L'informazione dal buco della serratura colpisce l'intelligenza dei lettori.
di Lucia Baroncini.
Questa mattina il direttore del Corriere dell'Umbria, David Vecchi, risponde all'appello firmato da nove giornalisti, fra cui la sottoscritta, affinché nel raccontare i fatti riguardanti l'inchiesta della magistratura sui concorsi truccati nella sanità umbra ci sia il rispetto della privacy degli indagati. Il racconto di rapporti intimi o di battute infelici, se questi non hanno nulla a che fare con i reati contestati, non ha ragione di essere, tantomeno di occupare una prima pagina, con titolo di apertura. L'informazione dal buco della serratura colpisce l'intelligenza dei lettori e, prima ancora, l'autorevolezza di un giornale. Denuncia la sua debolezza, nella capacità di informare correttamente sui fatti sostanziali. Questa mattina il direttore Vecchi risponde all'appello ricordandoci, nella sua lampante presunzione, quanto è stato bravo a seguire tante, importanti inchieste nazionali, che giornalista in prima linea è stato nell'informare sul caso Ruby, sul pasticcio Mps ed su altre brutte storie italiane. Ce ne complimentiamo. Peccato che in Umbria non ha ancora dato prova di tanta bravura. Le inchieste, essendone capaci, le fanno anche i giornali, prima ancora della magistratura.
E peccato che alla fine il direttore rivolga questa minaccia ai nove giornalisti, che hanno usato nel loro appello modi e toni rispettosi del lavoro quotidiano dei colleghi, che è stato il loro per decenni, nel mio caso proprio al Corriere dell'Umbria. Vengono accusati di omertà, di voler stendere veli, peggio: di aver personalmente sfruttato il sistema ora sotto accusa. Scrive, infatti, Vecchi: "... La colpa? Di chi fa finta di nulla e chiede di stendere veli. Che tra l'altro sono gli stessi che si riempiono la bocca con la questione morale a invocare omertà sulla moralità degli amministratori adducendo come motivazione l'assenza di rilievo penale. Appunto, non hanno vergogna. O forse a muoverli è il timore che salti fuori il loro nome. Voi che auspicate il silenzio avrete forse chiesto qualche aiutino? E magari l'avete pure ricevuto? Se avrà rilievo noi lo pubblicheremo. Ora agitatevi pure".
Mi sforzo, ma non mi sento agitata. Non so se il direttore Vecchi, quando scrive, nella fretta rilegge ciò che scrive. La sua inquietante invettiva è tanto minacciosa quanto volgare. E' rivolta a colleghi, alcuni dei quali in pensione, che hanno scritto nei giornali locali e nazionali e che non hanno nulla da temere da eventuali inchieste giornalistiche rivolte alla loro persona e ai loro malanni. Sempre che il direttore Vecchi abbia la correttezza di promuovere e pubblicare corretta informazione. Col livore di cui si fa forte, nell'infelice risposta di oggi, testimonia l'inadeguatezza nel dirigere un giornale, che io personalmente ho visto nascere, per difendere il quale, la sua autonomia e i diritti dei colleghi, mi sono battuta sempre in prima fila nel Comitato di redazione per anni e fra mille vicissitudini..

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