di Giuliano Granocchia, assessore provinciale al Lavoro e alla FOrmazione
Un’altra pessima notizia per i lavoratori del nostro paese ci è fornita dall’OCSE che colloca i salari italiani in fondo alla classifica e precisamente al 23° posto su 30 per quanto riguarda i livelli salariali.
Questo dato non è frutto dell’attuale crisi ma la conseguenza di 20 anni di politiche sbagliate nel settore delle politiche industriali e della riforma del mercato del lavoro.
Quando in questi anni denunciavamo l’impostazione sbagliata sia dei governi di centrosinistra che di quelli di centrodestra che correvano dietro alle richieste di Confindustria, avevamo purtroppo ragione.
Queste politiche hanno costantemente e pervicacemente fatto della precarietà e dell’abbattimento dei diritti la stella polare che ha guidato tutte le riforme.
Si è fatto dell’Italia una sorta di “terzo mondo del mercato del lavoro” tanto da essere davanti per quanto riguarda il livello salariale al Portogallo, Repubblica Ceca, Turchia, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Messico.
Sconsolante è il confronto con altri paesi. In Italia un lavoratore guadagna mediamente il 44% in meno di un inglese, il 28% in meno di un tedesco e il 18% in meno di un francese, dati che ancora una volta ci consegnano una realtà completamente diversa dal paese fantastico che quotidianamente presente Berlusconi.
Il Presidente del Consiglio fa concorrenza al grande scrittore Italo Calvino il quale in un suo bellissimo libro ci ha rappresentato le città invisibili. Berlusconi sarebbe già in grado di mandare alle stampe un proprio scritto dal nome leggermente modificato cioè “Il Paese invisibile” perché nulla coincide tra le sue dichiarazioni e la realtà.
Lui, il padrone di Mediaste può permetterselo, solo che c’è un paese reale, quello dei lavoratori precari dai bassi salari, quello dei tanti giovani che hanno poche prospettive per il loro futuro, quello dei tanti piccoli artigiani che si vedono costretti a chiudere le proprie attività non perché si pagano troppe tasse ma perché non c’è più lavoro.
Per invertire questa tendenza è necessario dare forza alla sinistra che in tempi non sospetti denunciava questo stato di cose.
Questa sinistra si chiama Rifondazione Comunista.
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