Gli sfottò sul quesito che gli aderenti al M5S dovranno votare
di Roberta Fantozzi
Gli sfottò sul quesito che gli aderenti al M5S dovranno votare riempiono la mia bolla fb. Ed è del tutto comprensibile, essendo evidente la contraddizione tra l'idea di affidare una scelta rilevantissima ai propri iscritti/e attribuendogli quindi una grandissima responsabilità, e quella di concepire quegli iscritti/e quasi come bambini, plasmabili a seconda di come un quesito viene formulato.
Ma la critica, a mio avviso, da una parte dovrebbe andare più a fondo, dall'altra confrontarsi con questioni che a me sembrano ineludibili, e che invece sono, dalla nostre parti, quasi totalmente rimosse.
La critica per quel che mi riguarda è al complesso della concezione della democrazia che il M5S incarna, non al voto in sè, a un'esercizio di democrazia diretta che in un altro contesto, potrebbe e dovrebbe avere invece piena cittadinanza.
Il M5S mette insieme il voto degli iscritti e il potere in realtà decisivo dei capi. Al punto che il capo simbolico, può in qualsiasi momento intervenire e determinare le scelte, come è successo in questi giorni con Grillo, presentatosi persino ad entrambi i giri di consultazione, come fatto del tutto normale.
L'assenza di organismi permanenti, eletti democraticamente, continui nella propria iniziativa, e dunque verificabili, l'assenza in sostanza della democrazia come discussione e azione organizzata, prima che come decisione, produce una "liquidità" che alla fine enfatizza i meccanismi di verticalizzazione. Ed in questo contesto per tenere insieme il potere del capo e il voto degli iscritti/e, alla fine si entra in mille contraddizioni e si partoriscono... quei quesiti lì.
Va osservato anche che altri tentativi, prodotti in questi anni, come le primarie del PD, hanno il medesimo esito, pure per vie differenti. In quel caso esistono forme organizzate, persino antiche - anche se sempre più svuotate in particolare ai livelli locali, dalla riduzione della politica all'amministrazione - ma l'esercizio di democrazia diretta, intervenendo nella scelta del "capo", è anch'essa iscrivibile dentro logiche di verticalizzazione (oltre che di personalizzazione) della politica, come in ogni forma di presidenzialismo.
Detto questo delle scelte altrui, resta negativamente sorprendente, l'assenza di tentativi seri, di costruire invece meccanismi positivi di intreccio tra discussione e decisione, democrazia rappresentativa e democrazia diretta.
Tanto più che a sinistra, l'assenza di questa discussione ha fatto grandissimi danni.
Perchè ad esempio dividersi (quasi permanentemente sul nodo delle alleanze) con decisioni prese in poche stanze, non è che sia stato bellissimo, negli anni che abbiamo alle nostre spalle.
Uno dei motivi della crisi strutturale della sinistra a mio avviso, certo enfatizzata dal maggioritario, ma un problema in sè, quello di non porsi il problema di una rifondazione democratica del proprio modo di essere.

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