di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Nessuno dei biancorossi in scadenza di contratto si è visto rinnovare l’ingaggio: né Marco Moscati (28), livornese, centrocampista; né Salvatore Monaco (28), difensore centrale, napoletano.
Molti tifosi sono rimasti dispiaciuti dagli addii sia del primo (5 stagioni, 128 partite, 15 gol), sia del secondo (4 stagioni, 74 partite, 3 reti). 
Lo stile dell’addio riflette, dell’uno e dell’altro la diversità di carattere, di sensibilità, di personalità.
Marchino, come lo chiamano i perugini che lo amano sin dai tempi del gol segnato il 4 maggio 2014 al Frosinone (segnò il ritorno in B) ha salutato i fan biancorossi con un messaggio sui social (“Ho dato tutto quello che avevo”), carico di affetto, di rispetto e forse di composto rimpianto. 
Sasà, da guerriero, si è invece lamentato perché pur avendo dato tutto per la maglia, non è stato ripagato, a suo giudizio, con la stessa moneta. E rimarca di come il suo procuratore non abbia ricevuto neanche una telefonata, pur avendo tenuto il cellulare acceso “giorno e notte”. Carezza i supporter, Monaco, e stigmatizza invece la dirigenza che agli abbracci ed alle pacche sulle spalle di Salò - la partita della gloriosa promozione - non ha fatto seguire azioni conseguenti. Lo ha ignorato, insomma, mostrando - come avrebbero sibilato i pellerossa - “lingua biforcuta”. 
Dei due, il giocatore che lascia maggiori rimpianti resta Moscati che, sul piano del comportamento e dell’attaccamento sempre dimostrato alla squadra e all’ambiente, avrebbe meritato di restare ancora in biancorosso. Anche se il calcio
è cambiato e non si cura più dei giocatori-bandiera.

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