Di Stefano Vinti

GLI IMPERATORI SOLDATI Tra il 235 e il 285 d.C. l'impero romano fu attraversato da eventi drammatici, anarchia istituzionale e feroci lotta interne, da invasione profonde da oriente e da occidente, depressione economica con intere popolazioni che sprofondavano nella povertà. Tra il 250 e il 270 d. C. la crisi ha avuto il suo culmine e l'impero minacciò di sgretolarsi. Si affermarono alcuni stati particolaristici e l'impero si difese solo nella dimensione regionale, con un sostanziale ritorno all'economia naturale (K. Christ). Si susseguirono una serie di catastrofi: militari, economiche, sanitarie, culturali, a cui si rispose con gli “imperatori soldati”, che rappresentarono un modello di sovrano completamente nuovo. È l'epoca generalmente considerata di massima crisi (Geraci, Marcone). Gli imperatori provenivano dall'Illiria, dalla Pannonia e da altre regioni di confine ed erano tali in quanto potevano contare sull'appoggio delle legioni originarie dalla stessa regione. Gli imperatori dipendevano dalla lealtà dei loro generali e dalla fedeltà degli eserciti, alle cui annose necessità dovevano provvedere con grande sollecitudine. Dei ventisei imperatori di quest'epoca, solamente uno morì di morte naturale, l'imperatore “senatorio” Tacito. La militarizzazione del principato arrecò profondi mutamenti sociali, il più colpito fu il ceto senatorio. Il mutamento nelle forme di insediamento e nell'aspetto delle città mostra in modo particolarmente chiaro quanto la vita e l'esistenza dei singoli fossero segnate, in questo periodo, dall'insicurezza e dalla paura. La situazione militare vedeva l'impero in costante difensiva, dal corso inferiore del Reno fino al vicino oriente. Spesso gli eventi erano determinati dalla contemporanea avanzata di nuove e fresche popolazioni, che si spinsero con le loro razzie fino all'Italia e alla Spagna. GAIUS VIBIUS TREBONIANUS GALLUS In questa fase storica drammatica Gaio Vibio Treboniano Gallo è stato imperatore romano dal 251 al 253 d. C. Treboniano Gallo era nato a Perugia nel 206 da una famiglia di rango senatoriale, i Vibii di origine etrusca. Sposò Alfina Gemina Bebiana da cui ebbe due figli: Gaio Vibio Volusiano e Vibia Galla. Treboniano Gallo ha avuto un tradizionale cursum honorum con molti incarichi politici e militari. Infatti fu console nel 245 e nel 250 fu nominato governatore della Mesia, un incarico di straordinaria responsabilità a testimonianza della fiducia che riponeva in lui l'imperatore Decio Traiano. Le frontiere dell'Impero erano minacciate su più fronti e sembrava messa in discussione la sua stessa sopravvivenza. Nel 251 il Danubio fu attraversato da un'orda 70 mila Goti comandati dall'abile sovrano Khiva, mentre i Carpi invadevano le provincia di Tracia. I Goti, numerosi e bellicosi, erano formati essenzialmente da due gruppi: un gruppo, quello dei Greutungi, più tardi chiamati Ostrogoti, risiedevano tra il Don e il Dnieper; un altro, quello dei Tarvingi, che si chiameranno poi Visigoti, avevano stanza più ad occidente e il loro territorio si estendeva fino ai Carpazi. Guidati da Khiva, i Goti avevano invaso la Mesia Inferiore. Le orde gotiche però trovarono insuperabile l'eroica difesa delle legioni romane guidate dal fiero governatore Treboniano Gallo, arroccate nelle fortezze di Nova e di Marcianopoli. Il sopraggiungere di Erennio Etrusco, figlio dell'imperatore Traiano Decio, con le legioni illiriche, spinse i Goti a gettarsi per la via di Nicolpoli e ai passi della catena dell'Emo, sulla Tracia. Arrivarono a Filippoli, che venne assediata e saccheggiata. Traiano Decio congiunse le sue forze a quelle intatte di Treboniano Gallo a Oescus. I romani riportarono successi per alcuni mesi ma la battaglia decisiva si ebbe quando Khiva giunse ad Abrittus (attuale Rargrad, Bulgaria), nella Scizia minore, nel luglio del 251, dove sconfisse Decio che perse la vita assieme al figlio Erennio Etrusco. Era la prima volta che un imperatore di Roma cadeva in battaglia contro un nemico straniero. Nell'esercito si sparse la voce che colpevole della morte di Decio fosse Treboniano Gallo, il quale si sarebbe preventivamente accordato con i Goti e avrebbe attirato l'imperatore verso una palude indicandogli una falsa via. “Quale sia la verità noi non sappiamo; comunque, in quel frangente, fra i comandanti romani Gallo era quello più meritevole e più vicino all'imperatore. Nessuna meraviglia quindi se l'esercito lo nominò subito imperatore” (S. I: Kovaliov). Treboniano fu costretto a trattare la pace con Khiva da una posizione di grave debolezza. Ai Goti fu concesso di tornare in patria non solo con tutto il bottino acquisito nella campagna d'invasione ma perfino con i prigionieri catturati a Filippoli. Inoltre furono concessi sussidi annuali con la speranza di trattenerli da ulteriori