Assemblea Nazionale Comitati territoriali: Conclusioni del Presidente Villone
Ringrazio tutte e tutti per la larghissima partecipazione alla riunione, che è un
successo al di là delle nostre speranze. Ringrazio in particolare i nostri ospiti speciali.
Rivolgo un saluto affettuoso a Carlo Smuraglia con cui ho condiviso l’esperienza in
Senato. Grazie alla Presidente Chiavacci, al Sen. Nannicini, al giovane Ricci, ad
Armando Spataro e alla collega Calamo Specchia.
Fra i vari livelli della discussione di oggi si è parlato dei fatti organizzativi fra cui
quello che riguarda il tesseramento. È interessante il suggerimento di Spataro: una
modalità flessibile nella adesione al CDC.
Sull’indicazione dei seminari contiamo molto come strumento di approfondimento
tematico su materie come la sanità, la scuola, l’istruzione, la legge elettorale
nazionale, sul regionalismo in generale comprese le leggi elettorali regionali e
comunali, l’ambiente, il territorio, i beni culturali, gli strumenti di politica
economica, l’art.49 Cost. che ritengo uno dei temi più interessanti. Abbiamo quindi
la prospettiva di un impegno serio e non breve, dato che dovremo avere un
approccio di tipo universitario- accademico con produzione di materiale, relatori ad
hoc e tutti gli strumenti che possono essere messi a disposizione degli attivisti sul
territorio. Credo molto in questa iniziativa e penso che dobbiamo impegnarci a
fondo.
Poi c’è il piano organizzativo interno che riguarda gli organi dirigenti nazionali per
cui dobbiamo andare ad un appuntamento entro fine anno, imposto anche da
norme statutarie. Voglio anticipare che sto valutando la possibilità di presentarmi
dimissionario al prossimo Direttivo, per verificare se in questa fase sia utile o
necessaria una guida diversa dalla mia.
Sul rapporto con il Comitato per il ritiro di ogni Autonomia Regionale Differenziata
bisogna essere chiari su un punto: qui c’è sempre stata la nostra piena attenzione,
ancor prima la mia personale piena attenzione tant’è che il primo articolo contro
l’ipotesi della autonomia regionale differenziata reca la stessa data della firma del
pre-accordo dell’On. Bressa con le tre Regioni del Nord (28 febbraio 2018) perché
avevo avuto il giorno prima fra le mani questo sciagurato pre-accordo e avevo visto
subito che qualcosa non andava. Da allora ho scritto un gran numero di articoli su
vari giornali e parlato in molte sedi contro questo accordo. Da parte nostra non c’è
nessun antagonismo verso chi si batte contro l’autonomia differenziata. C’è però un
punto che non posso condividere, ed è questo: all’affermazione “Ritiriamo ogni
autonomia differenziata” è facilissimo rispondere che l’autonomia differenziata è
scritta in Costituzione. L’obiettivo politico va in qualche modo sostanziato.
Realisticamente possiamo pensare di bloccare alcune forme di autonomia
differenziata argomentando dall’art. 116, 3°comma Cost. e recuperando la
dimensione regionale dell’interesse, che è quello che si perde nelle proposte fin qui
messe in campo. Partendo da lì dobbiamo trovare i limiti che l’autonomia
differenziata non può superare, ad esempio per la scuola. Bisogna però trovare la via
tecnicamente giusta per ottenere il risultato. Su questo tornerò.
Abbiamo una chiave fondamentale che tiene insieme tutte le tematiche che
abbiamo visto: ridare centralità al Parlamento. Tutte le cose dette possono essere
unificate su questo obiettivo di fondo. Vogliamo ritrovare la piena valenza della
rappresentanza politica e ridare centralità al Parlamento. E’ questa la strada per
difendere la Costituzione, ma anche per rilanciare il sistema Paese in una chiave di
competitività globale ed europea, e ancora per recuperare l’unità della Repubblica
per molti versi a rischio.
In questo contesto abbiamo un piano immediato ed uno mediato.
