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di Valter Corelli, candidato al consiglio comunale di Perugia nelle liste del PRC Scriveva Novalis, “Il teatro è l’attiva riflessione dell’uomo su se stesso”; Schopenhauer affermava che “Non andare a teatro è come fare toeletta senza uno specchio”. Da sempre il teatro, come sottolineava Pier Paolo Pasolini è connaturato alla dimensione del “rito naturale”, vale a dire quel sistema di segni della realtà e della vita quotidiana che ha luogo ogni giorno in casa, per strada, nei ritrovi pubblici. Pertanto possiamo dire che il teatro non è qualcosa di superfluo, bensì una necessità che accompagna l’uomo nella sua crescita intellettuale e nella sua ricerca di socialità. Il teatro, come luogo deputato in cui si celebra il rito della rappresentazione e l’incontro fra gli attori e il pubblico, ha avuto nel tempo diversi cambiamenti, legati al mutare dei rapporti sociali. La tipologia prevalente è quella del così detto “teatro all’italiana”, che prevede un rapporto fisso frontale fra attori e spettatori. La nascita delle avanguardie teatrali, del teatro politico, del “terzo teatro”, sono tutti elementi fondamentali di una rivoluzione del concetto di “spazio teatrale”: il teatro ha conquistato le strade, ha inventato scenografie inusuali, ha inserito gli spettatori all’interno della propria azione scenica. Si è determinata, quindi, l’esigenza di pensare a una molteplicità di teatri, dal momento che si è preso coscienza dell’esistenza di una molteplicità di pubblici. Tutto quanto sinora mi sono sforzato di sintetizzare fa da premessa ad una precisa proposta di cui intendo farmi portavoce. A Perugia, negli ultimi tempi, si è molto parlato della chiusura del Cinema Teatro Pavone e della necessità di scongiurarla. Mentre si cominciavano ad udire le prime campane a morto su quello che è stato il primo teatro della città, quello dei nobili, l’Amministrazione Comunale (fatto estremamente positivo) inaugurava a San Sisto un nuovo teatro, cui veniva dato il nome di Teatro Bertolt Brecht. In un recentissimo dibattito elettorale si è voluto contrapporre l’investimento fatto su questo nuovo teatro ad una presunta disattenzione nei confronti del Pavone. Ebbene, a parte che il Pavone è sempre stata una struttura privata, mentre il nuovo teatro di San Sisto è il primo teatro completamente di proprietà del Comune di Perugia, a me pare che la polemica sia pretestuosa in quanto cerca di mettere in antitesi due realtà diverse, che possono essere complementari laddove ciascuna svolga il suo ruolo, e nella consapevolezza che esse non risolvono in toto le esigenze di un progetto culturale per Perugia. E’ indubbiamente auspicabile che il Pavone trovi una cordata in grado di rilevarlo e gestirlo, e sicuramente il Comune può svolgere in questo un ruolo di supporto, ma la gestione deve avere le idee chiare: ridare al Pavone una vocazione prevalentemente teatrale, mediante una programmazione che sappia legare lo strumento teatrale alla maggiore conoscenza del linguaggio cinematografico (per esempio l’analisi e teatralizzazione delle sceneggiature). Per fare questo necessita di una direzione artistica adeguata e impermeabile alle richieste di questo o quest’altro committente che vedano il teatro come semplice sala da affittare per gli eventi più disparati, dal concerto di bicchieri alla Sagra dei semi salati. Il teatro Bertolt Brecht si affianca al Teatro Morlacchi nell’offerta di spettacoli alla città, in primis gli spettacoli di Teatro Ragazzi, e si offre come potenziale polo di attrazione per un pubblico “popolare”. Da non trascurare, la sua posizione in un quartiere tradizionalmente operaio, proiettato verso la direttrice della strada pievaiola, fatto che rappresenta la possibilità di avvicinare al teatro anche chi ha forti difficoltà a raggiungere il centro storico. Per le stesse ragioni, e qui vengo alla mia proposta, andrebbe ripreso con forza l’impegno, già sottoscritto nel programma elettorale del sindaco uscente Locchi, per la creazione di un altro teatro a Ponte San Giovanni. Questo perché Ponte San Giovanni si è ingrandita e popolata a tal punto da rendere davvero improcrastinabile l’esistenza di un autentico luogo di aggregazione. Luogo che, sia detto chiaramente, non può essere il vetusto, obsoleto, antifunzionale CVA. Quello che serve è un teatro di nuova concezione: multifunzionale, con intercambiabilità degli spazi interni, perfetto dal punto di vista acustico: un luogo in cui i più moderni linguaggi dello spettacolo possano interagire, in cui si possano sperimentare diverse modalità di rapporto tra artisti e fruitori. Un teatro che divenga la casa dei giovani artisti e nel quale si possa dare spazio alla creatività di gruppi di cittadini provenienti da altri paesi. Un progetto che, per quanto mi riguarda, non voglio che rimanga confinato nel sogno, ma si traduca in azione concreta su cui impegnare la prossima Amministrazione Comunale. Condividi