“Diario” politico primaverile.
di Luigi Vinci.
Inviate al Parlamento le “schede tecniche” del Recovery Fund.
Gli elementi di massima della proposta del Governo, per ora in consegna ai gruppi parlamentari, facenti capo a oltre un migliaio di pagine e in sola lingua inglese.
Uno schema di partenza era già stato approntato (in italiano, opportunamente) dal Governo Conte 2, sostanzialmente aderente, nell’ultima sua formulazione, agli orientamenti e ai requisiti tecnici richiesti dalla Commissione Europea. Il Parlamento comincerà a occuparsi di quelle “schede” più o meno a fine marzo. Il loro testo oltre a essere corposo è scritto in inglese, visto che la Commissione Europea dovrà occuparsene, terminate le discussioni, le proposte e le decisioni del nostro Parlamento: sicché, esso comincerà a lavorarci più o meno a fine marzo, ovviamente in italiano. Infatti l’inglese, se non erro, non è lingua ufficiale nel nostro paese accanto all’italiano, per cui ragionevolmente parte dei nostri parlamentari l’inglese non conosce adeguatamente o non conosce per nulla.
Non si tratta di un banale incidente: è una dichiarazione arrogante di potere sulla politica da parte dei tecnocrati partecipi delle attività di governo. Non sottovalutiamo la cosa, assolutamente pessima e assolutamente ademocratica.
Giova aggiungere che il Premier Draghi ha pubblicamente deplorato tale fatto.
Le grandi ripartizioni settoriali dei denari del Recovery sono prossime a quelle precedentemente definite nel Conte 2. In ogni caso giova nuovamente schematizzarle.
Denari destinati a:
- digitalizzazione: 45,40 miliardi
- rivoluzione verde: 67,49
- infrastrutture sostenibili: 31,98
- educazione e ricerca: 26,66
- inclusione e coesione sociali: 21,28
- sanità: 18,01.
Giova indicare quanto di tutto ciò sia destinato a specifici importanti obiettivi:
- banda larga per 2,6 milioni di case: 3,3 miliardi di cui 2,2 in progetti nuovi
- fondo ad hoc per economia circolare e ciclo integrato dei rifiuti: 4,5 miliardi
- alta velocità ferroviaria: 20,7
- istruzione: sostegni alla formazione e recuperi scolastici di 1 milione di studenti l’anno
- politiche attive del lavoro: 3,5 miliardi
- sostegno all’imprenditoria femminile: 400 milioni
- risorse al Sistema Sanitario Nazionale a sostegno di ricerca, innovazione e digitalizzazione: 11,8 miliardi.
Rammento come il Recovery Fund coprirà finanziariamente il triennio 2021-23 della Commissione Europea. Ovviamente in corso d’opera potranno intervenirci cambiamenti anche ampi, prolungamenti, ecc., per via degli andamenti della pandemia e della crisi economica e sociale.
Necessità di un nuovo “scostamento” (indebitamento) di bilancio
Ieri 12 marzo il Premier Draghi ha confermato la necessità di un “nuovo scostamento di bilancio per 32 miliardi di euro” (già era stato ipotizzato a gennaio scorso dal governo Conte 2), “data la risalita della pandemia, dunque, data la necessità di misure restrittive in sede economica che concorrano a limitare i decessi e a impedire la saturazione delle strutture sanitarie”. I 32 miliardi saranno suddivisi in due tappe, la prima, di 15 miliardi, ad aprile. Di questi 32 miliardi 11,5 rappresentano residui di vecchi “ristori”.
Di questi 32 miliardi 5 miliardi dovranno andare alla sanità: nell’acquisto di vaccini, nel piano di immunizzazione del paese, in un progetto di produzione italiana di vaccini.
Meglio tardi che mai: lo stato italiano pare essersi svegliato contro la pandemia
La Corte Costituzionale, cioè, ha dichiarato legittimo l’accentramento sullo stato del controllo e della lotta alla pandemia.
