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Il risultato elettorale delle europee ci consegna un quadro politico difficile e per certi versi desolante. Nel vecchio continente si affermano nettamente le destre, dentro un contesto di scarsa affluenza al voto e di bassa partecipazione popolare alla determinazione dei rappresentanti nella massima assemblea continentale. Ottengono buoni risultati anche forze dichiaratamente razziste e xenofobe, si afferma nettamente il partito popolare europeo, crollano le socialdemocrazie, mentr ele forze della sinistra europea tengono, anche con alcuni elementi di crescita, ma decisamente non sfondano. Nel nostro Paese si registra una delle più alte affluenze al voto, e si produce una netta affermazione del Popolo della libertà (10 milioni e 800mila voti, il 35,3%) anche se non è riuscito il tentativo di Berlusconi di trasformare le elezioni europee in un referendum sulla sua persona. Non c’è stato il plebiscito auspicato dal premier, ma le destre complessivamente (con il forte risultato della Lega, oltre il 10% e 3 milioni e 100mila voti, che travalica anche i tradizionali confini del Nord) tengono rispetto al risultato delle politiche dello scorso anno. L’Udc rimane stabile. Chi perde decisamente voti è il Partito democratico: gli 8 milioni di voti, pari al 26,1%, sono proprio lontani dai 12 milioni di voti (33,2%) ottenuti nelle politiche di un anno fa, grazie alla campagna elettorale cannibalizzante di Veltroni e al richiamo del voto utile. Il Pd perde voti verso l’Italia dei valori, che raddoppia la percentuale dei voti delle politiche del 2008, passando dal 4,4 all’8%, e da 1 milione e 600mila voti ai 2 milini e mezzo del 6 e 7 giugno. Cresce anche il bacino della sinistra rispetto alla sconfitta pesante dell’aprile 2008: dall’1 milione e mezzo di voti di sinistra arcobaleno e partito socialista, passiamo ora ai 2 miloni di voti complessivi della lista anticapitalista (1 milone e 38 mila voti), di sinistra e libertà (958mila). Ma anche se aumentano i voti rispetto al disastro del 2008, pur in presenza di un aumentato astensionismo, la sinistra non elegge perché divisa in tre (se consideriamo anche il Pcl). La lista comunista e anticapitalista ottiene quasi gli stessi voti della sinistra arcobaleno, ma l’obiettivo del raggiungimento del quorum del 4% è fallito. Con il 3,4% ci collochiamo abbondantemente al di sotto della soglia di eleggibilità. Da questo dato e da questa sconfitta dobbiamo ripartire. Innanzitutto con la costruzione di una forte opposizione sociale, politica e culturale non solo a Berlusconi, ma alla politica del governo, di Confindustria, delle banche. Il contesto sociale prodotto dalla crisi del neoliberismo e e dalla crisi finanziaria mondiale è drammatico e anche nel nostro Pese e nei nostri territori porta alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Non ci sono risposte e neppure iniziative adeguate a questa crisi, né da parte delle forze politiche, né da parte delle organizzazioni sindacali, per questo occorre una iniziativa politica e sociale della sinistra, che deve vederci protagonisti, finalizzata a ricostruire il conflitto sociale, per evitare che la crisi continui a produrre unicamente guerre tra i poveri e che la destra estrema continui a rafforzarsi proprio a partire dalla crisi. Su questo è necessario un salto di qualità fortissimo nel lavoro politico del partito che deve essere riorganizzato dalla testa ai piedi nella direzione del lavoro sociale, della costruzione e della generalizzazione del conflitto. Occorre passare decisamente dall’opposizione urlata ma parolaia all’opposizione sociale nel paese, alla mobilitazione contro i contenuti concreti delle politiche governative. Inoltre, dobbiamo far avanzare il percorso dell’unità della sinistra avanzando in questa direzione una nostra specifica e forte proposta politica. L’unità della sinistra anticapitalista che abbiamo proposto e realizzato solo parzialmente nella consultazione