Il piano immediato mei tempi è quello del ddl Boccia (cd legge-quadro) come
collegato alla legge di bilancio. Vorrei che fosse chiaro che il collegamento con la
legge di bilancio non significa che il ddl automaticamente verrà approvato. Se fosse
così avremmo già perso, dato che non si potrebbe certo bloccare un bilancio per
fermare l’autonomia differenziata. Ma l’esperienza dimostra che un collegato può
andare con ritmi veloci, lenti o può anche non partire proprio. Quindi c’è uno spazio
politico nel quale fare pressione per bloccare o rallentare, per permettere al
Parlamento di fare un dibattito approfondito nel merito. E’ questo il tentativo, da
fare con urgenza, della collaborazione fra il CDC e il Comitato per il Ritiro di ogni
autonomia differenziata. Sull’urgenza e sul raggiungere un accordo su questo
obiettivo non ci sono differenti vedute fra noi: è arrivata la proposta di attivare
momenti di considerazione congiunta, c’è una lettera che è stata predisposta da noi
ce n’è un’altra da parte del Comitato a cui si aggiunge un allegato tecnico esplicativo
sul quale sto lavorando con Mauro Sentimenti. Nei prossimi giorni possiamo
confrontarci. Qui nessuno fa la guerra a nessuno. A proposito ho sentito una
formula che mi è piaciuta molto per quanto riguarda una modalità operativa del
CDC, quella di “facilitatori di unità”. Se ci riusciamo avremo fatto davvero una cosa
utile.
Questo è il piano dell’immediatezza. Poi c’è il piano mediato. Il tema è quello delle
riforme in parte già in campo con l’obiettivo dichiarato, non raggiunto né
raggiungibile, di riparare il danno fatto con il taglio dei Parlamentari. Secondo alcuni,
con l’obiettivo di aumentare l’efficienza del Parlamento: andiamo dall’impossibile al
ridicolo! In sintesi dico che quello che c’è in campo può solo ridurre il danno ma non
può di per sé ripristinare la piena rappresentatività, il ruolo e il peso politico e
istituzionale del Parlamento.
Per la legge elettorale, in particolare c’è la proposta di Brescia (Presidente della
commissione affari costituzionali della Camera). C’è il testo di una mia audizione in
sede parlamentare sul sito del CDC e sulla mia pagina Facebook, cui faccio
riferimento per non impegnare tempo qui. Solo poche parole per la proposta di
legge costituzionale volta a cancellare la base elettorale regionale per il Senato,
introducendo circoscrizioni elettorali pluriregionali. Si risolve qualche problema, ma
si fanno maggiori danni da un altro verso. Nelle Regioni minori, cui sono assegnati
pochi senatori, anche con una legge elettorale proporzionale non più di due o tre
forze politiche riusciranno a conquistare un seggio, con una soglia di fatto molto più
alta del 5,4 o 3% di cui si discute. Ma fare delle circoscrizioni pluriregionali vuol dire
che si divide una piccola regione in più parti che poi vanno giustapposte a regioni
limitrofe. Se prendiamo la Basilicata e la dividiamo a metà per aggiungerne una
parte alla Puglia e l’altra alla Calabria, abbiamo forse risolto il problema numerico
dei pochi seggi assegnati. Ma riusciranno i cittadini della Basilicata ad eleggere un
proprio senatore? Probabilmente no, perché saranno sempre ampiamente
minoritari in una base elettorale che li fa scomparire. Succede già nelle elezioni
europee fra la Sicilia e la Sardegna che hanno una circoscrizione unica per cui i sardi,
minoritari, non riescono a portare un loro rappresentante nel Parlamento europeo.
L’effetto paradossale è che la Basilicata, scesa da 7 a 3 senatori per il taglio, con la
correzione delle circoscrizioni pluriregionali rischia di scendere di fatto a zero
senatori. Sono 8 o 9 le Regioni che, per il numero esiguo dei senatori da eleggere,
ricadrebbero in questo tipo di problematica. Un paese rappresentato a macchia di
leopardo. La stessa cosa succede, nelle regioni più grandi, fra la periferia e le grandi
città. Quando si scende sotto una soglia minima, la rappresentatività comunque si
perde.
Ci sono poi altri temi: si parla di clausola di supremazia, di costituzionalizzazione
della conferenza Stato-Regioni ecc. Su questi temi ho fatto delle audizioni che
potrete trovare sul sito del CDC, cui potete fare riferimento. In particolare bisogna
porre attenzione alla costituzionalizzazione della Conferenza Stato-Regioni, che già
adesso è di fatto quasi una terza Camera. Con un assist costituzionalistico sarebbe
anche peggio.
