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di Eugenio Pierucci E’ indubbio che nella vicenda Opel a influenzare la scelta del governo tedesco a favore di Magna abbiano giocato un ruolo fondamentale i rapporti intergovernativi. Ciò vuol dire che a pesare fortemente sono state le decisioni politiche e alla fine a far pendere la bilancia a favore del gigante della componentistica che ha forti collegamenti con la Russia è stato senz’altro determinante l’asse Shroeder-Putin. Si dice che il governo tedesco abbia a lungo trattato la questione con i rappresentanti dei Land interessati, passando al microscopio le offerte pervenute nel corso di riunioni che si sono protratte fino ad ore piccole ed in tutte queste fasi la presenza russa è stata costante. Al contrario, e qui sta lo scandalo, il governo italiano è stato completamente assente, come assente, del resto, è stata anche l’Europa. Si è trattato per molti osservatori di un atteggiamento inspiegabile che non ha certo aiutato la Fiat nel suo tentativo di crescere fino ad assumere dimensioni tali da metterla al riparo dagli scossoni che si potrebbero produrre con il ridisegno in corso della mappa della produzione automobilistica mondiale. Adesso la casa torinese è per forza di cose costretta a puntare verso altre direzioni, ma non sarà facile perché di gruppi di una certa consistenza interessati a stringere alleanze non ce ne sono poi molti e la concorrenza si sta facendo assai agguerrita. In caso di fallimento diventerebbero davvero nere le prospettive per gli stabilimenti italiani per i quali già si temevano ripercussioni negative in termini di occupazione da una possibile unione Fiat-Opel. Ed è per questo che l’atteggiamento del nostro governo, che è rimasto alla finestra a guardare neutralmente come sarebbe finita la partita, solleva molti interrogativi. A meno che, come si è timidamente chiesto il segretario nazionale della Cgil Epifani, il nostro premier non abbia inteso per davvero restare disparte per non rovinare i suoi buoni rapporti con l’amico Putin. Se così fosse si sarebbe scritta una delle pagine più nere della recente storia italiana. Condividi