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Gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia reale sono stati particolarmente pesanti anche in Umbria e nel 2008 l'attività economica si è contratta in tutti i settori; la rapidità e l'intensità del calo dei principali indicatori non trovano riscontro nel recente passato. E' il quadro che emerge dal rapporto su ''L'economia dell'Umbria nell'anno 2008'' realizzato dalla Banca d'Italia e presentato oggi pomeriggio a Terni. Secondo il nucleo per la ricerca economica della filiale perugina dell'istituto, che ha fornito una sintesi dello studio, il deterioramento del quadro congiunturale si è accentuato nel primo trimestre del 2009. Alla presentazione hanno partecipato i direttori delle filiali di Perugia e Terni della Banca d'Italia, Paolo Pasca ed Emanuella Falcone. In base ai risultati delle indagini condotte tra marzo e aprile dalla Banca d'Italia con la collaborazione di alcune associazioni di categoria su un campione di 387 imprese industriali, tra ottobre 2008 e marzo 2009 il fatturato medio si è ridotto su base annua del 17,6 per cento, in misura più accentuata in provincia di Terni (-19,3), che risente delle difficoltà strutturali della chimica e della sensibilità dei metalli e prodotti in metallo alle fluttuazioni del ciclo economico generale. Il calo ha riguardato la maggioranza del campione, risultando più marcato per le imprese di grandi dimensioni (-19,4 per cento le aziende con 200 addetti e oltre rispetto al -14,9 di quelle con meno di 50 dipendenti) e per quelle esportatrici (-21,8 contro il -13,6 di quelle che producono per il solo mercato interno). Nel perugino si è interrotta l'espansione della meccanica, che - è emerso dallo studio - sconta soprattutto la crisi dell'industria automobilistica, e si è accentuata la debolezza per le produzioni di materiali per l'edilizia, mentre hanno tenuto le vendite nel tessile-abbigliamento, dove tuttavia è proseguito il ridimensionamento dell'offerta meno pregiata, e nell'alimentare, soprattutto per le produzioni di beni di più largo consumo. La produzione è scesa dall'autunno scorso al di sotto dei livelli giudicati normali. Nella prima metà del 2008 le aziende hanno cercato di mantenere inalterati i quantitativi prodotti, accumulando scorte; la successiva brusca flessione degli ordinativi ha invece determinato un minore utilizzo dei fattori di produzione. Il grado di utilizzo degli impianti ha raggiunto nel primo trimestre 2009 il valore più basso dall'avvio della serie storica nel 1991 (65,6 per cento; era del 77,6 nel 2007). Gli investimenti nell'industria sono diminuiti nel 2008 del 5,1 per cento rispetto all'anno precedente; la spesa si è ridotta per le imprese di minori dimensioni (-25,0 per cento per quelle con addetti tra 20 e 49; -28,1 per le più piccole), mentre quelle medio-grandi (aumento del 20,5 per cento) hanno cercato di portare avanti i programmi già definiti per l'anno. Il più contenuto utilizzo degli impianti e le incertezze sui tempi della ripresa hanno indotto tutte le categorie di imprese a formulare piani per il 2009 molto più contenuti rispetto all'anno precedente; quasi i tre quarti delle piccole aziende prevedono di non realizzare investimenti. La redditività - sempre secondo lo studio - si è contratta per il quarto anno consecutivo, soprattutto a causa dei minori volumi di vendita, oltre che dell'aumento degli oneri finanziari netti. La quota di imprese che ha segnalato una perdita è salita dal 9,2 all'11,4 per cento già nel 2008 e dovrebbe ulteriormente crescere, nelle attese degli operatori, nell'anno in corso. Per fronteggiare l'impatto del calo delle vendite sul conto economico le aziende hanno cercato nell'immediato di contenere i costi di produzione, considerando anche tagli del personale. Nel 2008 il settore delle costruzioni ha confermato i segnali di crisi già emersi nell'anno precedente. Alla stagnazione del comparto residenziale privato si è aggiunta l'ulteriore diminuzione delle opere pubbliche (-13,3 per cento, a fronte di un aumento del 7,0 previsto lo scorso anno); difficoltà si sono manifestate anche nell'edilizia commerciale e industriale. Il mercato immobiliare ha evidenziato