Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Dunque l'Europa ha dato il via libera ai grilli serviti al desco. L'Efsa - l'organismo europeo che si occupa della sicurezza alimentare degli esseri umani  - ha infatti certificato che il consumo di questo insetto é sicuro per la salute dei cittadini. 
A favore del nostro palato non sono state spese parole. 
Dopo le tarme della farina (Tenebrio Molitor, secondo la denominazione scientifica) e le locuste (Locusta Migratoria, questa la classificazione di Linneo), anche il grillo domestico (Acheta Domesticus, per i dotti) si guadagna un posto a ... tavola. 
Gli esperti sostengono che si tratti di un alimento molto proteico. E che per affrontare i problemi della fame nel mondo e dell'inquinamento ambientale altra strada da seguire non c'é se non gettarsi sugli ortotteri, quali sono appunto, locuste e grilli.
Io lascerò queste specialità alle generazioni future. Senza invidia alcuna.
Nelle campagne umbre girava (non so se circoli ancora) un proverbio: "Disse la volpe ai suoi cari figli, quando a pollastrelle e quando a grilli". A sottolineare le difficoltà della vita in cui, talora, si possono gustare piatti succosi (le pollastrelle) ed altri in cui si é costretti a fare buon viso a cattiva sorte e, per sopravvivere, si debba ricorrere agli insetti. I grilli, appunto. Ma é un insegnamento, dato attraverso una figura retorica, una similitudine, se volete, una metafora, che non va interpretato alla lettera. Utile per affrontare le contrarietà, in genere. Non solo per alimentarsi e superare i tempi di carestia o delle vacche magre.
Nei supermercati si troveranno - per chi li vorrà - grilli (e locuste, resta inteso) interi, congelati, essiccati e persino in polvere. Per ora - lo dice una indagine di Coldiretti - soltanto il 16% della popolazione italiana si dice favorevole al consumo di insetti; mentre il 24% si dichiara indifferente e il 51% decisamente contrario. Confesso di essere schierato, nettamente e senza infingimenti, con quest'ultima fazione. 
Non é dirimente il fatto che molte popolazioni ritengano grilli, locuste e tarme una squisitezza per il palato. Rispetto i gusti di tutti, ma mi fido, ciecamente, dei miei.
Sarà per abitudini inveterate e per pregiudizi culturali, ma se dovessero presentarmi un vassoio con una portata del genere scapperei di corsa, a perdifiato come una lepre, inseguita da una muta di cani.
Non ho dubbi che neanche in tempo di guerra, periodo nel quale i miei genitori e i miei nonni, hanno sofferto la fame più acuta - così mi raccontavano nelle sere d'inverno intorno al focolare -, qualcuno di loro sia mai arrivato a dover ricorrere agli insetti per sfamarsi. Erbe e radici di ogni tipo finivano a bollire nelle pentole e persino i petali dei fiori, talvolta, venivano serviti per contorno; il pane si presentava con un colore scuro come il carbone (per via della farina di segale) e per il caffè veniva utilizzata la cicoria, seccata e tritata. Mai e poi mai hanno pensato ad un paté di grilli, ad una composta di locuste. Anche se non posso escludere, a priori, che qualche tarma della farina sia finita, all’epoca, nell'impasto dei filoni del pane. 
Sono sorpassato, lo so. Fatico a tenere il passo dei tempi. Non posso più permettermi i lauti e ben conditi pasti della giovinezza. E, tanto meno, le scorpacciate della spensierata goliardia. Quando, citando il Margutte del Pulci, si recitava per scherzo:
“E credo nella torta e nel tortello
L’uno é la madre e l ‘altro é il suo figliolo
E ‘l vero paternostro é il fegatello,
e posson essere tre, due ed uno solo
e deriva dal fegato, almen quello.”
Ora mi accontento di poco. Non imiterò Marziale, che voleva essere invitato a mense ricche di ogni ben di dio e servito con vini ricercati. Altrimenti fustigava il padrone di casa con irridenti epigrammi.
E neppure seguirò Epicuro, che accettava di partecipare ai convivi solo se i commensali fossero stati intelligenti e di buona conversazione. 
Sono disposto a mangiare solo come un cane. Magari con un tozzo di pane fragrante, una semplice fetta di prosciutto o di mortadella ed un bicchiere di un rosso di buona beva. Locuste e grilli, perdonatemi, li lascio a chi vuole. Consumateli voi, cervelloni e burocrati d’Europa.
Su questi aspetti mi accodo a Cecco (Angiolieri) che nelle Rime scriveva: "Torrei le donne giovane e leggiadre/le vecchie e laide lasserei altrui."
E, anche questa, intendetela come metafora. “Honi soit qui mal y pense”, recita il motto dell’Ordine della Giarrettiera.

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