da Liberazione di sabato 23 maggio 2009
“L’ironia è una componente fondamentale della lucidità”. E con Vincenzo Sparagna, direttore di Frigidaire (oggi in edicola con Liberazione), viene automatico ragionare su quella mancanza di autoironia che invece la dice lunga sulla crisi della sinistra. “Sono mancati la distanza e l’umorismo – osserva – e perciò non si è riusciti a fare un’analisi critica di se stessi”. Ma la sinistra ha anche la responsabilità di aver cavalcato la satira non meno della magistratura contro la destra berlusconiana, così facendo strada a quella degenerazione che è “la satira di regime”. Quando invece la sinistra dovrebbe ricominciare proprio dalla comunicazione: !perché la politica è diventata la sua comunicazione, il modo in cui viene trasmesso il discorso”.
Com’è che la satira in Italia è in crisi da così tanti anni? Colpa della politica o anche dei media?
Credo sia dovuto alla strumentalizzazione che è stata fatta dei vignettisti. C’è stato un arruolamento della satira da parte dell’informazione, che se l’è portata nel proprio recinto. E, una volta che la satira è rinchiusa, finisce per essere solo di accompagnamento, il corollario del discorso: come servisse un contorno poco serio per alleggerire le cose serie. A questo ha condotto anche la riduzione all’umorismo spiccio prodotta da certe trasmissioni pseudo-satiriche, per lo più infarcite di battutacce triviali, che sono fatte apposta per distrarre.
C’è uno specifico italiano di questa crisi della satira?
Senza dubbio. Credo che sia avvenuto tutto in parallelo con la degenerazione del berlusconismo e a partire dalla riduzione della politica al cosiddetto bipolarismo. Il bipolarismo in realtà è la morte della politica.
Proprio nello schema bipolare, non ti pare che da parte della sinistra e del centrosinistra si sia ricorso in modo intensivo, e persino ossessivo, alla satira contro Berlusconi, analogamente a come è stata cavalcata l’azione della magistratura?
La cosa viene di lontano: origina dal tempo di Cuore, dove quasi tutti i vignettisti e gli autori di satira son stati catturati e assoldati. E’ di lì che è cominciata quella piccola ma significativa degenerazione: la satira di regime. Che poi sia di sinistra o di destra, non significa nulla.
Ma la mancanza di senso dell’ironia, quella vuol dire molto sulla crisi della sinistra…
Assolutamente sì. Sono mancati la distanza e l’umorismo, non si è riusciti a fare un’analisi critica di se stessi. Invece l’ironia è una componente fondamentale della lucidità. La seriosità di partiti e partitini e del modo in cui sono condotti, la solennità delle divisioni e delle ricomposizioni, l’affermazione dell’individualismo e del carrierismo sono tutti aspetti che hanno favorito questa sorta di regime. Inoltre, secondo me c’è stata una sottovalutazione del fatto che il linguaggio, il modo in cui le cose vengono dette, è molto importante: non conta solo cosa dici, ma come. Invece ci sono stati una sottovalutazione delle forme e un adeguamento ai parametri del sistema dominante. La separazione dei generi, la divisione del lavoro e dei linguaggi finiscono per impedire la circolazione delle idee e la capacità critica. Questo vale per la satira, ma bisognerebbe pensare anche al fatto di avere inteso un’informazione diversa solo come controinformazione.
Il risultato è che l’informazione di sinistra è percepita sempre più come obsoleta, separata, distante. E i partiti anche. Come si fa a invertire la marcia?
Bisognerebbe uscire dall’ipnosi dell’universo politico, dei giornali che si parlano l’un l’altro invece che alle persone. Lo stesso linguaggio utilizzato è criptico. Tanto è vero che poi passa la comunicazione pilotata dalla destra. La sinistra si è prosciugata e rattrappita su un ambito di riflessione che coinvolge solo gli addetti ai lavori, ha perso di vista l’elemento popolare, la grande massa delle persone che vivono di culture che una volta si sarebbero dette minori. Perciò penso che la sinistra debba ricominciare dalla comunicazione: perché la politica è diventata la sua comunicazione, il modo in cui viene trasmesso il discorso; perché non esistono dei contenuti separati dal mondo in cui li comunichi. E io credo si debba fare anche divertendosi.
Invece la cronaca racconta di divisioni e senza molta voglia di sorriderci…
Anche perché non capisce perché non si riesca a realizzare una unità tra similissimi. L’individualismo è davvero malattia del secolo, e ha preso la mano anche a sinistra. Qui a Foligno, per esempio, ho visto che ci sono due liste: una è Sinistra per Foligno e l’altra è di verdi e socialisti. In realtà tutte e due fanno riferimento a Sinistra e libertà, che si è divisa in sinistra da una parte e libertà dall’altra: la scissione nella scissione. D’altra parte, si erano sperati da Rifondazione perché facevano un discorso talmente unitario che non potevano stare nello stesso partito... Si tratti di una degenerazione, in cui ogni piccolo frammento pretende di ottenere un frammento, ma in realtà viene vissuto come debolezza, cosicché poi si affermano espressioni pseudocompatte come il Pdl o il Pd. Per questo dico che il bipolarismo ha finito per ammazzare la politica, perché cancella l’idea che l’unità si faccia tra diversi. La via della separazione è nefasta perché conduce a pseudo certezze. Da questo punto di vista è positivo che almeno si siano uniti Prc, Pdci, Socialismo 2000 e altre realtà. Ma è un peccato che di fronte alla soglia di sbarramento si sia riprodotta la solita frammentazione solo per preservare orticelli.
Invece come bisogna procedere per superare il 4 per cento magari senza fermarsi lì?
Bisogna costruire un percorso a partire da aggregazioni minime. Superando il 4 per cento bisognerebbe ricominciare un discorso unitario più vasto e generale. Ma uscendo dalla logica del circuito politico, in cui ci sono solo un sacco di generali senza esercito, e avendo l’intelligenza di capire che le persone non vogliono sentirsi imbonire ma essere accompagnate nei loro bisogni. Anche il bisogno di ironia.
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