La Meloni a Perugia.
di Giovanni Dozzini.
Né bene né male. O bene e male. È arrivata in ritardo, enorme, più di un'ora, in una piazza per me surreale per come ero avvezzo a vederla una volta. Ricordo le manifestazioni rosse ai tempi del liceo, ricordo i concerti di De Gregori e Silvestri, quelli nazionalpopolari di Ray Gelato a Umbria Jazz. C'era genta, ma non una folla oceanica, un po' come per Salvini tre anni fa all'altro capo di Corso Vannucci. Gente non abituata a stare in piazza, o gente che in piazza ci stava da giovane. Molte bandiere bianche e blu, le grandi fiamme tricolori nel mezzo, uno stand presidiato da ragazzini della Gioventù Nazionale che indossavano magliette con la scritta 'Meloni presidente' sulla schiena. Presidente di che? Del partito, ma anche del consiglio. Le bandiere le distribuivano loro? Non lo so. Ma quella era una piazza fatta soprattutto di militanti, arrivati da tutta l'Umbria. Uomini e donne eleganti, con le camicie color celeste stinto e i pantaloni attillati, i mocassini senza calzini e le ballerine, o giusto qualche centimetro di tacco. Facce note, facce ipotizzabili, un pedigree lampante. Gente che lo diresti a vederla da un chilometro, che vota Fratelli d'Italia. E anche gente che in passato non ha esitato a votare il Partito, perché gli affari sono affari e la cosa più importante è star dietro a chi maneggia il potere.
Di pueblo smarrito invece ne ho visto poco. In questo la piazza di ieri era molto diversa da quella del Salvini del 2019. Poca classe operaia, poca classe media tendente al basso. Qualche famigliola, qualche ventenne, ma il grosso era altra roba. L'impressione è che votare la Meloni nel fantomatico segreto dell'urna sia un conto, farsi vedere a un suo comizio un altro. Per Salvini era diverso: Salvini era un bullo, tutti abbiamo in fondo avuto fascinazione per i bulli, di fronte ai bulli è sempre semplice dissimulare un po', come se fosse chiaro che non potremmo mai prenderli troppo sul serio. La Meloni, invece, ha una storia che affonda nel neofascismo, e un'identità che in molto gli è ancora sovrapponibile. Non è una compagnia facile da rivendicare. Così come non deve essere stato facile, per le donne e gli uomini in piazza ieri, aspettare così a lungo. Con quella playlist, poi: i Maneskin, i Clash, Rino Gaetano.
'Il cielo è sempre più blu' l'hanno messo alla fine, due volte, perché evidentemente è la canzone che la Meloni vuole per il suo ingresso sul palco. È apparsa alla 19.09, quasi all'ora di cena, e si è messa a camminare qua e là su uno scenario buono per una big band. Con Lui i treni arrivavano in orario, ha opportunamente osservato il compagno infiltrato Gigio al mio fianco, cent'anni dopo questa è la prima grande differenza. Tra giornalisti e curiosi di infiltrati col cuore rosso o rossissimo eravamo parecchi. Comunque la Meloni ha iniziato a parlare un minuto prima di quando avevo deciso che me ne sarei tornato a casa. Mi ha fregato all'ultimo metro, le ho concesso un quarto d'ora. Era euforica, come una donna che ha appena rivisto l'uomo della sua vita o che sa già di aver vinto la sua battaglia più grande. La platea l'ha accolta senza grande calore, perché il ritardo era stato tanto e perché in pubblico, si sa, è sempre meglio mantenere il contegno. Le bandiere, però, sventolavano. Non so quanto la Meloni possa aver parlato in tutto, me ne sono andato prima del suo sarcasmo greve su donne violentate e clandestini, ma so che nei primi quindici minuti del suo comizio ha parlato a gente che era venuta più a vederla che ascoltarla: la sua analisi dello stato delle cose era solida, a tratti apparentemente condivisibile - eppure le critiche al libero commercio e alla globalizzazione erano molto diverse da quelle che gli si fanno da sinistra - o almeno credibile, di sicuro la sua preparazione politica rispetto al bullismo e all'improvvisazione mimetica di Salvini sono tutta un'altra cosa. Mi sono purtroppo perso la parte sulla sintesi, insomma, ma quella in fondo la conosco già bene. Le vene mi tremavano solo quando diceva che loro erano 'patrioti'. 'Noi siamo patrioti', e quindi bla bla bla. Questa cosa della patria, a quarantaquattro anni quasi suonati, mi sembra ogni giorno di più la barzelletta più grossa che sia mai stata inventata dall'uomo dopo quella di Dio.
In definitiva, Bregolisse in piazza ieri non c'era, né avrebbe potuto esserci. C'era un partito strutturato, che aspetta da decenni di prendere il potere - da fulcro, non da alleato - a Roma come è già stato a Perugia e poi in Umbria, e che una volta al potere farà di tutto per non mollarlo più. Tanto per cambiare ci aspettano anni molto, molto difficili.

Recent comments
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago
12 years 13 weeks ago