PERUGIA - “Il nuovo Piano sanitario della Regione Umbria si apre con un capitolo dedicato alla ‘persona al centro del sistema’ e di conseguenza la psicologia sanitaria avrà un ruolo sempre più importante nella programmazione regionale”. Lo ha affermato stamani a Terni Marcello Catanelli dell’assessorato alla Sanità della Regione Umbria durante il convegno “La persona al centro del sistema: la psicologia sanitaria evidence-based” che si è tenuto oggi all’azienda ospedaliera. Al convegno - che coincide con la costituzione della Psisa (Associazione italiana di psicologia sanitaria ed ospedaliera) – sono intervenuti dirigenti sanitari, docenti universitari e presidenti di associazioni professionali.
“La Regione Umbria, dopo aver completato questo processo culturale che porta a considerare la cura delle malattie in modo da integrare psiche e corpo sposterà l’attenzione sul piano organizzativo – ha proseguito Catanelli – La realtà ternana, dove da anni si sperimenta e funziona a pieno regime il servizio di psicologia ospedaliera potrà essere utilizzata come modello. Ciò vale sia per i vari standard organizzativi che per una valutazione dei costi e delle risorse umane. In seguito a ciò si prevede di incentivare la formazione del personale”.
Durante l’incontro, David Lazzari - direttore del convegno e responsabile del servizio di psicologia ospedaliera dell’ospedale di Terni – ha presentato i risultati di una ricerca-intervento di rilevanza nazionale condotta dal gruppo coordinato dallo stesso Lazzari per conto della Regione Umbria e del Ministero della Salute. Lo studio ha riguardato due aspetti: lo stress negli operatori sanitari e il miglioramento del clima organizzativo nelle aziende sanitarie.
“Quello della gestione dello stress nelle professioni sanitarie”, è un tema di rilevante interesse sia per gli operatori che per gli utenti, perché – ha detto Lazzari – è dimostrato che lo stress del medico o dell’infermiere, se eccessivo, non fa male solo a loro ma diviene un problema anche per i pazienti. E’ noto che lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa riferito più frequentemente e, secondo i dati dell’Agenzia Europea sulla Sicurezza Lavorativa, interessa quasi un lavoratore europeo su quattro. Dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50 e il 60 per cento di tutte le giornate lavorative perse è dovuta allo stress e il relativo costo economico legato all’attività lavorativa nell’UE a 15 stati era di circa 20 miliardi di euro”.
Lo studio, svolto per conto della Regione, che ha come obiettivo quello di mettere a punto un intervento efficace di stress management, ha interessato circa 1100 operatori delle aziende sanitarie umbre e del Lazio, dei quali il 23% uomini e 77% donne, con una età media di circa 40 anni. Lo stress è stato rilevato prima dell’intervento e a distanza di sei mesi dalla sua conclusione. Sono state riscontrate significative differenze rispetto agli operatori che non avevano partecipato a sedute di gruppo, in particolare nei livelli di stress (28% in meno). L’intervento (sette incontri di gruppo) ha concentrato la propria attenzione sulla acquisizione di consapevolezze ed abilità nella gestione dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti legati a situazioni stressanti.
“I dati – ha detto Lazzari - evidenziano l’efficacia dell’intervento messo a punto e confortano l’ipotesi della sua adozione su vasta scala, poiché con un investimento molto ridotto si possono ottenere significativi benefici”.
La seconda parte dello studio ha riguardato invece la qualità della vita lavorativa ed i fattori che concorrono a migliorare o peggiorare il clima organizzativo negli ospedali. “Gli studi stanno infatti evidenziando – ha rilevato David Lazzari – che in sanità lo stress dell’operatore e la qualità dei climi e processi organizzativi è strettamente legata alla qualità dell’assistenza ed alla percentuale di errori. Questa indagine ha interessato una popolazione di circa 1000 tra medici, infermieri ed altre professionalità, sempre in Umbria e nel Lazio. I dati hanno evidenziato che gli operatori e le organizzazioni sanitarie – essendo diventate nel tempo sempre più complesse – con passaggio da un lavoro parcellizzato ad un lavoro per processi ed obiettivi e da un modello di tipo piramidale ad un modello a rete, è richiesta più flessibile una maggiore responsabilizzazione e coinvolgimento più diffuso”.
Lazzari ha evidenziato che “occorre stabilire un rapporto più proficuo tra medicina e psicologia per rendere più efficaci gli interventi sanitari e porre al centro dell’attenzione le persone, non solo gli organismi. Siamo abituati ad avere a che fare con una medicina che si occupa di malattie e di corpi, non di malati e di persone – afferma David Lazzari – parallelamente pensiamo ad una psicologia che si occupa di qualcosa di astratto: menti, pensieri, fantasie, qualcosa che non ha niente a che fare con le cellule, con gli organi o con i disturbi e la malattie del nostro corpo. E’ una visione destinata a cambiare sotto la spinta di due fondamentali fattori: le tante novità fornite dalla ricerca scientifica in questi anni e le nuove esigenze e sfide che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare”.
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