Ovvero, la Corte ha dichiarato incostituzionale la Legge regionale della Valle d’Aosta “Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma della Valle d’Aosta in relazione allo stato di emergenza”, parimenti ciò ha fatto appena impugnata da parte del Governo e prima della trattazione stessa in Parlamento della questione, usando per la prima volta un istituto di sospensiva previsto dalla Legge 131 del 2003, riscontrando l’esistenza dei presupposti del fumus boni iuris (parvenza, o presunzione, di buon diritto) e, soprattuttto, del periculum in mora. (pericolo causato da ritardo)
Buone ragioni del ricorso di governo e della dichiarazione di incostituzionalità operata dalla Corte Costituzionale ci sono tutte e chiare: è materia di competenza dello stato ogni regolazione internazionale accolta da esso. Tale è appunto la profilassi internazionale. Quindi, primo, le regioni dispongono solo di competenza amministrativa che venga loro riconosciuta dalla legge nazionale. Sicché, se è auspicabile ogni forma di leale collaborazione tra stato e regioni, non solo non esiste automatismo alcuno in sede di intervento regionale cioè “a prescindere”, esattamente in quanto lo spazio regionale dipende da quanto lo stato, cioè il governo, abbia intenzione di consentire, essendo la pandemia (e le epidemie in genere) competenza esclusiva statale. Inoltre, ogni tentativo regionale di allargare propri spazi in materia “cristallizzando con legge” una situazione che la normativa statale abbia consentito alle regioni di gestire in via amministrativa non può essere permessa in alcun modo. Secondo, la sentenza della Corte Costituzionale precisa che i DPCM (Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri) adottati contro la pandemia sono atti amministrativi di portata generale che, dipendendo da decreti legge, sono compatibili con il quadro costituzionale (e ciò anche in quanto assoggettati al sindacato del giudice amministrativo). Terzo, le linee guida nazionali di contrasto alla pandemia possono essere affidate anche a presìdi regionali, certamente, ma dentro a limiti, spazi e criteri definiti dal Governo.
Conclusione: c’è voluto un anno per correggere una situazione di larghi e diffusi abusi da parte di poteri regionali, con effetti micidiali da incompetenza, pressapochismo, esibizionismo, mania di grandezza sul terreno della salute della nostra popolazione. Migliaia di anziani, se la sanità pubblica avesse funzionato senza intralci e pasticci di governi regionali, non sarebbero morti. Al tempo stesso, appare più che deplorevole l’incapacità dei precedenti governi di assumere le proprie responsabilità, impauriti da cagnare politicanti o mass-mediatiche.
Seguirà a ciò una capacità superiore di Governo di centralizzazione nelle proprie mani della responsabilità diretta della salute della propria popolazione? Staremo a vedere.
Aggiunta: abbiamo appena visto, verso sera, una forte reazione delle associazioni mediche e del Ministero della Salute all’agitazione caotica in atto contro il vaccino AstraZenica
Si vada avanti con l’impedimento ai governi regionali di continuare abusivamente a fare pasticci pericolosi per la salute pubblica
“Purtroppo la sua vaccinazione dev’essere rinviata”: gli insegnanti in coda nei centri piemontesi di vaccinazione sono stati rinviati con la promessa di essere richiamati quanto prima, poiché l’Unità di crisi del Piemonte aveva appena ordinato a tutte le unità sanitarie regionali di sospendere la somministrazione di AstraZeneca “a seguito della morte di un docente a cui nella giornata di sabato era stato somministrato quel vaccino… Una scelta temporanea ecc. in attesa di riscontri ecc., una scelta di prudenza ecc.”.
Rivolta conseguente dei medici ospedalieri ANAAO Assomed (il sindacato più rappresentativo di medici e di dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale) del Piemonte: “quel che è accaduto oggi è di estrema gravità, diffondere messaggi fuorvianti, smentiti dopo due ore, rischia di compromettere la campagna vaccinale. Essa deve essere affidata a persone competenti”. Rivolta AIFA (Agenzia italiana per il farmaco): “I casi di decesso dopo somministrazione vaccinale hanno un legame solo temporale. Nessuna casualità è stata dimostrata tra i due eventi. L’allarme” riguardante il “vaccino AstraZeneca non è giustificato”.
Poco oltre la regione Piemonte ha deciso di riprendere le vaccinazioni con AstraZeneca, stoccando solo il lotto usato sabato cioè nel quadro della morte del docente, tanto per salvare la faccia.
Dichiarazione del Ministero della Salute: “Sulla sicurezza dei vaccini decidono solo AIFA ed EMA (Agenzia europea per i medicinali), e c’è piena fiducia di governo sulla sorveglianza da loro costituzionalmente e costantemente esercitata. Le amministrazioni locali possono adottare decisioni di carattere organizzativo, ma non regolatorio”.
Sono molto importanti le chiarificazioni operate da organismi competenti e aventi causa: chiudono finalmente con vociferazioni, dilettantismi, di regioni interventi di pazzoidi o di fascisti, ecc., pericolosissimi per il successo dell’azione a livello nazionale di contrasto alla pandemia.