elettorale deve essere rilanciato. Non abbiamo potuto realizzare questo obiettivo nelle elezioni europee perché vi è chi ha preferito il rapporto con gli epigoni di Craxi all’unità della sinistra di alternativa, ma non per questo dobbiamo desistere. Proponiamo perciò di costruire un polo della sinistra di alternativa, che a partire dal coordinamento delle forze che hanno dato vita alla lista anticapitalista e comunista si ponga l’obiettivo di costruire una rete di relazioni stabili tra tutte le forze politiche, culturali e sociali disponibili a lavorare per l’alternativa. Confronto e lavoro comune tra le forze comuniste e processo di aggregazione della sinistra di alternativa non sono processi alternativi ma due facce della stessa medaglia. Dobbiamo agire con forza questa prospettiva partendo dall’aggregazione a cui abbiamo dato vita alle europee per allargarla. Per costruire un processo di aggregazione della sinistra italiana non subalterna al PD così come abbiamo costruito una sinistra europea non subalterna alle socialdemocrazie. Per questo salutiamo positivamente il fatto che già ieri si sia costituito il Coordinamento della lista anticapitalista e comunista, formato da Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto e Cesare Salvi,che ha confermato la volontà di proseguire il lavoro comune che ha dato vita alla lista e ha stabilito l’obiettivo della costruzione di un polo politico dei comunisti e della sinistra, rivolto a tutte le culture critiche, autonomo dal Partito Democratico, che abbia al centro l’estensione dei diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente, la pace, la democrazia e quindi l’opposizione intransigente alle politiche del governo Berlusconi e della Confindustria. Non soltanto il risultato delle europee ci dice che è necessario dar vita ad un processo di riaggregazione della sinistra di alternativa, capace di esprimere un punto di vista autonomo dal Pd e di costruire una reale opposizione alle destre. Anche il voto delle amministrative conferma la validità di questo percorso. Qui le destre ottengono l’affermazione più netta, il Pdl diventa di gran lunga il primo partito e insieme alla Lega scalza il centrosinistra da molte amministrazioni provinciali, oltre a confermare quelle in cui governava. Crollano anche roccaforti in regioni rosse e l’Udc diventa determinante per molti ballottaggi. Il Pd perde fragorosamante perché ha scelto una stretegia politica, di alleanze e di governo moderata, fortemente votata al centro. Il Pd, infatti, ha messo in campo un centrosinistra ristretto e vocato all’autossufficienza rispetto alla sinistra dello schieramento, scegliento nell’80% dei casi un’alleanza con Idv e Sinistra e libertà, ed estromettendo Prc e Pdci, sulla base di precise scelte programmatiche. Questa scelta non ha affatto arginato lo sfondamento delle destre, anzi ha aperto loro un terreno nuovo, quello delle amministrazioni locali, e nuovi territori, inaugurando un ciclo che, dalla vittoria clamorosa di Roma dello scorso anno, si annucia lungo e una tendenza che sarà difficile invertire. Il voto in Umbria Anche in Umbria si sono prodotte delle novità di grande portata, che ricalcano in parte le tendenze viste a livello nazionale. Il Partito democratico, nel voto europeo, per la prima volta non è la prima forza politica regionale: si ferma a 173mila voti (33,9%), mentre alla camera nel 2008 aveva ottenuto 250mila voti (44,4%), e viene superato dal Pdl, che con 183mila voti (pari al 35,8%) praticamente conferma il risultato del 2008 (194mila voti). Un dato che non si ripresenta alle provinciali, dove il Pd ottiene complessivamente circa 165mila voti (120mila a Perugia e 45mila a Terni), mentre il Pdl 155mila (113mila a Perugia e 42mila a Terni). Pur restando la prima forza politica, il Pd non può cantare vittoria, ma tirare un respiro di sollievo. Anche qui la perdita di consensi è forte e sebbene il centrosinistra vinca al primo turno nelle due province e nel comune capoluogo, non