BUCAREST - Nell’ambito dello scambio di eventi d’arte tra paesi europei, in questo caso gli artisti umbri contemporanei a Bucarest e in precedenza gli artisti romeni contemporanei a Perugia, verrà inaugurata domani, domenica 17 maggio, a Bucarest, Palazzo Brancovan Mogosoaia, la mostra “Umbria: terra d’incontri”, rinnovando così l’esperienza anche nel 2009. Uno scambio che rappresenta per l’Assessorato alle Politiche Culturali della Provincia di Perugia “una conoscenza tra culture e un viaggio con il quale l’Europa allarga sempre più le radici della sua identità attraverso l’arte vista come linguaggio universale a cui non servono traduzioni né mediazioni”.
La mostra, curata da Paolo Nardon e patrocinata dal Ministero romeno della Cultura, resterà allestita fino al 14 giugno con la presenza delle opere di vari artisti: Sestilio Burattini, Claudio Carli, Carlo Carnevali, Silvano D’Orsi, Romano Mazzini, Graziano Marini, Fausto Minestrini e Lucilla Ragni.
“Spesso – è il commento critico - sia leggere che guardare un quadro o una scultura permette allo spettatore di compiere un viaggio avventuroso in un altro mondo dove il quotidiano è bandito. Per questo ogni incontro con l’arte è, di per se, un’avventura condivisibile da chiunque. Ciò vale soprattutto per le opere d’arte visive che non devono nemmeno fare i conti con l’ostacolo di una lingua differente, c’è comprensione senza mediazioni. E’ il momento privilegiato dell’incontro fra le culture. Ogni forma d’arte diventa così la via privilegiata dell’incontro e del confronto tra gli artisti e la gente. Anche in quest’epoca di eccessi visuali, le immagini destano ancora riflessioni, favorendo un dialogo senza parole e l’incontro non banale fra le persone. Anche se il sortilegio dell’opera prima o poi svanisce lo spettatore conserva preziose suggestioni, tra le quali la sensazione di una relazione con l’artefice che passa attraverso l’opera. Questo contatto genera una conoscenza intrisa di dubbi e interrogativi ma anche della certezza che l’arte è sempre straniera. Questa consapevolezza dovrebbe aiutarci a riconsiderare l’importanza dello straniero al quale ci legano sottili affinità, molto più salde delle pur necessarie differenze estetiche o culturali. Ogni opera è, di per sé, una manifestazione della cultura e della tradizione in cui si è formata, eppure la meraviglia che accende negli occhi dello spettatore è la stessa ad ogni latitudine. Questa consapevolezza ci unisce. A maggior ragione quando attraverso gli scambi culturali si fa esperienza concreta di questa reciprocità. Ciò conferma ‘che tutto il mondo è paese’. Oggi più che mai”.
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