Stralci da un’interessante intervista del Commissario Europeo all’Economia Paolo Gentiloni, sul Corriere della Sera (14 marzo)
Premessa
Riassumo all’osso quanto Gentiloni ha dichiarato sulla questione cruciale dei probabili andamenti socio-economici dominanti nell’UE a pandemia esaurita e a economia ripartita ovvero a crisi superata. E’ opinione altamente probabile, egli dichiara, che fino ad allora nell’UE saranno constatabili due fenomeni: una forte crescita del risparmio di classi medie e superiori, a copertura di possibili eventi critici, un forte impoverimento delle classi popolari, prive o quasi lavoro e di risparmio. I tempi della ripresa sono difficili da valutare, lo sviluppo delle vaccinazioni potrebbe proporla sempre più velocemente, cioè tra fine 2021 e 2022.
Fin qui siamo, di conseguenza, alla linea politica e sociale attualmente in corso del Governo Draghi, a sua volta prosecuzione per larghissimi aspetti della linea del Governo Conte 2, ambedue dominati dall’attesa dei denari del grosso del Recovery Fund e dalle direttive di politica economica e sociale della Commissione Europea esplicitate da maggio scorso in avanti.
La ripresa economica, tuttavia, difficilmente comporterà orientamenti omogenei di politica economica da parte dei 27 paesi dell’UE. Difficilmente, inoltre, i Commissari UE si orienteranno omogeneamente. Nordici e baltici “frugali” già stanno affilando le armi del contrattacco antikeynesiano, guidati dal truce Commissario lettone Dombrovskis. Probabilmente Angela Merkel oscillerà. Prevarrà, dunque, la conservazione degli assi di politica economica decisi dai poteri UE a maggio, di qualità keynesiana cioè orientata all’uso del debito fin quando la ripresa economica sarà più che robusta? Oppure verranno più o meno recuperate, appena avviata la ripresa, le regole di bilancio di prima della pandemia, cioè le regole monetariste e liberiste definite nel Patto di Stabilità e Crescita?
Di questo, mi pare, dovremmo già ora occuparci, e preoccuparci, come sinistra sociale (ma anche come sinistra ecologista, a ben vedere: ho già trattato del contenuto truccato, da parte capitalistica anche pubblica, di molte dichiarazioni e operazioni a finta tutela delle condizioni biologiche e delle risorse del pianeta, a contrasto della crescita climatica, ecc.). Hic Rhodus, hic salta, mostraci le tue opinioni: prima o poi una delle grande parti in causa vincerà e l’altra perderà; vale a dire, prevarrà una forma sociale capitalistica modellata da una grande rivoluzione industriale, oppure prevarrà una forma sociale in forte tendenza socialista, parimenti modellata da tale rivoluzione industriale.
Gentiloni
Già, egli dichiara, nel 2020 abbiamo preso, come UE, “decisioni vitali”, sostanziali, di grande portata. “La sospensione del Patto di stabilità, quella delle regole europee sugli aiuti di stato, il piano di acquisti” di titoli “della Banca Centrale Europea hanno consentito ai paesi UE spese straordinarie per l’8% del PIL. Abbiamo ricevuto richieste di autorizzazione di aiuti di stato per tremila miliardi e qualcun temeva distorsioni nel mercato europeo, perché per metà essi venivano dalla Germania. Poi si è visto che fra marzo e dicembre gli esborsi sono stati meno di 600 miliardi, e che prima per la spesa è la Francia, seconde poco distanti Germania e Italia, quarta subito sotto la Spagna. C’è stata meno divergenza di quanto si temesse e le imprese hanno avuto liquidità. Non è un caso se nel 2020 il numero di fallimenti in Europa è stato il più basso da anni. Next Generation EU” (il Recovery Plan) “e il fatto che abbiamo già avuto emissioni di debito comune di successo, tra cui il programma SURE” (a copertura delle casse integrazione UE) “rassicurano i mercati. Di fronte alla pandemia c’è stata una rivincita europea. Stiamo dando una cornice di certezze che si può riassumere così: in questa fase è meno rischioso fare troppo che troppo poco. Non vanno ritirate prematuramente le misure di sostegno, va allungata al 2022 la sospensione del Patto di Stabilità, bisogna lavorare perché la politica monetaria e la politica economica vadano all’unisono. E si noti che costruire un consenso su questa impostazione non era scontato”.
