Batoste elettorali e riflessioni a vuoto nel Pd
Leggo su fb e altrove una infinita congerie di reazioni e riflessioni di militanti e dirigenti del Pd sulle cause delle sconfitte elettorali (ultima la Basilicata) e della crisi del partito Ne ricavo l'immagine di un pollaio avvolto dal rumore assordante e confuso di starnazzi, pigolìì, chicchirichì. Eppure, a mio giudizio, nessuna delle tesi che vengono sostenute coglie nel segno; anche perchè, nella sostanza, non divergono le une dalle altre e sono fatte di vacue e vuote parole, oltre all'immancabile appello al "cambiamento" (del partito) divenuto ossessivo tormentone, senza che venga mai spiegato in che cosa dovrebbe consistere questo cambiamento. Cioè quale nuova politica, quali nuovi (o vecchi) riferimenti ideali, quali classi assumere per un'interlocuzione privilegiata e quali interessi diversi dagli attuali difendere o tornare a difendere. Essendo passato da poco meno del 40% a meno del 20% dei voti in breve tempo, il Pd non ha compiuto nessuna riflessione politica, programmatica, ideale sui motivi della sconfitta (l'analisi del voto, si sarebbe detto in tempi ormai politicamente remoti). Il leaderismo, le liti tra i dirigenti, l'ambizione sfrenata e i conflitti tra i candidati ai vari ruoli, la ricerca miracolistica di un salvatore della patria hanno sostituito la politica e il legame con la gente e il suo tradizionale elettorato.
A me pare che la causa principale e determinante della sconfitta piddina (l'unica che, non a caso, nessuno di loro, dirigenti e militanti, cita mai, perchè cancellata) sia facilmente individuabile. Con una battuta sintetica potrei dire che il Pd non è un partito di sinistra. La cosa non è di oggi e non è nata con Renzi che l'ha portata alle estreme conseguenze. La deriva verso destra è partita da lontano, dopo lo scioglimento del Pci e ha raggiunto le sue vette di maggiore devastazione con la segreteria Veltroni quando quella che era ancora considerata la sinistra (anche se moderata), è stata via via soggiogata, resa complice, addirittura protagonista (come è oggi) della cultura e della pratica liberista, in nome dell'inseguimento di presunti e sconvolgenti cambiamenti nella società (è da trentanni che dura questa solfa), ha abbandonato e abdicato ai valori e ai principi della sinistra, finendo col praticare una politica e programmi, al servizio della Confindustria e dei "mercati", che ha deluso l'ha allontanata dai lavoratori, dal popolo, dai ceti più umili.
Io credo che il Pd sia un partito inguaribile. Se non esce (e non lo vedo possibile) dalla gabbia di questa cultura monolitica dominante, fatta di americanizzazione del sistema politico e delle istituzioni, di dominio economico e sociale della grande borghesia, la prospettiva (difficile e forse lontana, ma irrinunciabile) di un rinnovamento dell'Italia dovrà conoscere un'altra via, quella, complicata, di una nuova sinistra.
Leonardo Caponi

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