ci sono più le alte percentuali di consenso che avevano caratterizzato le precedenti tornate amministrative. Inoltre, si va al ballottaggio in comuni significativi (Terni, Spoleto, Bastia, Gualdo Tadino) e altri se ne sono persi. Casi a parte Orvieto e Marsciano, dove, sebbene ci sarà ballottaggio, forte è ancora il radicamento e il consenso delle forze di centrosinistra. Il nostro partito tiene fondamentalmente e raggiunge i risultati che ci eravamo prefissi. Con la lista comunista e anticapitalista si afferma in regione come la terza forza politica, ottenendo quasi 32mila voti, pari al 6,2%. Spicca in questo contesto il risultato di Gubbio e l’affermazione personale del candidato Orfeo Goracci. Ma anche alle provinciali il risultato del Prc è lusinghiero: in provincia di Perugia ottiene quasi 18mila voti e il 5% eleggendo un consigliere provinciale (soltanto per pochi resti non è scattato il secondo), mentre in quella di Terni, insieme al Pdci, si conferma terza forza politica, con 9mila voti e il 7,2%, ed elegge due consiglieri provinciali. Il risultato è positivo anche nel voto alle comunali: Perugia, Orvieto, Foligno, Bastia, Spoleto, Marsciano (dove il Prc ottiene un risultato straordinario, quasi il 10%, in una coalizione alternativa al Pd), Corciano, Gualdo Tadino, sono realtà in cui il partito riesce ad ottenere una rappresentanza, anche in condizioni difficili, o perlomeno un risultato incoraggiante, mentre il voto di Terni e Umbertide delineano come la scelta delle liste unitarie anche alle amministrative risulti un segnale chiaro per l’elettorato di sinistra e prospetti possibilità di crescita e di affermazione decisamente interessanti. Nelle elezioni comunali, inoltre, non si verifica l’affermazione che l’Italia dei valori consegue a livello di voto per le europee e per le provinciali, segno che si tratta più di un voto di opinione trainato dalla presenza preponderante sui mezzi di comunicazione di massa, che non un consenso per la classe dirigente e per le politiche concrete attuate nel territorio. Certamente il nostro risultato poteva essere migliore: ha pesato la solita concorrenza del simbolo, del Pcl di Ferrando (5100 voti) alle europee e di sinistra critica alle provinciali (complessivamente 4900 tra Perugia e Terni), che ottengono voti senza aver fatto un minuto di campagna elettorale e che molto spesso (si può vedere sulla scheda delle europee, che accanto al simbolo di Ferrando ha preferenze per nostri candidati) è frutto di errore dell’elettore. Così come ha pesato la scissione dei vendoliani (si veda la sua portata a Foligno), che però ha ottenuto il solo risultato politico di implementare la rappresentanza dei socialisti in tuttte le amministrazioni locali. Davvero un capolavoro politico dei nostri ex compagni, ben lontano dall’obiettivo di dare forza alla sinistra. Desidero ringraziare tutti i compagni e le compagne, a partire dai candidati Amato e Goracci, che si sono davvero spesi con fervore e impegno in questa difficile campagna elettorale e che hanno contribuito al risultato ottenuto in Umbria dal Prc, a livello del voto europeo (la percentuale regionale più alta), e alle elezioni amministrative, in cui spicca anche la vittoria del compagno Paolo Pacifici, che si conferma sindaco di Campello sul Clitunno. Ora anche in Umbria e noi nostri territori dobbiamo impegnarci per costruire una forte mobilitazione sociale, politica e istituzionale per rispondere adeguatamente alla crisi, ai suoi negativi effetti sul tessuto produttivo e occupazionale, e per mettere in campo una opposizione forte e visibile alle politiche delle destre al governo del Paese. Così come dobbiamo far ripartire il percorso di riaggregazione della sinistra. A partire dalle forze che hanno dato vita alla lista comunsta e anticapitalista, cercando convergenze e relazioni più ampie, che si è dimostrata la forza politica regionale, nel voto alle europee e in molti casi dove si è presentata nelle amministrazioni locali. Condividi