di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - La umile fanteria svizzera ha sbaragliato la tracotante cavalleria francese. Purtroppo per loro i nostri cugini d’oltralpe sono sempre stati pieni di sé. Troppo. E le lezioni subite (a cominciare dalla Disfida di Barletta del 1503) non sono state sufficienti a far loro abbassare la cresta. 
Anche in battaglia hanno sempre fatto sfoggio più dell’eleganza, che non dell’efficienza. A Bucarest sul 1-3 invece di affondare i denti sull’osso si concedevano i colpi di tacco e abbassavano la concentrazione. Tanto da farsi punire pesantemente. Non inganni l’errore dal dischetto di Mbappe. La frittata era stata già fatta. 
E poi, da un punto di vista tecnico, troppi “galli” (o ‘Galli’) a cantare nel pollaio di Didier Deschamps (sul quale già si staglia l’ombra di Zidane). Troppi numeri “10”, con tanta voglia, straripante, di farsi belli agli occhi del pubblico. E invece le squadre più affidabili sono quelle in cui due-tre campioni sono affiancati da compagni determinati, concentrati, dinamici. 
La Francia fuori dal mondiale un po’ mi dispiace (non si gioisce per le disgrazie degli altri: è un insegnamento che mi è stato impartito dai vecchi giocatori di biliardo), ma non nego che almeno un po’ mi renda felice. Mi auguro che, quanto meno, il tracollo serva ai francesi come un bagno definitivo di umiltà. Ma so già che certi comportamenti, certi vizi, sono duri a morire.
Il successo della Svizzera - e non è una analisi da sciovinista - mi piace in quanto porta con sé un piccolo contributo di Perugia. Perché l’allenatore in seconda di Vladimir Pektovic, Antonio Manicone (classe 1966) ha vestito la maglia del Grifo per due stagioni (13 in A, 12 in B) tra il 1996 ed il 1998, ai tempi della gestione di Luciano Gaucci. 
E gli ex biancorossi restano per sempre nella memoria di chi ama il Grifo, simbolo e totem della città di Perugia.

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