PERUGIA - Occorre stabilire un rapporto più proficuo tra medicina e psicologia per rendere più efficaci gli interventi sanitari e porre al centro dell’attenzione le persone, non solo gli organismi. I risultati scientifici sulle interdipendenze tra mente e corpo, il ruolo fondamentale dei fattori psicologici nello stress, i dati sull’importanza della relazione nei processi di cura sono al centro del primo convegno nazionale di psicologia sanitaria “La persona al centro del sistema: la psicologia sanitaria evidence-based”, in programma venerdì 15 maggio a Terni (Sala Conferenza Azienda ospedaliera Santa Maria, dalle ore 9).
L’appuntamento si pone l’obiettivo di stabilire un confronto sulla materia, basandosi sugli interventi già attuati con successo a livello internazionale e italiano, e contribuire alla diffusione nei Sistemi sanitari di strategie ed interventi più appropriati ed integrati per ridurre i costi individuali, sanitari e sociali legati alla salute. Il convegno coincide con la costituzione della “Psisa” (Associazione italiana di psicologia sanitaria ed ospedaliera), che avrà sede operativa in Umbria e si prefigge di riunire gli specialisti del settore, promuovendo la diffusione di interventi psicologici di provata efficacia, la ricerca e la formazione in questo campo.
La scelta di Terni e dell’Umbria come sede del convegno e dell’associazione è un significativo riconoscimento dell’attività svolta in questi anni presso l’Azienda Ospedaliera “Santa Maria”, sia nel campo dell’assistenza e della ricerca che della definizione di nuovi modelli operativi. - “Siamo abituati ad avere a che fare con una medicina che si occupa di malattie e di corpi, non di malati e di persone – afferma David Lazzari, direttore del convegno e responsabile del servizio di Psicologia ospedaliera dell’azienda ospedaliera ‘Santa Maria’ di Terni - parallelamente pensiamo ad una psicologia che si occupa di qualcosa di astratto: menti, pensieri, fantasie, qualcosa che non ha niente a che fare con le cellule, con gli organi o con i disturbi e la malattia del nostro corpo. È una visione destinata a cambiare sotto la spinta di due fondamentali fattori: le tante novità fornite dalla ricerca scientifica in questi anni e le nuove esigenze e sfide che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare”.
Molti studi confermano la necessità di incrementare questo rapporto. Uno studio inglese ((Programma “Whitehall”) ha seguito 10mila persone per 20 anni dimostrando che lo stress psicologico è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Una persona con elevato stress psicologico cronico ha sino al 70 per cento di probabilità in più di sviluppare una malattia cardiovascolare. Analoghi studi esistono per molte altre malattie, a partire dal diabete sino all’ictus e cominciano ad esserci dati interessanti anche sui tumori. Un significativo studio epidemiologico è stato condotto in Svezia dai ricercatori della “Sahlgrenska Academy” di Goteborg, che hanno seguito 1.350 donne a partire dalla metà degli anni Sessanta, sottoponendole periodicamente a questionari di valutazione dello stress psicologico: dopo 24 anni di osservazione è risultato che le donne con stress più elevato hanno un rischio di cancro al seno pari al doppio delle donne con basso stress.
“È importante, quindi, diffondere interventi psicologici di ‘stress management’, che si sono rivelati efficaci nella riduzione dello stato di affaticamento mentale – osserva Lazzari - non solo per migliorare la qualità della vita e il benessere psicologico, ma come prevenzione della patologia fisica. Va ricordato – continua - che i fattori psicologici negativi non agiscono solo favorendo la malattia, essi hanno un ruolo importante anche nelle situazioni di malattia: fanno la differenza nel modo di reagire e fronteggiare il problema, nella gestione della malattia e nella qualità della vita, incidono sull’ adesione e sulla risposta alle cure, persino sul decorso o la comparsa di complicanze e ricadute. In questo contesto va valutato il costante aumento delle malattie croniche, che necessitano di una vera e propria ‘alleanza terapeutica’ tra paziente, operatori sanitari e servizi”.
“Una meta-analisi basata su 37 ricerche, riferite a pazienti con problemi cardiovascolari – prosegue Lazzari - ha evidenziato che le persone che hanno partecipato a interventi psicologici hanno avuto, rispetto ai pazienti con analoghi problemi, un significativo e positivo effetto sulla pressione sanguigna, sui livelli di colesterolo, sul peso corporeo, fumo, attività fisica ed alimentazione, e soprattutto una riduzione della mortalità per malattie cardiache del 34 per cento e una diminuzione di nuovi infarti pari al 29 per cento. Non va dimenticato, inoltre, che questi interventi riducono i costi personali, sanitari e sociali legati alla malattia, diminuendo il peso complessivo della malattia. Un intervento psicologico di sole 14 ore in persone con malattie croniche ha determinato una diminuzione dei ricoveri ospedalieri nei partecipanti del 20 per cento nei 12 mesi successivi rispetto ad altri pazienti con le stesse malattie”.
Questo è l’orizzonte nel quale si inserisce il convegno di Terni, appuntamento al quale interverranno i massimi livelli delle società scientifiche dei cardiologi, degli oncologi, dei diabetologi e dei nutrizionisti ospedalieri, dei medici di medicina generale, alcuni tra i più qualificati psicologi ospedalieri italiani, i vertici degli Ordini dei Medici e degli Psicologi e dei Collegi degli Infermieri, di associazioni rappresentative degli utenti, manager della sanità e dirigenti regionali.
“È la prima volta – rileva Lazzari - che tante diverse professionalità si confrontano non a distanza, ognuno nei propri convegni come di solito, ma in una unica sede, uniti dal linguaggio comune delle evidenze scientifiche disponibili e delle indicazioni derivate da esperienze significative. Verranno anche affrontati i temi relativi alla gestione dello stress negli operatori sanitari e del clima organizzativo, dello sviluppo dei processi aziendali in una logica di rete e di lavoro per obiettivi, con la presentazione delle ricerche ed interventi effettuati in questo ambito per conto della Regione Umbria”.
“L’incontro umbro non vuole essere solo un fatto scientifico – conclude David Lazzari – ma una spinta all’attuazione di iniziative concrete e coerenti su questi temi, per uscire dagli slogan sulla umanizzazione e personalizzazione delle cure e trasformarli in fatti. Per fare questo non bastano iniziative sporadiche e frammentate, ma l’adozione di strategie sanitarie in grado di guardare agli aspetti soggettivi, oltre che biochimici, della salute e della malattia”.
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