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di Isabella Rossi Un gruppo di persone, in maggioranza studenti, si è dato appuntamento giovedì sera davanti alla Fontana Maggiore. Con cartelli, striscioni e candeline si sono seduti per esprimere, in una silenziosa protesta, il loro dissenso per il risultato delle elezioni del 12 giugno e per l’operato di Ahmadinejad durante le proteste cittadine. Nella grande manifestazione di lunedì, secondo i sostenitori di Moussavi, non sarebbero sette i morti ma 22. Ieri notte la tv iraniana ha mostrato immagini della protesta. Ma solo nei canali internazionali, oscurandola in quelli interni. Ciononostante il fiume dei manifestanti continua ad allargarsi. Persone vestite di nero con fiori di bianchi, in una sorprendente calma, continuano percorrere Theran. Sembra che sospetti sui brogli elettorali serpeggino anche tra i sostenitori di Ahmandinejad. Faraz, (tutti usano nomi di fantasia) è preoccupato per la sua famiglia. Dario è convinto che “la spaccatura è all’interno delle forze di governo e lascerà un segno”. Anche lui è preoccupato per amici e parenti “so che stanno partecipando alle proteste”. Per Azadi “non c’è grande differenze tra Moussavi e Ahmadinejad. L’unica vera differenza è la protesta, e che tutta la gente ha creduto e voluto cambiare le cose dando un voto all’opposizione perchè si sta peggio dell’epoca in cui regnava lo Shah.” Un’altra ragazza sottolinea che questa volta il bello è che “il nemico è uscito dalla loro pancia. Non è una questione tra popolo e governo, anche se la gente non ne può più. Io ho l’impressione che in Iran la vita umana non abbia più valore”. Mahdi, che ora studia a Perugia, la protesta studentesca di cinque anni fa l’ha vissuta in prima persona. “Allora la gente non era informata e non l’ha sostenuta. Degli studenti sono stati buttati dal terzo piano dai basiji, i paramilitari fedeli all’Ayatollah. La differenza oggi è che la gente sa e vuole reagire. La percentuale di votanti, secondo fonti non ufficiali, è passata dal 40 all’80 per cento. Condividi