di Alfonso Gianni

La rottura fra governo e sindacati avvenuta l'altro ieri poteva - come ben sa chi ha un poco di esperienza di trattative sindacali, preludere ad un ricorso ad un'azione di lotta così come ad una drammatizzazione per un accordo. E' prevalsa, purtroppo, la seconda. Non credo affatto la migliore. Un accordo che accetta quota 102 per un anno e poi rimanda tutto ad una promessa di revisione della legge Fornero, serve semplicemente al governo per salvaguardare in questi mesi decisivi la propria linea di politica economica senza dare nulla in cambio. Come diceva Clemenceau le promesse impegnano solo chi le ascolta, non chi le fa. In più si peggiora, se ben capisco, il reddito di cittadinanza. Se invece si fosse scelta un'altra strada, avremmo potuto avere in campo uno schieramento sociale vasto e composto di molte figure dal pensionato al precario, al disoccupato. Prospettiva che ora va costruita "dal basso". Come si ricorderà la critica e il respingimento dell'accordo sulle pensioni fu uno degli elementi all'origine dell'autunno caldo di cinquant'anni fa: so bene che la situazione non è la stessa. Ma se a ogni scoglio si dà modo al governo di scavallarlo senza pagare pegno, un'opposizione sociale non nasce.

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