Il prossimo 12 giugno i cittadini umbri saranno chiamati ad esprimersi sui  referendum in materia di giustizia. 

Nonostante la scure della Corte Costituzionale si sia abbattuta sul quesito più  importante di tutti, quello sulla responsabilità civile dei magistrati, i quesiti rimasti toccano  temi di grandissimo rilievo, come la c.d. carcerazione preventiva e la separazione delle  carriere, che incidono profondamente sui diritti costituzionali dei cittadini e sull’equilibrio  tra i poteri dello Stato, perno della nostra Costituzione, oltre che delle democrazie  occidentali.  

Principio travolto dallo scontro politica-magistratura, tra i poteri legislativo,  esecutivo e giudiziario che, da trent’anni, investe l’Italia. Questo lacerante conflitto tra poteri, che a tratti ha paralizzato e paralizza tuttora  l’esercizio di alcune funzioni Istituzionali (quelle centrali e, persino, quelle locali), troppo  spesso è stato alimentato da un fronte giustizialista che ha visto in prima linea le forze  tradizionali della sinistra italiana e quelle che, assai confusamente, oggi pensano di  collocarsi in questa area (penso al movimento cinque stelle). 

Qualche settimana fa il direttore del quotidiano “il riformista”, Piero Sansonetti ha  pubblicato un editoriale contenente una lucidissima analisi del rapporto tra il più grande  partito della sinistra (il pci prima, il pds-ds poi, il pd ora) e la magistratura, ripercorrendone  l’evoluzione sin dagli anni settanta del secolo scorso. 

Cioè dal momento in cui compie una vera e propria “svolta a destra”, così la  definisce: il sostegno alle leggi speciali, alle politiche repressive, introduttive di limitazioni  sempre più ampie alle libertà costituzionali (ampliamento ipotesi di custodia cautelare e dei  controlli), agli stati di emergenza; nel nome della lotta al terrorismo rima, di quella alla  mafia poi, alla corruzione infine. Svolta sostenuta dalla stragrande maggioranza degli  intellettuali del tempo (cita il giustizialismo di Pasolini con “io so ma non ho le prove…”),  con la illuminata eccezione di Sciascia. 

Di qui al feroce giustizialismo, che dagli anni novanta vede come principale obiettivo  l’annientamento dell’avversario politico, il passo è stato breve. Questo asse con le procure ha annientato, sui temi della giustizia, l’autonomia  politica di gran parte della sinistra. E’ evidente a tutti che questo stato di cose ha impedito, da allora e sino ad oggi, alla  sinistra – non tutta per la verità in quanto noi, il partito radicale, i verdi ed altre voci isolate, abbiamo rappresentato una felice isola garantista – di elaborare (e realizzare) una riforma  organica della giustizia italiana.  

Solo provvedimenti spot che hanno finito per aggravare il difficile stato nel quale  versa l’ordinamento giudiziario del nostro Paese. Ecco allora che il referendum offre una grande opportunità o meglio due. La prima ai cittadini, quella di dare un segnale forte per una giustizia più “giusta,  senza privilegi, responsabile, eguale per tutti” (così recitava lo slogan del referendum  promosso da socialisti, radicali e liberali nel 1987). La seconda alla sinistra italiana, quella di affrancarsi definitivamente dal  giustizialismo e tornare autonoma. 

In questo senso ritengo opportuno raccogliere questo appello e rilanciarlo,  rivolgendomi a tutte le altre forze politiche della sinistra umbre, al Partito Democratico, ad  Articolo Uno, Sinistra Italia, Rifondazione, Verdi, Italia Viva, Azione, + Europa, Partito  Radicale. 

Sosteniamo i referendum sulla giustizia. Schieriamoci apertamente per il si, costituiamo comitati referendari. La vittoria del si consentirebbe, finalmente, alla sinistra di intraprendere una strada  fortemente garantista. E’ l’occasione per chiudere con la “svolta a destra” di cui parlavo sopra, per riaffondare saldamente le nostre radici nella cultura delle garanzie di tutti i diritti  fondamentali (sia i diritti di libertà che i diritti sociali). Non c’è lotta al crimine o perseguimento della morale che possa giustificare la  sospensione e la violazione del diritto, che è prima di tutto garanzia del singolo innanzi alla  forza dello Stato. 

Solo attraverso la lotta per i diritti, che vuol dire il loro costante esercizio e la loro  tenace difesa contro ogni possibile ostacolo, minaccia e violazione, può esserne garantito  l’effettivo possesso e la conseguente valorizzazione della persona. Ripartiamo insieme da questi valori, non lasciamoli alla destra. 

Federico Novelli Segretario Regionale PSI

 

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