“Quanto al Patto di Stabilità, riapriremo la discussione in autunno. Vedo due problemi, oltre a quelli di prima del Covid-19. Il primo è che esiste un’enorme domanda di investimenti pubblici e privati. Negli ultimi cinque anni nell’area euro gli investimenti pubblici netti sono stati pari quasi a zero” (non sono significativamente receduti); “a questo, tuttavia, si aggiunge il rischio di una mancanza di investimenti privati, e in Europa abbiamo invece bisogno, in generale, di migliaia di miliardi di investimenti, a maggior ragione perché in vista della transizione verde e digitale. Dunque, occorre ragionare più di strumenti di crescita che non di stabilità. Non si tratta tanto di rivedere gli obiettivi stabiliti dai Trattati” (debito pubblico sotto al 60% del PIL di ogni paese UE, deficit pubblico sotto al 3%), “ma con un debito pubblico in media al 103% del PIL dell’area euro abbiamo bisogno di una discussione su modalità di rientro” a quei dati così come su “percorsi, tempi e perché. Se noi ci limitassimo ad applicare le regole come sono, con livelli di debito aumentati così tanto, allora dovremmo mantenere per 10 o 15 anni dei surplus di bilancio, onde pagare gli interessi sul debito, che sarebbero difficilmente sostenibili. Dobbiamo ripensare a come gestire i percorsi di rientro. Ovviamente l’Italia o la Grecia hanno livelli di debito pubblico molto alti e dovranno esercitare particolare prudenza. Ma anche la Francia sarà probabilmente sopra il 120% del PIL per parecchi anni. Credo che dovremo far fronte a queste realtà”.
Commento
A cautissimi passi felpati Gentiloni ha posto il problema numero uno di medio periodo, del nostro paese in specie ma anche dell’UE come tale: l’insostenibilità sostanziale del debito pubblico per quasi tutti i paesi UE, la necessità perciò, semplicemente, di tagliarlo, portandolo a livello europeo, ovvero a carico della Commissione Europea; parimenti, la prosecuzione di quel quantitative easing inventato dal Presidente della BCE Mario Draghi e poi moltiplicato dalla Presidente della BCE Christine Lagarde, fingendo la BCE di disporre di credito esigibile (in forma di titoli a scadenza) dal lato dei paesi i cui titoli aveva acquistato e, al contrario, tenendolo sepolto per sempre nelle cantine BCE.
Sarà dura farcela: nell’UE non c’è omogeneità alcuna in questa materia, basti ricordare i paesi “virtuosi”, liberisti e famelici nei confronti degli altri paesi UE, e dotati di poteri di veto. Tuttavia non manca la possibilità di farcela: potenti riattivazioni sociali, consentite dal declino della pandemia, parimenti, da attivazione banche centrali, ecc. potrebbero condurre al proseguimento anche ex pandemia di politiche espansive di tipo keynesiano.
Misfunzionamento Italia
Non si può ignorare il concorso all’indebitamento del nostro paese dovuto al fatto che l’Italia ha usato nel periodo di programmazione UE 2014-2020 solo il 48,7% di fondi UE di vario genere, tra cui le “risorse proprie” della Commissione Europea, pari a 73,4 miliardi di euro. C’è tempo, tuttavia, per recuperare la cifra mancante, fino a dicembre 2023.
La BCE incrementa il proprio intervento finanziario anti-Covid
In aggiunta a quanto sta qui sopra la BCE ha deciso, a contrasto della crisi in atto, di aumentare di 500 miliardi gli acquisti di titoli dei paesi della zona euro contro la crisi in atto, portandoli così a complessivi 1.850 miliardi. 80 di questi ulteriori miliardi (il loro 16%) sono per l’Italia. L’operazione durerà fino a marzo 2022, sei mesi in più rispetto alle cifre precedenti, inoltre ne sono possibili sia incrementi sia durata.
Ciò ha pure determinato una discesa dei rendimenti sui titoli di stato in tutta la zona euro. Infatti, se aumentano i loro acquisti e al tempo stesso l’interesse per la BCE – il suo guadagno – rimane fermo al precedente valore assoluto, va da sé che esso cali in valore relativo. Per fare un esempio forse più comprensibile, ciò sta significando che i BTp decennali italiani fanno guadagnare agli acquirenti addirittura meno del loro 0,4%. Tuttavia, crescendo la massa di questi titoli, il guadagno in assoluto non solo non decresce ma può anche aumentare.
Una seconda eccellente notizia dalle Americhe
E’ ritornata in Bolivia al governo nelle scorse settimane la sinistra.
A fare, così, il paio con l’assoluzione definitiva di Lula da Silva e la possibilità che egli possa ricandidarsi (e certamente vincere) nel 2022 alle elezioni presidenziali del Brasile viene ora l’incarcerazione della golpista boliviana Jeanine Añez, che nel 2019, supportata dall’esercito, impose le dimissioni al presidente socialista e capo del partito Movimiento al Socialismo Evo Morales con l’accusa falsa di brogli elettorali, e lo costrinse a riparare rocambolescamente all’estero. Le proteste popolari contro il golpe furono brutalmente represse, fecero 36 morti e centinaia di feriti e di arrestati.
La lunga notte fascista a guida USA dell’America Latina si sta via via dissolvendo.

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