La violenza è spaventosa, la violenza paralizza. È bene interrogarsi sul contesto in cui è avvenuto l'omicidio di Alika Ogorchukwu, ma secondo me occorre valutarlo con equilibrio e al netto della comprensibile componente emotiva: la ricostruzione è ancora incerta, eppure la mobilitazione dei cittadini, almeno in parte, pare esserci stata. Sarebbe stato meraviglioso se qualcuno fosse intervenuto per fermare l'omicida, e ci fosse riuscito. Sarebbe stato ancora più drammatico, per esempio, se in quel caso ci fosse scappato un altro morto. Non siamo tutti chiamati ad essere degli eroi. La violenza paralizza. Chi ha filmato ha comunque reso un servizio alla giustizia e alla società. Chi ha chiamato la polizia ha fatto senza dubbio la cosa giusta. Chi ha indugiato, indeciso se farsi avanti oppure no, merita rispetto. Chi ha voltato la testa dall'altra parte è solo uno dei tanti codardi che incontriamo ogni giorno per strada, a volte anche piazzandoci davanti a uno specchio. Ma Alika Ogorchukwu è stato ucciso da Filippo Ferlazzo, non dall'indifferenza della gente.

Concentrarsi su questo, poi, portandoci sul terreno comprensibile ma sterile e in fondo autoindulgente del 'dove siamo finiti?', ci scagiona tutti, e scagiona soprattutto coloro che con le loro parole e le loro azioni negli ultimi anni hanno contribuito a costruire il contesto in cui quest'omicidio è maturato. È facile, per chi non fa altro che soffiare sul fuoco del razzismo, dire che a essere sconcertante è stata soprattutto l'indifferenza della gente. No. La matrice razzista dell'omicidio, quella è sconcertante. Pensare, anzi sentire di poter ammazzare impunemente un essere umano solo perché è nero. Proprio come era successo a Fermo sei anni fa esatti, con Emmanuel Chidi e Amedeo Mancini. Questo è sconcertante e inaccettabile. Esiste un problema di razzismo, considerando anche l'attentato fascista di Luca Traini a Macerata del 2018, nelle Marche meridionali? Non lo so. In qualche misura temo di sì: ne hanno scritto, ci stanno ragionando, se ne occuperanno in tanti. Ma di sicuro ammazzare così un uomo di colore per strada ha una enorme valenza politica, anche al di là della consapevolezza dell'omicida, e dell'episodio di ieri esiste una responsabilità politica e culturale ben precisa, imputabile precisamente ai partiti che con ogni probabilità governeranno l'Italia a partire dal prossimo mese di ottobre, e che da anni governano già le Marche.

A tal riguardo lasciatemi segnalare un dato. Il garante dei diritti della Regione Marche, Giancarlo Giulianelli, ha commentato così l'omicidio di Civitanova: "Sconcerto per la morte del signore nigeriano e per la brutalità di chi ha commesso l'omicidio. Alla famiglia della vittima tutta la nostra profonda vicinanza. Ma nello stesso tempo non possiamo non cogliere l'indifferenza dimostrata da chi è stato testimone di quanto stava accadendo, che invece di intervenire per portare aiuto ha preferito scattare foto e girare filmati". Poi si sofferma a lungo proprio su foto e filmati: "Materiale che oggi ritroviamo - dice - sulla stampa e sui social, senza che alcuno abbia prestato attenzione a cosa possa voler dire per la famiglia, per il figlio, vedere quelle immagini. Se qualsiasi altra persona si fosse trovata nella stessa situazione cosa avrebbe pensato? Ritengo che si debba ormai fornire ancora più sostanza alla nostra riflessione sull'informazione e sull'uso dei social ed è per questo motivo che diviene indispensabile un confronto allargato con altre autorità di garanzia che si occupano di queste problematiche, come il Corecom, con l'Ordine professionale dei giornalisti, con i rappresentanti delle nostre istituzioni regionali. È un appello che spero possa trovare riscontro in tempi celeri".

Tre righe sulla vittima, venti su foto e filmati e indifferenza della gente. Giancarlo Giulianelli, avvocato, ha difeso Luca Traini nel processo per l'attentato di Macerata.

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