Sabato scorso 16 maggio a Perugia si sono tenute due importanti iniziative che hanno riproposto la crudezza delle condizioni di vita di chi vive in zone di guerra o in angoli dimenticati del pianeta. La prima organizzata dall'associazione Vivi il Borgo e da Emergency di Perugia prevedeva la proiezione di un filmato dal titolo “Domani torno a casa”, storie parallele, crude e poetiche, ma a lieto fine di un bambino afgano vittima dell'esplosione di una mina e di un giovane sudanese affetto da una malformazione cardiaca e salvato grazie ad un intervento chirurgico gratuito (come tutti gli interventi) nel recente ospedale specializzato in cardiochirurgia infantile aperto da Emergency in Sudan. L'iniziativa fa parte di una campagna nazionale di raccolta fondi che ha per slogan “Adotta un'ospedale”. La sera dello stesso giorno le associazioni Grafi Onlus e Tamat ONG aveva organizzato una cena etnica per la raccolta di fondi a sostegno di un progetto di microcredito per le donne del Sahel (in particolare per le donne delle comunità di Sokoura in Malì e di Koudougou in Buirkina Faso). Il progetto, in estrema sintesi, prevede, attraverso la concessione di microcrediti, lo sviluppo di attività imprenditoriali al femminili al fine di migliorare la condizione economica e sociale di quelle comunità.
Siamo in tempo di campagna elettorale, con candidati sindaci e consiglieri che corrono tra una cena e l'altra in caccia di preferenze e voti, è tutto un ragionare sulle persone (vota me e non quell'altro), assai poco di programmi tanto meno di problemi come quelle poste con queste due iniziative che appaiono lontane e distanti dalle questioni che, in questi giorni, attraversano la politica locale. Insomma cose nobili, bellissime ma adesso dobbiamo eleggere il sindaco e i consiglieri. Ed invece non è così.
Entrando a Perugia, per qualsiasi via d'accesso, i cartelli che ci segnalano l'ingresso nel territorio comunale ricordano che la città è gemellata con altre città del mondo. Scopriamo così che Perugia è gemellata con Tubingen (Baden-Württemberg, Germania), Seattle (Washington USA), Potsdam (Brandeburgo, Germania), Grand Rapids (Michigan, USA),Bratislava (Slovacchia), Aix en Provence (Provenza, Francia). Il primo gemellaggio, quello con Bratislava, risale a 40 anni fa. Queste iniziative rispondevano e rispondono alla logica di costruire rapporti di interscambio culturale ed economico, di contribuire per questa via allo sviluppo della cooperazione dei popoli. Ogni anno per iniziative di scambio, fiere mostre, nonché qualche viaggetto di turismo politico, il comune di Perugia spende una cifra non esagerata ma comunque significativa (tra le varie voci attorno ai 50.000 euro l'anno di solo bilancio comunale, cui si aggiungono altre risorse stanziate a livello comunitari). Allora, visto che siamo in campagna elettorale, perché non prevedere per i prossimi cinque anni una moratoria delle iniziative previste nel programma di gemellaggi e destinare quei fondi per il finanziamento di attività di cooperazione internazionale, adottando un ospedale di Emergency o gemellandosi con una regione del Sahel. Penso che i cittadini di Perugia non soffrirebbero (per cinque anni) più di tanto per la mancanza degli stand delle città gemellate alla Fiera dei Morti o in Piazza Italia o del concerto della banda di Tubingen. Al contrario, vedendo il filmato di Emergency od ascoltando i racconti delle donne del Sahel, sarebbero orgogliosi di vivere in una città i cui amministratori avessero deciso di destinare risorse per interventi di cooperazione internazionale. Di più, sarebbero disponibili a contribuire in proprio, se, ad esempio, l'amministrazione comunale lanciasse una campagna di sottoscrizione, dove per ogni euro versato dai cittadini il Comune ne mette due.
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