di
Anna Maria Bruni
L’azienda è responsabile in caso di morte sul lavoro anche nel caso in cui il lavoratore abbia commesso errori. Così si è espressa la Corte di Cassazione, in relazione alla morte di un operaio caduto dal lucernaio di uno stabilimento di Retorbido, nell’Oltrepò pavese, nel gennaio 2001. La tesi della difesa, basata sulle responsabilità dell’operaio nell’adottare misure di sicurezza, è stata così smontata dalla sentenza della Cassazione che ha imputato all’azienda il fatto che "i responsabili della sicurezza dello stabilimento non avevano predisposto sottoplachi di protezione o elementi di rinforzo dei lucernari al fine di evitare cadute dall'alto".
Dopo la denuncia della Fiom della norma “salva-manager” e l’intervento del Presidente Napolitano che ha esplicitamente chiesto la riscrittura della norma, arriva la sentenza definitiva: effettiva sul caso specifico, e illuminante sull’articolo 15 bis.
E non basta, perché anche nel caso in cui il lavoratore sia autonomo, ovvero anche nel caso di appalti e subappalti, gli obblighi della sicurezza gravano su ciascun datore di lavoro e fanno capo all’azienda che appalta. Anche qui la chiarezza della Cassazione fa luce sulle modifiche del governo al dlgs 81/08: se la sicurezza sul lavoro è una scala, le modifiche al Testo unico sono i “pioli” che il governo sfila per far “cadere tutta l’impalcatura”. Questa è l’immagine che la segretaria confederale Cgil Paola Agnello Modica ha dato ieri in conferenza stampa presentando le osservazioni della consulta giuridica del lavoro della Cgil al decreto correttivo.
“E’ una vera e propria controriforma”, ha detto Agnello Modica, sottolineando la contrarietà nettissima della Cgil. Quel testo, denuncia l’esponente Cgil, mina “norme fondamentali del codice civile, di quello penale e dello Statuto dei lavoratori” e “attraverso l’uso improprio di un decreto legislativo – continua – costruisce una normativa tesa a salvaguardare, a proteggere e a rinforzare gli interessi e la centralità dell'impresa a scapito del lavoro”. La Cgil, sottolineando come siano a rischio sia i diritti individuali sia quelli collettivi dei lavoratori, punta il dito in particolare sull’abrogazione di norme previste dallo Statuto dei lavoratori: “il divieto di visita preassuntiva da parte del medico di fiducia dell'azienda previsto dall'articolo 5, il ridimensionamento del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori previsto dall’articolo 9 e l’articolo 13, che sancisce il diritto di vedere garantita la retribuzione in caso di cambio di mansione per malattia a seguito di infortunio” oltre alle nuove norme sulla cartella sanitaria, non più a disposizione del lavoratore, ma soprattutto al “ridimensionamento della contrattazione di secondo livello, dei diritti e delle prerogative di tutte le rappresentanze dei lavoratori”.
La segretaria confederale ha puntato poi il dito contro l’esecutivo che “approfitta della crisi per abbassare i diritti”. Il governo, ha aggiunto, “sta di fatto approfittando della crisi per dare un impostazione dall’uscita che è al ribasso per i diritti. Scatenando una competizione basata sulla riduzione dei costi, dei doveri e delle responsabilità dei datori di lavoro rispetto all’intera società” mentre “le differenze sociali si stanno acuendo”.
Il netto giudizio espresso dalla Cgil è supportato dall’analisi della Consulta giuridica del lavoro dell’organizzazione sindacale. Il professor Carlo Smuraglia, in apertura di intervento, ha fatto notare che “non si è dato il tempo al Testo Unico per verificarne l'efficacia ma, da subito, con il cambio di governo è spirato un vento di controriforma”.
Poi è passato ad illustrare lo studio, che smonta il testo punto per punto. Nota particolare, la riduzione delle sanzioni. “Abbiamo una maggioranza di governo – sottolinea – che si batte ogni giorno per introdurre nuovi reati o per aumentare le pene di quelli già esistenti. La sicurezza sul lavoro, invece, è l’unica materia in cui non solo non si irrobustiscono le pene, ma le si aumentano per i lavoratori, una misura che va di pari passo con la colpevole riduzione dei poteri degli organi di vigilanza. Questo governo instilla continuamente al paese l'idea che le regole possono essere aggirate come si vuole”.
Ma soprattutto “l’articolo 15bis”, che stabilisce che il datore di lavoro non risponde della morte o dell’infortunio se l’evento è riconducibile alla responsabilità di un qualsiasi altro soggetto operante nel contesto produttivo (preposto, progettista, medico competente, lavoratore). “Così si deresponsabilizza totalmente il datore di lavoro, svelando l’ipocrisia di tante dichiarazioni seguite alla tragedia della Thyssen che promettevano più severità”. La norma salva-manager, appunto, bocciata di fatto con la sentenza della Cassazione.
E intanto si continua a morire di lavoro. Questa mattina all'ospedale di Trento è morto un operaio forestale romeno di 26 anni, investito ieri sera da un tronco mentre lavorava nei boschi sopra Pelugo, in Val Rendena. Secondo una prima ricostruzione, Roman Grigore Cilian stava mettendo dei tronchi in sicurezza quando uno di questi si è mosso, e lo ha travolto.
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