di Vito Nocera.

E’ bene guardarsi da ogni interpretazione affrettata.
Da ogni ansia di sistemare rapidamente le cose in un senso o nell’altro.
Meglio provare a capire, tentare di leggere i fatti, tenendo conto non solo della manovra politica ma anche dei processi più sotterranei e profondi.
1) Il Paese, come la gran parte del mondo, è in preda a una epidemia drammatica, insidiosissima sotto il profilo sanitario e in quello emotivo.
E’ come se ci si fosse ridestati da una gigantesca illusione.
Il sogno, a lungo coltivato, sulla potenza del progresso e delle sue infinite possibilità di offrire sicurezze.
Conseguenza di tale strappo è uno smarrimento diffuso, uno sgomento di massa, che - da noi - innestandosi su nodi pregressi che agivano da anni nel corpo del Paese, ha ancor più rafforzato il desiderio di un uomo forte al comando capace di essere il risolutore di tutto.
2) Una fascinazione questa che ha una storia lunga, innervata, come sappiamo, nell’Italia più remota, dove assunse perfino le forme di una dittatura brutale capace di un larghissimo consenso di massa.
Ma anche al tempo nostro questa pulsione si è, in forme per fortuna più dialettiche, egualmente affacciata.
Fin dalla fine della cosiddetta prima repubblica.
Le grandi forze popolari, come la Dc e il Pci, pur se in campi diversi e in conflitto fra loro, garantivano insieme dialettica al loro interno e comunicazione orizzontale, intermediazione democratica, col corpo sociale.
Finito quel mondo, nella solitudine sociale che ne è derivata, è cresciuto contestualmente nell’immaginario di tanti, a torto o a ragione, il bisogno umano di aggrapparsi a qualcosa.
Le innovazioni profonde di economia, lavoro e comunicazione, insieme alle cose positive, hanno reso il panorama sociale un deserto dove puoi solo tentare di sfuggire aggrappandoti a qualcosa che ti illude di rapportarti direttamente col vertice.
3) Poi, ovviamente, dentro questa tendenza di fondo agiscono i legittimi conflitti tra interessi e poteri. Anche ancora, pur se affievolita, una contesa tra destra e sinistra.
Una destra che, con ricette sbagliate e a volte aberranti , ha saputo trovare delle connessioni sentimentali e sociali.
Di contro a una sinistra sempre più estranea ad autentici processi di massa e discrimini connessi a interessi sociali reali.
Nasce così già Berlusconi, un atto soggettivo ma che ha potuto giovarsi di un clima civile già smosso.
E poi, via via, fino allo stesso Renzi sull’altro versante.
E da ultimo Conte, passando per Salvini, per qualche magistrato trasformato in eroe, per un importante uomo di spettacolo come Grillo.
4) La pandemia, il suo portato di vittime, contagi e paure, la crisi economica e sociale gravissima che ne è conseguita.
La crisi stessa della idea della infallibilità della scienza, hanno amplificato al massimo grado questo sentimento di massa.
Sentimento peraltro già molto vivo che ha alimentato un populismo, sia sovranista sia più temperato ed incerto, prodotto in questi anni dalla crisi del modello di integrazione globale.
5) Si spiega così il consenso anche grande ad alcune leadership, subito dopo più o meno rapidamente franate.
Se non ci fosse questo desiderio del risolutore di tutto che continua a soffiare nell’aria, oggi Draghi dovrebbe essere nel Paese più che minoritario.
Con Conte e sinistre che addirittura pensavano di aver costruito un’alleanza strategica, un campo, perfino una specie di blocco sociale.
E invece Draghi, in meno di 48 ore, è già assurto a vero e proprio simbolo, nella sua apparente mitezza, dell’uomo più forte al potere.
Come ogni altro, a quel vento, Draghi intreccia le sue proprie capacità e caratteristiche.
Quelle di un grande borghese, borghese nella sua storica e forse migliore accezione.
Per studi, cultura, qualità, autorevolezza.
Legami con i grandi sistemi organizzati, non solo italiani.
Si vede da ogni suo gesto.
Linguaggio asciutto che però trasmette visione, portamento non impettito da piccolo borghese ostentato, eleganza sussurrata e compita.
Non certo un uomo di sinistra.
Anche se ha nel percorso tracce di keinesismo e di un certo gesuitismo di matrice sociale.
6) Per un avversario così servirebbe a sinistra un grande competitore, individuale e collettivo, che sappiamo al momento non c’è.
Un capo, un gruppo dirigente e una forza radicati, con effettivi legami sociali e culturali, interlocutori stimati in tutti i sistemi produttivi essenziali, capaci - insieme - di interlocuzione e di critica seria anche del capitalismo migliore.
Siccome tutto questo non c’è, Draghi si insedierà senza incrociare interlocutori legittimati e capaci di un vero confronto.
7) In queste ore è tutto un dalli a Matteo Renzi ma non è lì che risiede il problema.
Mi piacerebbe avere un confronto sincero con Marco Travaglio e il gruppo del Fatto Quotidiano, e per loro tramite con i tanti che li seguono come fossero la Sibilla Cumana.
Ma davvero si pensa che di fronte a processi così serva a qualcosa - imbarbarendosi peraltro oltre ogni limite - concentrarsi su questa figura o su chiunque altro in maniera così personale e ossessiva?
Temo che questo metodo appanni la coscienza dei processi della storia e faccia perdere di vista le cose profonde.
E - come vediamo - alla fine lascia increduli e sconfitti.
8) Se a sinistra sei senza bussola (Senza Classe, come ho titolato un mio modesto libricino proprio in questi giorni in uscita) come speri di avere una rappresentanza sociale reale?
E se ora senza neanche un minuto di riflessione, come altre volte nel recente passato, archivi la sconfitta subita senza provare a vederne le cause, le loro radici nei mutamenti profondi di società ed economia.
Se non esci da quella bolla autoreferenziale che ti costringe a concepirti solo come forza che deve stare comunque al governo.
Se non ti sforzi di comprendere che la coesione sociale, la democrazia orizzontale, la speranza di un popolo - popolo che non è solo una cosa indistinta ma anche una costruzione politica - può avere un peso anche se non sei ad ogni costo nella stanza dei famosi “bottoni”, bottoni che sappiamo da tempo in realtà non ci sono.
Il potere è un fatto complesso, fatto insieme di picchi di comando e di fattori molecolari, per influenzarne in maniera incisiva la direzione hai bisogno che alcuni ceti sociali acquistino coscienza e si facciano forza dirigente reale.
Forse è per questo che perdi, perché non investi seriamente a costruire questa gamba decisiva dell’impresa, non per colpa di qualche sabotatore che, come la nuvola di Fantozzi, troverai sempre ad ostacolarti il cammino.
E ora investi su Draghi, e forse - al punto cui è giunto il Paese - non potresti fare diversamente, come un anno fa hai tentato di intercettare politicisticamente un consenso in un innaturale rapporto col movimento di Grillo.
Non sarà facile dunque risalire la china.
Ed è bene sapere che quella che ci aspetta, per chi non si rassegna al capitalismo come ultima frontiera della storia, è una lunga traversata in una contemporaneità che davvero oggi sembra un deserto.

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