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di Eugenio Pierucci, candidato Prc al Consiglio comunale di Perugia Se non ricordiamo male la Provincia di Perugia fu la prima in Italia, più di 30 anni fa, ad istituire quelli che all’epoca vennero chiamati gli “orti dei pensionati” e la notizia fece così clamore che giunsero nella nostra città delegazioni da ogni parte d’Italia per rendersi conto di cosa si trattasse, con l’intento di replicare altrove questa esperienza. La ragione che mosse all’epoca gli amministratori dell’ente erano squisitamente sociali. In Umbria, e particolarmente a Perugia, era assai forte il fenomeno di urbanizzazione che spostava dalle campagne verso le città interi nuclei familiari, soprattutto ex mezzadri, alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro. Un’aspirazione al miglioramento della propria condizione sociale più che giusta, ma che produceva anche effetti di sradicamento vissuti in modo drammatico soprattutto delle componenti più anziane di quelle famiglie che, un tempo assai considerate per la saggezza e l’esperienza maturata nel corso di una lunga vita lavorativa, si venivano a trovare d’un tratto in una situazione di emarginazione ed anche di peso per i propri cari. Un piccolo orto assegnato dalla Provincia rendeva perciò loro meno traumatico il distacco dalla terra nella quale avevano sempre vissuto e, soprattutto, la possibilità di continuare ad assicurare un apporto anche di tipo economico, sia pure minimo, alle loro famiglie serviva a far riacquistare loro fiducia nelle proprie capacità. Questo più di 30 anni fa, ma in questo lungo lasso di tempo le cose si sono profondamente modificate ed era quindi giusto apportare qualche aggiornamento a questa sempre utile esperienza. Occorreva, soprattutto, riaggiornare il tipo di organizzazione al fine di renderla più rispondente alle mutale necessità. Per poterlo fare nel migliore dei modi la cosa più logica che si potesse fare era quella di porre un punto fermo che consiste nel permettere ai legittimi assegnatari della concessione di continuare ad esercitare il “diritto” loro riconosciuto, riservandosi, invece, un periodo di riflessione sul che fare dei lotti che si stanno rendendo liberi per ragioni del tutto naturali. Questo ha significato l’interruzione temporanea della rassegnazione di questi piccoli lotti e da qui è partito un allarme che non aveva alcuna ragione di essere, soprattutto da parte di chi potrà tranquillamente continuare a lavorare il terreno che gli è stato affidato. Si tratta, ora, di rendere più razionale questa esperienza aggiornandola alle necessità dell’oggi ed in questo senso noi riteniamo che il numero degli orti metropolitani, che stanno diventando di moda in molte altre parti del Paese anche come attività a sostegno di un reddito familiare sempre più ridotto, debba essere consistentemente incrementato con la partecipazione, a fianco della Provincia di Perugia, di altre istituzioni pubbliche locali (i Comuni in primo luogo) titolari anch’esse di fondi agricoli spesso non adeguatamente sfruttati. E con l’incremento del numero degli orti si rende a nostro parere anche necessaria una revisione della categorie sociali da ammettere a questa esperienza. Tanto per essere chiari, perché negare a un lavoratore in mobilità o addirittura disoccupato, la possibilità di accrescere attraverso questa attività sussidiaria lo scarso reddito della propria famiglia? Condividi