L'Olanda è un volgare paradiso fiscale e non può dare lezioni di rigore
Grazie a tasse basse e vantaggi legislativi, molti gruppi industriali italiani spostano la loro sede legale nel Paese dei tulipani: Fca, MediaForEurope (Mediaset), Cementir (Caltagirone), Campari, e inoltre le controllate e le partecipate di Eni, Enel, Exor (Agnelli), Ferrero, Illy, Luxottica, Barilla, Piaggio, Pirelli, Stefanel, Segafredi, Tiscali, ecc.
Secondo un rapporto tra le società di comodo olandesi realizzato dal Centro studi del Parlamento europeo, in Olanda nel 2015 lo stock di investimenti esteri diretti era di oltre 3.250 miliardi di euro: il 535% del Pil. La somma nel 2017 aveva toccato il record di 4.380 miliardi di euro, ma solo 770 erano entrati realmente nell'economia locale, gli altri 400 miliardi erano finiti in società di facciata in modo da evitare il fisco dei Paesi d'origine.
Una gigantesca partita di giro traghettato dentro e fuori l'Olanda solo per sfruttare una fiscalità di vantaggio.
In Olanda sono stimate la bellezza di 15 mila società paravento. Quattro quinti di queste non avrebbero nessun tipo di attività ma servirebbero solo come copertura fiscale.
Secondo la relazione del Parlamento europeo del marzo 2019, 'Stato fiscale dell'Unione', anche grazie ad accordi fiscali 'cuciti su misura' per le multinazionali, la base imponibile sottratta agli altri Paesi UE è stata stimata tra i 160 e i 190 miliardi all'anno, di cui 20 miliardi sono la quota italiana.
L'Olanda, in quanto indegno paradiso fiscale, non ha nessun diritto morale, economico e politico di impedire il varo degli Eurobond, titoli europei proposti dai Paesi dell'Europa del Sud martoriati dal Codiv-19.
Stefano Vinti (Associazione culturale Umbrialeft)

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