Per quanto riguarda l’introduzione della mozione di sfiducia costruttiva per creare
un elemento di stabilizzazione dei governi, c’è da dire che salvo due volte e mezza,
tutte le crisi di governo sono state extraparlamentari, a seguito di dimissioni
volontarie. Introdurre la sfiducia costruttiva servirebbe a poco. Fra l’altro si
perderebbe la questione di fiducia come strumento per compattare la maggioranza,
dato che non sarebbe più possibile sfiduciare un governo per obbligarlo a dimettersi
se non ci fosse già un altro governo pronto per la sostituzione. La sfiducia costruttiva
impedisce di fatto la questione di fiducia ad un governo (in carica). Per chi propone
la governabilità a tutti i costi, si perde l’unico strumento che può servire per
controllare le turbolenze parlamentari.
Il tema della autonomia differenziata: è un tema prioritario non solo per la
previsione di un ddl collegato alla legge di bilancio, ma perché la crisi Covid ha
messo in evidenza due aspetti: da un lato il bisogno di centralizzare, dall’altro una
spinta verso una ulteriore frammentazione. Non è un caso che quando è finita la
prima fase, nell’entusiasmo del momento, ci furono momenti di trionfalismo
regionale per cui i Presidenti di Regione dicevano ”abbiamo concordato”, e di fatto
avevano davvero concordato. E’ successo perché in questa crisi c’è stata una
debolezza da parte di Palazzo Chigi che ha riscritto in parte l’equilibrio costituzionale
fra Stato e Regioni. Sarà stato perché c’era il problema di dove sarebbe rimasto il
cerino acceso, sarà stato perché Conte non voleva assolutamente caricarsi la
responsabilità ecc… ecc…, sarà stato Boccia che voleva imporre il suo disegno di
concertazione ad oltranza fra esecutivi, ma è così. Quando un Governo, avendo un
potere di sostituzione (ex art.120 Cost.), non lo usa ma fa ricorsi al TAR, ovviamente
anche perdendone qualcuno, dà un segnale di debolezza politica e istituzionale. Noi
rischiamo d’aver praticamente cancellato dalla Costituzione l’art.120 sul potere
sostitutivo. Se non si usa un potere sostitutivo nel corso di una pandemia, quando si
userà mai? Non so se tutto questo sia stato considerato a Palazzo Chigi, ma
certamente tale è l’esito delle politiche istituzionali nella crisi Covid. A un certo
punto ognuno ha fatto come gli pareva e s’è persa la capacità di governo unitario del
fenomeno, solo da ultimo in parte recuperata. Mi chiedo quanti morti dobbiamo a
questo.
Poi c’è il grande disegno della destra, lo scambio che è stato citato fra
presidenzialismo e autonomia: l’autonomia differenziata alla Lega e il
presidenzialismo a Fratelli d’Italia. Con questo la Costituzione come l’abbiamo
conosciuta andrebbe definitivamente in archivio. Ho sempre visto nella autonomia
differenziata la potenzialità del vulnus più grande. Va contrastata in tutti i modi,
essendo consapevoli che tocca interessi potenti, e non è certo questione che
riguardi solo i costituzionalisti. Ci sono stati articoli di autorevoli economisti di area
Bocconi e Cattolica, che in realtà scommettono sull’autonomia differenziata in base
all’argomento che il Sud non è in grado di spendere utilmente le risorse pubbliche
investite. Dunque, destinarle a ridurre il divario con il Nord equivale a sprecarle.
Sarebbe un danno per il paese. Non è un caso che queste analisi vengano svolte
oggi, quando è in gioco la distribuzione dei fondi Recovery. E’ una partita sulla quale
non c’è da illudersi, nessuno farà prigionieri.
Per questo abbiamo bisogno di avere tutti gli appoggi possibili, e dobbiamo trovare
realisticamente il punto di attacco. Per questo dico vediamo di capire dove troviamo
l’aggancio per una definizione costituzionalmente compatibile dell’autonomia
differenziata. Penso che il ritiro di ogni autonomia differenziata non sia un percorso
realisticamente praticabile. Basta vedere come i “governatori” di ogni colore politico
hanno alzato i muri non appena qualcuno ha detto: centralizziamo la sanità.
Immediatamente è partito un fuoco di sbarramento, per l’ovvio motivo che là è una
delle chiavi principali del loro potere. Dobbiamo prendere atto degli equilibri politici
nel paese. Non vi colpisce il fatto che l’attuale segretario del PD e l’eventuale
aspirante segretario, Bonaccini, siano due Presidenti di Regione? Non è certo un
caso! Quindi la partita non è per niente facile e dobbiamo capire come stare in
campo, in ogni momento.
