Pietro Crocchioni si è spento lasciando un vuoto grande in noi
Si è spento.
Per quasi trenta anni ho vissuto, fianco a fianco, con lui. Affrontando la cronaca battente, nera, giudiziaria e sport, in tutta l'Umbria e fuori, di giorno e di notte. All'inizio degli anni Novanta, quando un pullman di gitanti di Orvieto, precipitò in un dirupo nelle vicinanze di Brunico, l'allora direttore de "La Nazione", ci mandò un ordine di servizio da Firenze, indirizzandoci sul posto, la Val Pusteria, subito, per documentare l'agghiacciante disgrazia. Partimmo di corsa. Senza passare per casa, senza valigia, senza ricambi. Viaggiammo, di notte (ricordo una luna piena tra le cime dei monti) e giungemmo alle prime luci dell'alba, sbagliando in alcuni punti anche strada, tra i valichi alpini.
La segreteria di redazione aveva provveduto a prenotarci una camera in un bell'albergo, ma noi, pure stanchissimi (non avevamo dormito), ci recammo prima sul posto per fotografare il bus in fondo ad un burrone, dove scorreva un torrente e poi in ospedale per parlare con i sopravvissuti. Una vera e propria avventura.
Come sempre, il suo fu un servizio fotografico inappuntabile, perché Pietro aveva il dono particolare di rendere suggestivo ogni scatto.
Arrivammo anche, primi tra i giornalisti, in quel settembre del 1985, sul pontile di Sant'Arcangelo di Magione, quando venne recuperato il corpo del dottor Francesco Narducci, scomparso e cercato, su tutto il lago (noi due su una pilotina, col figlio maggiore di Pietro) per più giorni.
Lo stesso magistrato inquirente, anni dopo, si meravigliò della nostra tempestività, lo dicono gli atti processuali, ed ipotizzò chissà quali dietrologie. Semplicemente, anche quella mattina - una domenica - al primissimo giro di telefonate di nera, il centralista di turno dei Vigili del Fuoco comunicò il ritrovamento di un cadavere in acqua e noi ci fiondammo immediatamente sul molo.
Sintetizzare e condensare, comunque, la vita di un uomo come Pietro, é impossibile. Basti dire che Lui si distingueva per essere una persona solare, diretta, simpatica, estroversa, persino ironica, come tutte le persone intelligenti.
Coetanei (io, più anziano di pochi mesi), abbiamo attraversato gli anni della giovinezza (sposandoci uno dopo l'altro, facendo nascere i nostri figli, uno dopo l'altro) e della carriera, insieme.
Ai ritiri del "Perugia dei miracoli" a Norcia, portavamo spesso le nostre mogli, talvolta persino i figli. E con profonda emozione rammento un viaggio di piacere, tutti insieme, sul Lago di Como. Gradevolissimo stare con lui pure a tavola: nonostante il fisico slanciato risultava una buonissima forchetta (et quorum ego).
Sarebbe riduttivo, comunque, relegare Pietro, solo tra i giornalisti-fotografi. Era qualcosa di più: un artista. Da giovane, nei momenti di pausa, si dilettava coi pennelli, persino al giornale. Si era ritagliato uno spazio nella camera oscura. Aveva frequentato l'istituto d'arte e l'accademia e quella vena, quell'estro non li aveva perduti. Anzi col tempo li aveva curati e coltivati con profonda passione e qualità, fino a raggiungere livelli di assoluto prestigio, non solo regionale e con un taglio ed uno stile, anche nei colori, originali e riconoscibili.
Hai camminato rispettoso, di tutto e di tutti, e leggero sulla terra e la terra ti sarà lieve.
Ciao, Pietro.
Elio Clero Bertoldi

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