PERUGIA – L’Umbria si conferma all’undicesimo posto nella graduatoria delle regioni italiane per il livello di competitività e capacità innovativa. È uno dei dati che emergono dal “Ruics” 2008 (Regione Umbria Innovation & Competitiveness Scoreboard), il rapporto, giunto alla quarta edizione ed elaborato dall’Area Programmazione della Regione Umbria, che si propone di valutare il potenziale di crescita competitiva dell’Umbria e il suo posizionamento nei confronti dell’Italia e delle altre regioni.
Il “Ruics” 2008 è stato presentato stamani a Perugia, a Palazzo Donini, ai rappresentanti delle forze economiche e sociali nel corso di un incontro presieduto da Lucio Caporizzi, coordinatore dell’Area Programmazione regionale, durante il quale sono stati illustrati anche i risultati di una prima analisi su come l’Umbria sta attraversando l’attuale crisi globale. Presente, tra gli altri, l’assessore regionale allo Sviluppo economico Mario Giovannetti.
“Al ‘Ruics’ – ha sottolineato Caporizzi, introducendo i lavori – che, attraverso l’analisi di 32 indicatori aggiornati agli ultimi dati disponibili, fornisce un quadro d’insieme della capacità, dinamicità e qualità del sistema innovativo regionale, è stato affiancato uno studio per valutare la ‘tenuta’ dell’Umbria nella crisi e i possibili scenari per il 2009 e il biennio successivo. È di pochi giorni fa – ha ricordato - l’indagine del ‘Sole 24 ore’ e del Centro studi Sintesi sulla intensità della crisi nelle regioni italiane, secondo il quale l’Umbria sarebbe una delle regioni con un impatto ‘medio’ della crisi, insieme a Lazio, Sicilia, Trentino e Friuli. Si tratta, tuttavia, di un indice calcolato su basi diverse rispetto a quelle dell’analisi della Regione Umbria sia per gli indicatori scelti che per la metodologia di standardizzazione, e che prende in esame indicatori congiunturali in qualche caso meno aggiornati”.
“A essere colpite dalla crisi – ha detto Caporizzi – sono state in particolare le aree più dinamiche, dove sono in corso processi di innovazione. L’Umbria tiene meglio di altre regioni, anche se la situazione è fluida e l’impatto della crisi è disomogeneo nei vari territori. E anche in Umbria c’è il rischio di cronicizzazione della crisi, in cui l’Italia era già dall’anno scorso, quando non si parlava ancora di crisi globale. Per contrastare gli effetti della crisi – ha concluso – sono fondamentali le politiche strutturali di sostegno all’innovazione e alla crescita competitiva”.
Il “quadro di valutazione regionale della competitività e dell’innovazione in Umbria” è stato illustrato da Mirella Castrichini e Simona Azzarelli, del Servizio Controllo strategico e valutazione politiche della Regione Umbria.
Oggetto del confronto sono indicatori di “input” (quali numero di laureati in discipline tecnico scientifiche, le risorse umane dedicate ad attività di ricerca, quota di spesa per ricerca e sviluppo sul “Pil”), che esprimono lo sforzo per migliorare o mantenere la capacità innovativa e indicatori di “output” (come l’occupazione nei settori ad alta e medio-alta tecnologia, numero di brevetti concessi, export su “Pil”), che ne rappresentano gli effetti. Lo studio, complessivamente, prende in esame 32 indicatori chiave suddivisi in varie aree tematiche da cui si ricavano tre indici sintetici: il “Ruis” (21 indicatori) che misura la capacità innovativa, il “Rumes” (11 indicatori) che valuta il potenziale competitivo dei sistemi economici regionali e il “Ruics”, sintesi dei punti di forza e delle criticità di tutti gli indicatori utilizzati.
Rispetto alla precedente edizione del “Ruics”, hanno rilevato Castrichini e Azzarelli, non si registrano importanti variazioni rispetto al posizionamento nella gran parte delle regioni italiane. Continua, quindi, ad esserci un blocco di regioni leader (Lazio, Lombardia, Friuli, Piemonte, Emilia Romagna, Trentino e Veneto), i cui i valori tendono ad aumentare in modo lievemente superiore alla media. Al loro inseguimento si trova un secondo gruppo di regioni, di cui fa parte l’Umbria (insieme a Marche, Liguria, Abruzzo e Toscana), con “performance” nella media, in cui da un anno all’altro possono verificarsi oscillazioni anche lievi che si riflettono sensibilmente sulla graduatoria finale.
Nonostante l’Umbria abbia migliorato nel tempo le sue performance in molti indicatori, altre regioni hanno registrato miglioramenti più significativi. L’Umbria cammina, ma la media dell’Italia cammina a un passo lievemente più veloce.
Dal confronto tra le regioni italiane, tra l’altro, emerge la diversa distribuzione della spesa in ricerca e sviluppo tra spesa pubblica e privata: l’Umbria, con una crescita pari al 14,8% rispetto al “Ruics 2006” a fronte del 4% della media nazionale, entra nel gruppo delle Regioni leader con Lazio, Campania e Toscana nella spesa pubblica, mentre si colloca più in basso nella spesa in ricerca e sviluppo da parte delle imprese.