La proposta del ministro Boccia, fondata su una legge-quadro e sull’attuazione dei
Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), è sicuramente debole e da respingere. Non
solo per quello che s’è già detto, ma anche perché come legge ordinaria non
resisterebbe a leggi successive che approvassero, ai sensi dell’art. 116, co. 3, Cost.,
intese di contenuto difforme. L’ho scritto molte volte, ma non ho avuto risposta in
nessuna sede. Quanto ai Lep, non garantiscono eguali diritti per tutti, ma nella
migliore delle ipotesi prevengono un eccesso di diseguaglianza, secondo una scelta -
che rimane politica nell’essenza – di quanta diseguaglianza sia tollerabile. E di certo
non impediscono la frammentazione del paese. La prova è che i Lea (Livelli essenziali
di assistenza) non hanno impedito devastanti differenze nella tutela del diritto alla
salute, e il sostanziale dissolvimento del servizio sanitario nazionale. Allo stesso
modo, applicare i Lep alla scuola non impedirebbe domani una regionalizzazione
integrale. I Lep attengono al livello dei servizi, e non a chi li eroga e come.
La posizione del ministro Boccia si mostra in specie inaccettabile quando, in
audizione nella Commissione bicamerale affari regionali (30 settembre), afferma che
sta nascendo in Italia un nuovo regionalismo, costruito sulle conferenze e sulla
concertazione tra esecutivi. Sembra che ritenga questo un grande risultato del suo
essere ministro. Ma dovrebbe considerare che un nuovo regionalismo, fatto di
conferenze e di concertazioni fra esecutivi, può solo mettere definitivamente
nell’angolo il parlamento. Che è la vittima predestinata del nuovo regionalismo di
cui parla Boccia. Penso che a Palazzo Chigi dovrebbero saperlo. Su questo bisogna
fare un confronto per ritrovare una posizione chiara sulla lettura dell’art. 116,
comma 3, Cost., per alcuni punti essenziali: 1) ritrovare la dimensione regionale e
locale dell’interesse partendo dall’art. 5 Cost., cioè dal principio fondamentale che
regge l’impianto autonomistico; 2) arrivare alla conclusione che non tutte le materie
sono regionalizzabili, per cui le Regioni possono ma non devono avere tutto di tutto,
ma possono avere qualcosa in alcune materie (mentre è difficile sostenere che non
possono avere nulla); 3) chiarire che l’autonomia differenziata deve avere per
oggetto non potestà legislative, ma funzioni amministrative. Quest’ultimo è un altro
passaggio essenziale, perché nelle materie concorrenti la potestà legislativa di
dettaglio è già della regione. Se si attribuiscono alla regione ulteriori potestà
legislative, si sta ritagliando riduttivamente la potestà legislativa statale di porre i
principi fondamentali della materia. Dubito che questo sia compatibile con il
modello generale del riparto di competenza tra stato e regioni.
Dunque, ricostruire l’autonomia differenziata costituzionalmente compatibile deve
essere il nostro obiettivo. Ci sono poi altri temi, come la legge sui partiti politici
(art.49 Cost), che può essere nel tempo la chiave per dare nuova forza all’istituzione
parlamento, e l’intervento sull’art 138 per mettere in sicurezza la Costituzione.
Conosco e comprendo le perplessità manifestate a sinistra sull’ipotesi di irrigidire la
revisione della Costituzione, oggi sostanzialmente rimessa alla maggioranza di
governo. Capisco chi vorrebbe prima cancellare l’art. 81 riformato e il pareggio di
bilancio, e magari riscrivere il Titolo V. Ma penso che tali obiettivi siano oggi molto
difficili se non impossibili da raggiungere, mentre la casa brucia. Forse si può almeno
catalizzare il consenso sulla necessità di evitare che ogni maggioranza sia tentata di
riscrivere la Costituzione secondo le proprie convenienze. Questa è la mia
convinzione, che lascio aperta ad ogni valutazione e ad ogni confronto, sempre
pronto a tenere conto delle opinioni degli altri. Vi ringrazio per la vostra pazienza, vi
abbraccio tutti e spero di ritrovarvi ancora. Arrivederci.

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