A voler essere pignoli, non sta a Porta Eburnea, ma di qualche metro fuori il confine indicato dalla lastra con l'Elefante. Ma è stata la meta di tutti i bornjaioli che leggono i giornali. Parlo dell'edicola di via Bonazzi, un appuntamento storico per chi sale dal rione e scende al rione, il cui gestore, una gran brava ed eroica persona, ha annunciato la chiusura. Ho parlato di eroismo non solo perchè ha tentato di resistere fino all'ultimo, ma perchè, anche quando le cose andavano bene, in quell'angolo tra via Bonazzi e via Cesare Caporali, d'inverno, ci tira una tramontana che solo i perugini sanno come è fatta. La chiusura dell'edicola è un altro mesto e drammatico segno di due crisi. Quella dell'editoria e di un modo di fare informazione, le pagine scritte, troppo in fretta abbandonate tra editori speculativi e irruzione del web e quella di un quartiere, del centro storico, di una città. Porta Eburnea è morta e non gli resta che risorgere. Vorrei fare, insieme a chi mi legge, il conto di tutti gli esercizi commerciali e artigianali che, dai tempi lontani, hanno chiuso. Ricordiamoli scendendo da via Caporali, anche se, probabilmente me ne dimentico qualcuno. A destra c'era il barbiere Fodra, poi l'albergo e il ristorante che sono rimasti. Seguiva il "fruttarolo" Schippa, e poi ancora un barbiere (Rossi un tempo) di fronte al negozio attuale di Tenca. Sulla sinistra c'era l'ingresso secondario del grande parcheggio dell'Hotel Brufani, di uso anche pubblico, oggi riservato, se ho capito bene, ai ricchi professionisti che hanno lo studio in centro. Via S. Giacomo era un concentrato di negozi. Subito prima dell'Arco della Mandorla c'era l'omonimo ristorante e a seguire la mitica barbieria del Billa e del Buttero che fece epoca in tutta Perugia, il fruttivendolo Giorgio (Giorgione), in tempi precedenti il macellaio Gualtiero e il forno di Rossi, il famoso Bar Luna (salinari di tutto il mondo unitevi) e poi il Bar Pini, gli alimentari di Pietro Pagnotta, la lavanderia, il maestro dei calzolai, Abele, l fruttivendolo Mario Barcaccia e, in tempi ancora precedenti, il magazzino dolciumi di Lombardi e il negozio di alimentari di Marchettoni. In via Eburnea, oltre ad un altro bar si trovava l'officina del mitico "Padellino", l'unico o, comunque, il più bravo aggiustatore di biciclette di Perugia. C'erano poi, disseminati in vari punti del quartiere i falegnami, Diosono, Delicati, Truffarelli e un altro (chi me lo dice gli do un premio). A S. Savino c'era l'officina autorizzata della Guzzi. In via del Curato, a due passi da casa mia, dove sono nato, c'era la "Saletta" del prete che riuniva tutte le sere decine e decine di ragazzi come me a giocare a tennis tavolo e a calcio balilla. Negli anni '70, della mia gioventù, Porta Eburnea contava sui 7mila abitanti anche ospitati in un evidente stato di sovraffollamento. Ultimamente c'era il deserto dei tartari, con un silenzio assordante specie per chi, come me, vive oggi in aree affollate o congestionate della città. Ho visto che, negli ultimi anni, si è riensediata una quota di giovani coppie con bimbi. Plaudo alla cosa, ma non mi sembra che siamo a numeri tali da poter segnare la vita di un nuovo quartiere.
Porta Eburnea è lo specchio della città e del suo centro storico. Il suo declino è il prodotto di un modello di sviluppo che ha privilegiato i super e ipermercati e le grandi cubature abitative in periferia, nelle frazioni e ha desertificato il centro storico, arrivando a una città disarticolata e sconvolta nella sua identità. Per la verità il declino di Porta Eburnea è cominciato anche prima degli altri rioni, allorchè, con la realizzazione, magnifica, delle Scale Mobili, fu privata del ruolo di via di afflusso e deflusso da e per l'Acropoli. Su quel modello di sviluppo si è cementato un blocco di interessi ed esso è stato utile, per tutta una fase, perchè ha consentito di trovare nuovi necessari spazi per la città, ha sostenuto l'industria delle costruzioni che (quella "pulita") è stata fondamentale a Perugia e in Umbria, ha aumentato il reddito di quei perugini che, andati ad abitare fuori città, hanno potuto affittare gli appartamenti in centro. Oggi però quel modello, a mio giudizio, è esaurito e sono molti di più gli svantaggi e i problemi rispetto ai vantaggi che porta. Ci vorrebbe da invertire quel modello urbanistico, bloccando le nuove costruzioni esterne e tornando a rinvestire sul centro, sul nucleo urbano, le aree e il patrimonio degradato. Sarebbe necessaria una politica organica per il ripopolamento del centro storico, riportandoci residenzialità, attività e funzioni. Mah!, sono pessimista perchè negli ultimi decenni la situazione è stata compromessa. E' comunque, secondo me, una battaglia da fare.
 

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