nel 2008 una diminuzione delle contrattazioni del 15,2 per cento, accompagnata da un rallentamento delle quotazioni (dal 3,2 per cento del 2007 all'1,6), la cui dinamica è rimasta inferiore a quella nazionale. Il commercio ha risentito della flessione dei consumi, che nel 2008 ha interessato principalmente i beni durevoli. Le maggiori difficoltà hanno continuato a riguardare i piccoli operatori al dettaglio, mentre la grande distribuzione è ricorsa con più frequenza a iniziative promozionali. Gli effetti della crisi si sono manifestati più intensamente a partire dall'inizio dell'anno in corso, in relazione alla crescente prudenza manifestata dalle famiglie per i timori di riflessi sull'occupazione. Il fatturato rilevato nei sei mesi iniziati a ottobre è diminuito del 14,2 per cento su base annua; il calo e' risultato più marcato nel comparto all'ingrosso (-20,3 per cento). Le esportazioni sono diminuite nel 2008 del 6,3 per cento in termini nominali; la riduzione si e' accentuata nel primo trimestre 2009 (-36,7 per cento) e ha riguardato tutti i settori produttivi, in particolare quello dei metalli e prodotti in metallo, che ha risentito principalmente dell'abbassamento dei prezzi di vendita conseguente al calo dei corsi delle materie prime. Nella parte finale del 2008 - emerge ancora dallo studio della Banca d'Italia - si sono registrate le prime ricadute della crisi sul mercato del lavoro. La riduzione degli occupati dell'ultimo trimestre (-0,8 per cento su base annua) ha interrotto la crescita pressochè continua dalla seconda metà degli anni Novanta, che aveva portato il tasso di occupazione su livelli storicamente elevati. Lo sfavorevole andamento dell'economia, unitamente alla crisi strutturale di alcune imprese, si è riflesso in un forte incremento del ricorso alla Cassa integrazione: nei primi quattro mesi del 2009 le ore di Cig sono aumentate del 183,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, specie per quanto riguarda la componente ordinaria nell'industria, dove l'incidenza degli occupati equivalenti collocati in Cig (ordinaria e straordinaria) ha raggiunto il 3,8 per cento, il valore più elevato dal 1994. Riguardo all'attività degli intermediari finanziari, nel 2008 il tasso di crescita del credito bancario concesso in regione si è ridotto rispetto agli elevati livelli dei due anni precedenti (5,9 per cento dal 9,4 del 2007). Il rallentamento è stato più accentuato in provincia di Terni rispetto a quella di Perugia e ha riguardato sia le famiglie sia le imprese. Con riferimento a queste ultime, la decelerazione è stata più intensa per le banche di maggiori dimensioni, che hanno continuato a perdere quote di mercato, e ha interessato tutti i comparti, principalmente quello manifatturiero. Vi hanno contribuito l'indebolimento della domanda di finanziamenti per nuovi investimenti nonché, dal lato dell'offerta, un atteggiamento di maggiore cautela da parte degli intermediari, che hanno valutato con maggiore attenzione rispetto al passato le richieste provenienti dalle imprese, soprattutto da quelle con tensioni finanziarie più accentuate e di piccole dimensioni. Per favorire il soddisfacimento dell'accresciuto fabbisogno finanziario di queste ultime, legato anche ai crescenti ritardi nei pagamenti della clientela, ha assunto maggiore rilevanza il ruolo di garanzia svolto dai confidi; l'eccessiva frammentazione e le carenze organizzative ancora presenti ne limitano tuttavia l'efficacia. L'andamento dei finanziamenti alle famiglie ha continuato a riflettere la minore domanda di mutui per l'acquisto di abitazioni: l'ammontare erogato nel 2008 risulta inferiore di circa un quarto rispetto all'anno precedente. La raccolta bancaria ha beneficiato dell'accresciuta preferenza per la liquidità da parte della clientela e della scelta delle banche di non variarne la remunerazione. I depositi sono aumentati nel 2008 del 9,7 per cento (4,0 nel 2007), in particolare nella componente relativa ai conti correnti (11,1 per cento). E' proseguito, su ritmi più elevati rispetto al 2007, il disinvestimento della clientela dal risparmio gestito, in relazione all'andamento sfavorevole delle quotazioni nei mercati finanziari. Condividi