatto.
Se al nord il voto come sembra andrà a destra e' perché lì non c'e' piu' una soggettività del lavoro - del lavoro vivo avrebbe detto Marx.
Cioè delle persone che lavorano e che un tempo di quell'essere lavoratore seppero farne un potere.
Lì a farla da padroni sono i cummenda alla testa di imprese piccole e medie.
E questo salda un blocco sociale a difesa della tenuta manifatturiera, auspicando insieme aiuti pubblici e abbuoni fiscali, e forme di autonomia che e' un altro modo per inglobare risorse.
Sotto la linea del Garigliano c'è più confusione.
Pesa di più l'aspettativa di sostegno al reddito.
E non c'e' una sinistra capace neppure di rivendicare cio' che ha inventato (regalandolo di fatto ai 5s).
Come quel reddito di cittadinanza varato, negli anni 2004 - 2010, dalle sinistre in Campania con risorse regionali e nella indifferenza dei governi e di tutto il quadro politico centrale.
Se dal voto si intravede una geografia sociale e' questa geografia che deve diventare la preoccupazione essenziale.
Il mondo non finisce il 25 settembre, anzi problemi e contraddizioni cresceranno.
Se il quadro e' questo si vede con plastica evidenza che tra i diversi interessi organizzati in campo l'unico a mancare e' quello del movimento operaio.
Quel vecchio ciclo storico ovviamente è finito.
Ma il nuovo lavoro contemporaneo contiene condizioni (a volte di neo schiavismo perfino) e contraddizioni sulle quali applicarsi.
Invece di adagiarsi su improbabili surrogati di trasformismi senza storia e futuro.
E' questo lavoro vivo - la commessa del market o la ragazza che serve al ristorante, l'operaio della fabbrica in via di ristrutturazione o di delocalizzazione, l'operaio della piccola impresa del nord o quello dell'inferno della logistica, l'autista che col furgone consegna le merci di grandi piattaforme multinazionali, il giovane informatico partita Iva che ti aggiusta il PC a domicilio o quello che ti porta la pizza in bici, il migrante che raccoglie pomodori nelle campagne, l'insegnante che ieri ha ripreso, eccetera eccetera - che produce lo sviluppo e anche l'innovazione del capitalismo contemporaneo.
Oggi e' un lavoro di singoli, come fu quello dei giovani del sud che negli anni 60 arrivarono al nord.
E lì nella relazione della catena di montaggio e nelle difficoltà del territorio (casa e socialita') maturarono il più grande sommovimento collettivo che l'Italia del dopoguerra ricordi.
Il lavoro odierno, e' ovvio, e' ancora più disperso e strutturalmente diviso.
Ma se mai dovesse rifare irruzione con una propria soggettività, una coscienza di se e di quanto la propria intelligenza sociale concorre allo sviluppo.
Allora si che tutto il quadro descritto potrebbe avere una scossa, una sinistra piu' seria rifiorire, perfino il nesso nord sud, oggi sciaguratamente lacerato, ritrovare un nuovo disegno unitario.
Il lavoro, non il sovranismo delle destre, come fattore di unificazione nazionale.
E ' un'impresa titanica certo, forse perfino impossibile, chissà.
Ma mentre si tenta nel voto odierno - giustamente - di limitare i danni e salvare il salvabile.
Per riaprire davvero la contesa e' a questo disegno ambizioso che vale la pena, finalmente, di provare a mettere mano.

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