L’Umbria, è stato sottolineato, registra un ulteriore progresso e si conferma ai primi posti nella capacità di formare risorse umane in grado di sviluppare e applicare l’innovazione assieme a Lazio, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, con una elevata percentuale di popolazione con istruzione post secondaria e con un buon livello di occupati nei settori ad alta e medio-alta tecnologia.
Nelle aree “Creazione di conoscenza”, “Trasmissione ed applicazione della conoscenza”, “Innovazioni finanziarie, di prodotto, di struttura di mercato”, si alternano elementi positivi (elevata spesa pubblica in ricerca e sviluppo, addetti alla ricerca e sviluppo, percentuale di piccole e medie imprese innovative, miglioramento nell’utilizzo di internet da parte delle famiglie, miglioramento nel tasso di natalità netta delle imprese) ad altri negativi (spesa privata in ricerca e sviluppo, basso numero di brevetti e livello di spesa delle imprese per l’innovazione, peggioramento negli investimenti in “high tech”).
Nelle aree volte a misurare il posizionamento competitivo dell’ambiente macroeconomico regionale (“Apertura all’esterno” e “Crescita economica”) l’Umbria vede invece ridurre le sue “performance” complessive rispetto ad altre regioni, soprattutto a causa di un peggioramento nella quota di esportazioni di prodotti “high tech” e nell’andamento negativo nella crescita media degli investimenti.
“Disporre di uno strumento come il ‘Ruics’, soprattutto in tempi come questi di grave crisi congiunturale – sono le conclusioni del rapporto dell’Area Programmazione regionale - aiuta a non perdere di vista i nodi strutturali e le criticità presenti nei territori, perché solo affrontando e risolvendo queste ultime si può pensare di tornare a crescere quando la congiuntura tornerà a migliorare. Le politiche volte a migliorare la capacità innovativa e competitiva di un territorio rappresentano l’unica possibilità di aggancio alla crescita. Investire oggi in ricerca ed innovazione è la condizione per attrezzarsi ad uscire dalla dipendenza quando si manifesterà la ripresa”.
Il “termometro” della crisi in Umbria, attraverso i primi elementi di valutazione su come la crisi economica globale in atto stia colpendo l’Umbria e le diverse regioni italiane, è stato illustrato da Carlo Cipiciani, del Servizio Programmazione strategica generale della Regione Umbria Sono stati utilizzati, ha spiegato innanzitutto, gli indicatori congiunturali disponibili per il 2009 a livello regionale (quali la tendenza degli ordini e della produzione, la variazione nell’export e nell’occupazione, l’utilizzo della Cassa integrazione, la distribuzione delle “social card”). L’Umbria, secondo l’analisi regionale, si posiziona in modo “abbastanza positivo” in diversi indicatori, quali la tenuta dei consumi delle famiglie, misurata con l’andamento del fatturato nella grande distribuzione e la tenuta delle immatricolazioni di autovetture. Positiva è anche la minore riduzione, rispetto alle altre regioni, del tasso di crescita delle imprese. Segnali meno positivi si hanno sul versante dell’occupazione (in particolare nel settore dei servizi) e sull’export (significativamente influenzato dal calo dei metalli).
L’analisi dei diversi indicatori, che va comunque letta con prudenza trattandosi spesso di stime e valutazioni degli operatori, ha detto Cipiciani, pur mostrando una sostanziale omogeneità territoriale che vede il Centro Nord più colpito rispetto al Sud, evidenzia alcune particolarità: ad esempio l’arretramento nel tasso di crescita delle imprese di diverse regioni meridionali accanto al Veneto e all’Emilia Romagna. Per l’Umbria, in particolare, emerge una situazione complessivamente non troppo negativa, frutto del suo essere “regione di mezzo”, al cui interno si trovano aree più dinamiche e però più pesantemente colpite dalla congiuntura, ed altre in cui l’effetto degli “stabilizzatori automatici” (quali la presenza della pubblica amministrazione e dei servizi privati non di mercato legati anche alla rilevante quota di popolazione anziana) tende ad attenuare gli effetti negativi.
Accanto a una posizione più bassa nelle aspettative della produzione e degli ordini e a una riduzione del numero di imprese artigiane superiore alla media nazionale, ad esempio, emerge il buon posizionamento nella immatricolazione di autovetture, nell’andamento del turismo, nell’incidenza della cassa integrazione.
Nello scenario di previsione elaborato dalla Regione Umbria, in collaborazione con “Prometeia”, per l’Umbria può stimarsi un 2009 in linea o forse lievemente peggiore del dato nazionale, ma con un 2010–2011 con livelli di crescita lievemente superiori alla media nazionale.
Per evitare una “cronicizzazione” della crisi, con il permanere di tassi di crescita modesti per un lungo periodo – è la conclusione del documento della Regione Umbria - è indispensabile che accanto agli interventi “stabilizzatori” commisurati alle diverse responsabilità dei vari livelli di governo, si proseguano e intensifichino “le azioni volte a contribuire al superamento dei nodi strutturali dell’economia nazionale e di quella umbra, all’interno di una condivisione del modello di sviluppo e ad un’azione combinata dei diversi attori socioeconomici e istituzionali dell’Umbria”.
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