di Isabella Rossi
Un simbolico filo rosso lega le donne, quello di essere troppo spesso vittime di violenza. Questo il senso delle piccola performance “teatrale” che ha incuriosito sabato pomeriggio i passanti di via Oberdan.
Durante l’attesa per il pronunciamento della sentenza nel processo per l’omicidio di Barbara Cicioni, avvenuto in tarda serata, un gruppo di ragazze ha rappresentato, con parole, striscioni e installazioni umane i dati della violenza sulle donne in Italia. Una violenza, come certifica l’Istat, che avviene principalmente tra le mura domestiche e che difficilmente emerge.
“No al pacchetto sicurezza. Una città sicura per le donne? Servizi, spazi per la socialità e per l’incontro. Lavoro sicuro, libertà di movimento, di espressione e di cultura. No alla videosorveglianza, alla città blindata, al razzismo” recita un cartellone. Una sposa, con evidenti segni di percosse su un lato della strada a simboleggiare quel 70 per cento di violenza domestica rilevato dall’Istat, più avanti alcune “rondiste” che imbracciano bastoni, in mezzo una vignetta: “Adesso che ci sono le ronde mi sento più sicura” dichiara una signora all’amica. Risposta: “Anch’io. Mio marito è sempre fuori casa.”
Un sabato pomeriggio con umorismo, un po’ di provocazione e tanto spirito di solidarietà per parlare di un tema di carattere universale: la tutela di diritti umani troppo spesso violati.
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