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Si, perché di questa crisi in Umbria non abbiamo toccato ancora il fondo e non solo perché, come è noto, una parte non secondaria del nostro sistema economico è un indotto di sistemi economici esterni alla Regione e gli effetti della crisi, come è naturale, si manifestano con dinamiche ritardate ma anche perché in Umbria è più consistente e diffusa nel mercato del lavoro l’area dei contratti a termine (oltre il 15 per cento del totale del lavoro dipendente) e il ricorso al lavoro atipico. Questi, come è noto, sono l’anello più debole del mercato del lavoro e in molti casi sono i primi a pagare il prezzo della crisi con l’interruzione del contratto in corso o con il non rinnovo alla scadenza e tutto ciò avviene, non di rado, senza neanche un ammortizzatore sociale. La Cisl stima che degli oltre 35 mila contratti a termine attivi in regione già una parte consistente sono stati interrotti e non rinnovati e questo è un fenomeno che tende ancora a accentuarsi. A ciò si aggiunge il massiccio ricorso alla Cassa Integrazione speciale e ordinaria aumentata di oltre il 4 cento per cento e di quella in deroga (oltre 4 cento imprese per oltre 3 mila dipendenti), rispetto alla quale spesso, non si vede una prospettiva di tenuta e ripresa occupazionale. Abbiamo quindi davanti a noi uno scenario economico, sociale e occupazionale che non si può certamente affrontare con strumenti e politiche di intervento di ordinaria amministrazione a livello nazionale come a livello locale. Si tratta allora di mettere in campo strumenti e politiche innovative, straordinarie e azioni concrete che sappiano coniugare insieme interventi di medio-lungo periodo con l’emergenza immediata come: Aiuti selettivi e premiali a sostegno delle imprese più virtuose; Premiare di più le imprese che, nella crisi, evitano di ricorrere alla Cassa Integrazione o peggio ai licenziamenti, Sostenere più diffusamente lo strumento dei contratti di solidarietà per difendere il lavoro, le persone e quindi il legame fra lavoratori e imprese, Promuovere azioni mirate di nuove politiche attive del lavoro che, oltre alle priorità della disoccupazione femminile e scolarizzata, assumano l’emergenza della nuova disoccupazione derivante dalla crisi, Mettere a regime, almeno per i prossimi due anni, ora che anche l’Unione europea ha dato il suo ok, il sistema degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori e imprese che ne sono esclusi attraverso l’utilizzo delle risorse straordinarie derivanti dalla riconversione dei fondi europei (Fas e Fse), Aumentare da subito, di almeno altre 3 mesi, i periodi di Cassa integrazione in deroga concordati a suo tempo a livello regionale, Attivare quella parte dell’accordo regionale a favore di tutti i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e che non hanno i requisiti soggettivi per poter accedere alla mobilità o disoccupazione classica, assicurando loro quel minimo di sostegno al reddito di almeno 3 mensilità previsto dall’intesa. Condividi