europarl.jpg
In tempo di elezioni (e sopratutto di formazione delle liste), si sa, i fenomeni di migrazione politica si fanno più accentuati. Tra i tanti non può non colpire il passaggio da formazioni di sinistra all'Italia dei Valori di personaggi politici di spicco, con alle spalle una lunga militanza di sinistra e responsabilità non marginali di direzione politica e sindacale. Per carità, nessuna intenzione di entrare nel merito di scelte personali, a tutti può capitare di essere folgorati sulla via di Damasco, ma (e questa diventa però questione tutta politica) rivendicare una coerenza ed una continuità di percorso tra la precedente militanza e la scelta di passare alle fila (e alle liste) dipietriste, francamente mi pare un po' forzata. Forse, visto che il 6 ed il 7 giugno si voterà anche per il Parlamento europeo, conviene rammentare quale sia la collocazione in Europa dell'Italia dei Valori. Innanzitutto l'Italia dei valori è membro del Partito Liberale Europeo, fondato nel 1953 da Giovanni Malagodi, i più anziani se lo ricorderanno, storico segretario del Partito liberale Italiano, ovvero il Partito del padronato più retrivo. Il Partito Liberale a sua volta fa parte dell'Internazionale liberale, che ha come padri nobili di parte italiana Benedetto Croce e Luigi Einaudi. Nel parlamento europeo il Partito Liberale Europeo nel 2004 si è unito con i Democratici Europei, il gruppo, guarda caso, cui fanno capo gli eletti europei della Margherita fortemente voluto da Rutelli, dando vita all'ALDE (Alleanza Liberali e Democratici Europei), che attualmente è il terzo gruppo parlamentare europeo. Per capire come l'ALDE si è mossa ed intende muoversi in Europa basta andare a leggersi le posizioni assunte in merito a questioni come l'orario di lavoro, l'immigrazione e la sicurezza, i diritti sociali, o scorrere le 15 priorità indicate nel programma elettorale europeo del Partito liberale Europeo. E' tutto un inno alla libertà, ma sopratutto al libero mercato, con la proposta di affidare al Fondo Monetario Internazionale il compito di guida della finanza internazionale per prevenire nuove crisi (come mettere la volpe a guardia del pollaio) e sopratutto evitare qualsiasi ritorno a politiche di nazionalizzazione e di intervento pubblico. Grande enfasi viene posta sulle questioni della sicurezza e della difesa, mentre non una parola viene spesa per il lavoro o sui costi sociali della crisi. “L'Unione Europea”, si legge nel Manifesto del PLE, “deve essere modernizzata e rafforzata secondo i valori e i principi della democrazia liberale e dell’economia del mercato”. E' sulla base di questo programma, più mercato e più democrazia liberale, che i candidati europei, tutti i candidati, dell'Italia dei Valori chiederanno il voto e a questi principi, una volta eletti, si atterranno nel loro agire da parlamentari. E questo è bene che i cittadini elettori lo sappiano. Così come votare per i candidati della lista europea di Rifondazione Comunista, Socialismo 2000, Comunisti Italiani ed Unione Consumatori significa votare per la Sinistra Europea Unita (GUE), così votare per i candidati europei dell'Italia dei Valori significa, molto semplicemente, votare per il Partito Liberale Europeo. Ma l'Europa è lontana, parliamo allora di elezioni amministrative. Anche in questo caso si registrano trasmigrazioni dalla sinistra all'Italia dei Valori, da una sinistra locale accusata, in tutte le sue articolazioni, di essere asservita e succube del partito Democratico. E giù proclami con richieste di discontinuità di uomini e di programmi, pronti a correre da soli, anzi teorizzando, documenti firmati e votati lo testimoniano, la necessità di rompere tutte le alleanze di centro sinistra e dare una lezione al protervo Partito Democratico. Poi una volta compiuta la trasmigrazione è bastata la sottoscrizione di un inconsistente patto etico per mettere la sordina ai bellicosi proclami, mettere “la testa a partito” e tutti in fila a celebrare i fasti dei candidati proposti dal Partito Democratico. Condividi