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Qualche giorno fa l’Ufficio Scolastico Regionale ha fornito i dati ufficiali relativi ai tagli in organico del personale docente di ogni ordine e grado per il prossimo anno scolastico. I dati parlano chiaro: all’aumento della quantità e della qualità della domanda, il governo fa fronte con un impoverimento dell’offerta formativa. In Umbria, si perdono 500 posti in organico (-5,94%) e 142 classi, con un impatto nefasto anche sulla possibilità di mantenere alcuni indirizzi. I criteri utilizzati dal governo per operare queste drastiche riduzioni delle risorse destinate alla scuola pubblica sono: l’introduzione del maestro unico nelle scuole primarie, la riduzione dell’orario, l’elevamento del rapporto alunni/classi e alunni/docenti e la riduzione delle istituzioni scolastiche tramite accorpamenti. I provvedimenti fin qui presi sono sostanzialmente coerenti e in perfetta sintonia con il modello di scuola delineato nel disegno di legge Aprea, attualmente ancora in discussione in commissione parlamentare. Un modello che si fonda sull’apporto di soggetti esterni e privati alla gestione della scuola (come già avviene per le università che possono diventare fondazioni private), sulla chiamata diretta degli insegnanti e sull'abolizione delle RSU di scuola. Invece di fare della ricerca e del sapere la leva principale dello sviluppo per affrontare e superare la crisi economica e sociale che l’Occidente sta attraversando, il governo Berlusconi persegue l’obiettivo di sostituire al diritto universale allo studio un sistema qualificato, inserito nel mercato, per coloro che se lo possono permettere e una formazione minima per tutti gli altri. Il futuro della democrazia nel nostro Paese è strettamente legato al futuro della scuola pubblica. Solo nella scuola pubblica il dettato dell’art. 3 della Costituzione trova la sua prima vera applicazione. L'etica pubblica cui la Repubblica ha dato origine e cui la Costituzione dà piena legittimità trova nella scuola il terreno più fertile per il suo primo esercizio. E’ necessario quindi ribadire non soltanto la centralità del diritto allo studio, ma reclamare il diritto alla scuola pubblica, cioè il diritto a un’esperienza che genera saperi, capacità civiche e sociali. Il diritto alla scuola di tutti. L’opposizione della minoranza parlamentare si rivela debolissima, anche perché la posizione del PD lascia ampi margini di mediazione su un tema che Rifondazione Comunista ritiene invece non negoziabile. Lo studio, l’istruzione, la formazione concorrono alla piena realizzazione della persona umana di cui parla la nostra Costituzione. Difendere il diritto alla conoscenza è un dovere e Rifondazione Comunista intende continuare a farlo. Condividi