Da un punto di vista storico il comunismo, o meglio le “idee socialiste che volevano differenziarsi da qualsiasi forma ibrida di socialismo” (Antonio Gramsci), si affaccia nell’Europa devastata dalla restaurazione della Monarchia assoluta post napoleonica, dall’esigenza di uguaglianza, di diritti, di soddisfazione dei bisogni primari dell’uomo, che la Rivoluzione Francese aveva fatto emergere con tutta la sua forza culturale, sociale e politica; dalla Rivoluzione Industriale del XVIII secolo, dalle trasformazioni sociali ed economico che essa produceva; dalla critica del nuovo sistema economico che si stava affermando, producendo grosse ingiustizie sociali, diseguaglianze inaccettabile, dalla miseria in cui costringeva a vivere milioni di persone inermi.

Nasceva da quella che era la dialettica materialista della storia, che superava l’ideologia hegeliana e, in altra misura, quella del Feuerbach, la quale si fermava al materialismo storico senza porsi l’obiettivo della necessità di trasformazione radicale della società. Nasceva dall’emergere di una nuova e numerosa classe sociale: il proletariato. E nasceva proprio con l’obiettivo di emancipazione di milioni di proletari che vivevano di stenti senza alcun riconoscimento del diritto alla vita; in antagonismo con l’altra classe sociale nascente: la borghesia.

Metteva in evidenza come il proletariato, ovvero milioni di persone senza diritto di cittadinanza, “liberandosi dalle proprie catene” potesse essere quella classe sociale capace di sovvertire le sorti dell’intera umanità, prospettando una futura società senza classi sociali, senza sfruttati e sfruttatori, dove il diritto di vivere dignitosamente per ogni persona poteva diventare una realtà costituita.

E questa è stata sempre l’ispirazione culturale del comunismo, un mondo senza confini, una società internazionale.

A questi ideali si sono ispirati i partiti socialisti della I e della II internazionale, che hanno aggiunto nel lessico politico le parole lavoro e lavoratori, aggiungendole a quelle di proletario e proletariato e, nello stesso momento identificando le une alle altre. I lavoratori non erano altro che lavoratori sfruttati. Ed è alla conquista di diritti e dignità, al superamento di quel sistema politico denominato capitalismo che i partiti socialisti facevano le loro battaglie.

Quindi una società interclassista, un mondo unico, libero da ogni retorica nazionalista, partendo dal concetto che la storia dell’umanità è contraddistinta dalla lotta di classe. Così era stato per i Romani fra Patrizi e Plebei e Schiavi; così nel medioevo fra nobili e popolani, così nell’epoca più moderna fra nobili e borghesi e così nell’era contemporanea fra borghesi e proletari, dopo l’affermazione del capitalismo.

Cos’ha di tutto questo il Nazismo ed il Fascismo? Assolutamente nulla

Anzi, il Fascismo si affermò in Italia per la volontà dei capitalisti che volevano mettere fine all’ondata di proteste e scioperi del cosiddetto “Biennio Rosso” del 1919 -1921. La Marcia su Roma organizzata dai fascisti fu appoggiata dal Re, dai Prefetti, dall’esercito. Nessuno intervenne per disperdere una manifestazione che aveva tutte le caratteristiche del velleitarismo. Mussolini si era spostato da Napoli, dove aveva radunato i fascisti in congresso minacciando una marcia su Roma nel caso in cui il Re non le avrebbe offerto la nomina di Primo Ministro, a Milano, le Prefetture chiudevano gli occhi, il Re non aspettava che l’arrivo trionfale delle camicie nere a Roma.

Ma è proprio su Mussolini e sul Fascismo che si possono capire le diversità di prospettiva economica, le differenze culturali, la diversa base sociale sulla quale fare riferimento per il proprio consenso. Per il comunismo erano i lavoratori che, attraverso aspre lotte politiche nei confronti dell’ordine borghese costituito, aspiravano ad una trasformazione radicale della società per ottenere i loro diritti e dare un futuro alle giovani generazioni. Per i fascisti, invece, la base sociale di riferimento erano i capitalisti (i cosiddetti padroni). Nel film capolavoro di Bertolucci “Novecento” viene bene messo in evidenza questo aspetto, quando Attila, fattore dei Berlinghieri, prende ordini da questi per eliminare fisicamente ogni tipo di opposizione. Violenza che si abbatte per prima sugli oppositori politici alla ideologia fascista: i comunisti.

Quindi una politica, ed un coerente progetto sociale, fondato sul nazionalismo, ovvero sulla superiorità della nazione che precede ogni tipo di umanità nei confronti degli stessi cittadini che costituiscono l’essenza della nazione.

Semplificando possiamo quindi dire che Mussolini passò dal principio di lotta di classe, necessaria per l’emancipazione delle classi sociali meno abbienti, ad una ideologia nazionalista che idealizzava la superiorità della Nazione, rinunciava definitivamente al concetto di rivoluzione sociale per l’intera liberazione degli sfruttati.

Si spiega così tutta la retorica dell’autarchia, dell’importanza delle natalità, l’indottrinamento dei Balilla, l’espansione coloniale, l’odio raziale, la guerra.

La stessa cosa, anche se pur con caratteristiche più atroci e violente, fino ad arrivare a teorizzare e praticare lo sterminio di un popolo e di ogni tipo di diversità culturale e sociale da quella tedesca, è stato il nazismo Hitleriano.

Tutto questo diverge dal comunismo, nonostante lo stalinismo e tutte le atrocità e le violenze commesse da esso in nome del comunismo.

La storia è qui ricca di elementi e contenuti che ne dimostrano la reale differenza.

Non vogliamo inoltrarci nella storia di quella che è stata l’URSS, dalla rivoluzione fino al suo scioglimento, ma crediamo che studiarla attentamente possa rivelarsi fondamentale per capire le differenze sostanziali, sia fra nazismo e comunismo che fra lo stalinismo e i vari tipi di comunismo che si sono realizzati nel XX secolo.

Ma una cosa è certa. Il nazismo, piaccia o non piaccia, è stato sconfitto a Stalingrado dall’ Armata Rossa e da un’epica resistenza del popolo Russo, così come sono stati liberati i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, ma, soprattutto, si deve alle dottrine socialiste e comuniste l’espansione di diritti ed il miglioramento della vita materiale di milioni e milioni di essere umani, in Italia in particolare.

La guerra di Liberazione dal nazifascismo per riconquistare la libertà, la Costituzione repubblicana e antifascista, l’emancipazione di milioni di lavoratori da condizioni di subalternità economica e sociale, la dobbiamo a questa cultura e ideologia che trova le sue radici nel “Manifesto del partito Comunista” scritto 200 anni fa da Karl Marx e Friedrich Engels.

Il comunismo è stato battuto, è rimasto solo un fatto storico, anche se oggi un grande Paese come la Cina si dichiara Comunista, ed il suo comunismo assomiglia più ad un capitalismo finanziario che ad un paese socialista; il capitalismo ha vinto su tutto e le sue contraddizioni si rilevano giorno dopo giorno, come Marx aveva già analizzato, sull’ambiente, sulla finanziarizzazione dell’economia, sull’aumento di povertà, sull’immigrazione di massa.

Questa sentenza ha il sapore di una prevenzione da futuri e possibili idee alternative a questo sistema socio- economico oggi vincente e che sembra imbattibile.

Ma la voglia di cambiare dell’uomo non si è esaurita con la sconfitta del comunismo storicamente affermatosi.

Giuseppe Mattioli – Attilio Gambacorta

La Sinistra per L’Umbria

 

 

 

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