La USL non chiama. Di Giovanni Dozzini
La Usl non chiama.
Il bambino è positivo, la scuola è stata allertata, la quarantena è disposta dal buon senso e dal senso civico, perché la Usl non chiama, non ha chiamato e chissà quando chiamerà. La quarantena dei compagni di scuola è un'ipotesi, perché se la Usl non chiama almeno un bambino su tre uscirà di casa come se niente fosse, e starà con la babysitter o con i nonni, e i genitori, senza un cenno dalla Usl, continueranno ad andare al lavoro. Il padrone non ha orecchie per il buon senso e per il senso civico, il padrone se ha un foglio della Usl stringe i denti e bestemmia, se non ce l'ha mentre ti dice di continuare a fare il tuo nemmeno ti guarda in faccia. Il tampone di conferma no, il tampone di fine quarantena tra dieci, dodici, quattordici giorni, se la Usl chiamasse sapresti quando e sapresti dove, e sapresti che differenza di tempi e di modi c'è tra un bambino positivo e un adulto vaccinato e un adulto che deve andare a lavorare. I tamponi privati a sessanta o cento euro non ci sono più fino a dopo Santo Stefano, i laboratori privati sono in sovraccarico, come lo sono le loro casseforti private. Quattro ore di fila per chi riesce a farsi prescrivere un tampone al drive through, sei ore di fila, al freddo con un bambino positivo o forse no, al freddo con un anziano negativo o forse no, sette ore di fila in macchina il giorno prima o il giorno dopo di Natale, al freddo. Una sola postazione per i tamponi pubblici in città, mille nuovi positivi al giorno in questo sputo di regione, la Usl non chiama, in attesa della sua chiamata decine e centinaia e forse migliaia di bambini e adulti che sarebbero dovuti rimanere in casa se ne vanno in giro a giocare e lavorare insieme a gente ignara o incauta o impotente. Il sistema è in tilt, ammette chi comanda e chi governa, perché siete troppi, troppi con la certezza o il dubbio di essersi presi il virus, la Usl non vi ha chiamato e non è detta che vi chiamerà, sappiamo che è triste e doloroso ma non ci sono dubbi sul fatto che le cose stiano esattamente così. Non arriviamo a scusarci per il disagio, dicono i governanti, perché scusarsi è un segno di debolezza che non ci possiamo permettere e perché il disagio in fondo, come la tristezza e il dolore, fa parte della vita. Non arriviamo a scusarci per il disastro, dicono, perché il disastro è un prezzo che paghiamo al rischio che ci siamo presi quando abbiamo deciso di scommettere sul ritorno alla vita di prima e di sguarnire la prima linea di difesa contro un virus a cui francamente nessuno di noi e di voi aveva più voglia di pensare.
La Usl non chiama, non ha chiamato e forse non chiamerà. Siamo tutti in ostaggio, siamo tutti parte del disastro, siamo tutti in attesa di un tampone e del momento in cui chi ci ha messo in questa situazione finalmente la pagherà.

Recent comments
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago
12 years 10 weeks ago