Gorbachev.

di Paolo Brutti.

Michail Gorbachev si è spento e nessuno è rimasto insensibile a questa notizia. Segno che ciò che fece resta nella storia.
Un albero, però, si riconosce dai frutti, dice il Vangelo. Non sarà una verità assoluta ma certo è un buon criterio. I frutti dell’azione di Gorbachev per il popolo russo non furono buoni. L’URSS si dissolse e molti nuovi paesi, compresa la Russia, entrarono nel flusso della storia guidato dai principi dell’Occidente, con un sovrappiù di mercantilismo e rapina che ancora lascia sgomenti.
Fu vera gloria?
Di certo non era l’intenzione di Gorbachev che questo accadesse. Ma che cosa voleva invece? Questo non fu mai chiaro e l’impressione è che si mise alla guida di un mezzo senza sapere dove e come condurlo. Una cosa mi ha sempre colpito, la sua apparente ingenuità e la sua mancanza di comprensione del rapporto che era corso per tutto il secolo tra le idee del comunismo e il destino dell’URSS. Era come se per lui il problema del comunismo fosse un fatto interno della Russia e non un fatto ideale e culturale come fu la Russia dei soviet di Lenin. Ebbe la ispirazione del riformatore ma non la tempra che mostrarono invece i dirigenti cinesi del dopo Mao. I suoi errori, il vuoto della sua prospettiva politica, la mancanza di una robusta strategia riformatrice contribuirono a far passare l’idea che in Russia non finisse il comunismo burocratico e iper statalista sovietico ma puramente e semplicemente il comunismo e con esso la possibilità di una qualsiasi transizione oltre il capitalismo. Non è un caso se si parlò subito di fine della storia.
Gorbachev non ci lascia una eredità di pensiero politico ma solo un sentimento di solidarietà umana come si ha per chi getta un sasso e provoca una valanga senza volerlo, ingannato e poi deriso da quelli che lo sollecitavano e gli promettevano aiuto.