Emergenza Covid-19, Cgil, Cisl e Uil Umbria: mettere in sicurezza lavoratori
“Una parte delle importanti risorse messe a disposizione dall'Europa – Mes incluso - e dallo Stato centrale, per potenziare e sostenere il sistema sanitario pubblico, va destinata alla vasta e poco considerata rete degli appalti (pulizie, sanificazione, mense, assistenza socio-sanitaria, etc.) perché anche questo è un meccanismo fondamentale dell'ingranaggio salute”. Ad affermarlo in una nota congiunta sono Cgil, Cisl e Uil dell'Umbria che sottolineano come il tema della salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori degli appalti – decine di migliaia in Umbria – sia assente dal dibattito pubblico: “In una regione come la nostra – scrivono i sindacati – nella quale non è mai stata varata una legge sugli appalti, né siglato alcun protocollo regionale, dove le gare vengono vinte sempre al massimo ribasso e non vi è spesso alcun controllo dopo l'assegnazione dell’appalto stesso, il tema della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in appalto diventa cruciale. E lo è tanto più in questa emergenza Covid, in cui sono le aziende appaltatrici a doversi accollare i costi della messa in sicurezza del proprio personale, con capitolati di appalto che spesso hanno margini risicati se non assenti. Ma una semplice smagliatura della rete di sicurezza metterebbe a rischio sia la salute del lavoratore che quella del cittadino utente”.
Cgil, Cisl e Uil regionali - che nel documento “L'Umbria riparte dal lavoro”, presentato lo scorso 13 ottobre a Perugia, hanno dedicato una scheda specifica proprio al tema appalti – credono che sia questo il momento per intervenire: “Vengano istituiti tavoli di monitoraggio della situazione di contagio per ogni ente pubblico appaltante – affermano i sindacati – si proceda alla verifica dei protocolli di sicurezza e della sostenibilità economica dell’appalto stesso, tenendo conto delle nuove necessità di strumenti per la tutela individuale di ogni singolo lavoratore”.
“La lotta al Covid-19 – concludono i sindacati - non può prescindere dal mettere in sicurezza anche i lavoratori cosiddetti invisibili, perché il virus a differenza della nostra società ci vede benissimo e non fa differenze”.

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