invasioni. Quella promessa di un pagamento annuale fatta ad un nemico vittorioso, appariva però, senza possibilità di equivoci, un tributo disonorevole: la mentalità dei romani non era ancora abituata ad accettare imposizioni da una tribù di barbari e il principe, che con una concessione inevitabile aveva salvato probabilmente il suo paese, divenne oggetto di grande disprezzo e antipatia (E. Gibbon). Concluso il trattato di pace con i Goti, Treboniano tornò a Roma per legittimarsi presso il Senato. Ebbe cura di trattare con il rispetto dovuto la memoria di Traiano Decio, il cui destino fatale evocò in settori dell'aristocrazia gesta eroiche di due guerrieri dallo stesso nome che, in tempi leggendari, avevano immolato la propria vita per la salvezza della Repubblica Romana (M. Grant). Treboniano si affrettò a fondare anch'egli la sua dinastia all'insegna della continuità, associandosi il figlio minore di Decio e facendo sposare una figlia dello stesso Decio a suo figlio Volusiano (G. Clemente). Ostiniano, il figlio minore di Decio, venne elevato al rango di Augusto e di imperatore associato di Treboniano Gallo. Inoltre la vedova dell'imperatore caduto in battaglia, Etruscilla, fu trattata con riguardo, infatti Gallo non onorò la propria consorte, Bebiana, del titolo di Augusta. Tuttavia concesse il rango di Cesare ed il titolo di principe della Gioventù al proprio figlio Volusiano e Augusto quando, poco dopo, Ostiniano morì di peste. I due anni di governo di Treboniano Gallo e di suo figlio Caio Vibio Afinio Volusiano, furono segnati da una catena di calamità (A. Ziopkowski). Per circa quindici anni l'impero romano fu travolto e devastato da una terribile pestilenza che iniziò allora, causando miliardi di morti, perdite economiche incalcolabili, debilitando pesantemente le legioni. Alla peste si aggiunsero attacchi concentrici alle frontiere orientali ed occidentali dell'impero. Sul fronte gallici e su quello germanico premevano le popolazioni degli Alamanni e dei Franchi. I Persiani invasero e conquistarono l'Armenia (Geraci, Marcone), dilagarono in Mesopotamia e in Siria, quindi espugnarono Antiochia. I Goti e altre popolazioni attaccavano a nord la frontiera del basso Danubio, irruppero nelle province europee, arrivando in Asia Minore fino a Efeso e Pessino, portando devastazioni e razziando ricchi bottini. In politica interna Treboniano Gallo fu fautore della ripresa delle persecuzioni contro i cristiani, incolpati della pestilenza, giungendo ad imprigionare il papa Cornelio e a farlo morire in carcere. Nel frattempo Treboniano Gallo tentò una controffensiva nei confronti dei Goti a nord del Danubio, inviando il governatore della Mesia Inferiore, Marco Emilio Emiliano, che ebbe un indubbio successo non solo cacciando i Goti oltre confine ma addentrandosi in territorio nemico riportando importanti vittorie. Le legioni lo proclamarono Imperatore nel luglio o agosto 253 e immediatamente si portò a Roma per detronizzare il legittimo imperatore Treboniano Gallo. Treboniano e Volusiano, colti di sorpresa, lo fecero dichiarare dal senato nemico della patria e richiamarono il generale Publio Licinio Valeriano che aveva il comando dell'alto Reno. In attesa del suo arrivo, tuttavia, i due imperatori riuscirono a mettere insieme un esercito molto più piccolo di quello invasore e quelle truppe improbabili, spaventate, tradirono, li uccisero dopo una battaglia combattuta ad Interamna (Terni) giurando poi fedeltà ad Emiliano. Era l'agosto del 253 d. C., Treboniano aveva 47 anni. Nel frattempo Valeriano, richiamato da Treboniano Gallo, quando apprese dell'uccisione dell'imperatore non cessò la sua avanzata in Italia, e a Spoletum (Spoleto), si ripetè la storia precedente, Emiliano liquidato dai suoi stessi pretoriani. Il destino dell'imperatore nato a Perugia su consuma a Terni ed è vendicato, con la stessa moneta, a Spoleto. Un esame più attento degli avvenimenti militari, delle loro concomitanze e del loro concatenarsi, ha recentemente portato ad una riabilitazione delle capacità militari di imperatori assai screditati come Treboniano Gallo e Galieno. Se il primo parve trascurare la difesa danubiana, ciò non avvenne affatto per correre a Roma a consolidare la propria situazione personale, ma poiché la ripresa della guerra partica si annunciava a partire dagli anni 251 – 252 d. C. e non nel 256 (J. M. Carrié). Treboniano Gallo può essere prosciolto dall'accusa di tradimento a Decio (M. Grant), ma una serie di circostanze avverse gli impedirono di fatto di svolgere un'azione di governo in grado essere ricordata in modo significativo. Uomo di indubbie qualità amministrative e militari, il suo programma fu impresso nella dicitura delle monete che fece battere: Pax aeterna, un programma mai realizzato.

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