No al settarismo, fare come Togliatti.
di Oscar Monaco.
Durante la guerra di Resistenza partigiana Palmiro Togliatti si trovò a polemizzare con Pietro Secchia riguardo al ruolo dei comunisti nel CLN: infatti, mentre Secchia rivendicava apertamente la centralità del PCI rispetto a tutte le altre forze politiche, dal PSI ai Repubblicani, passando per azionisti, monarchici e popolari, il Migliore sosteneva che per far sì che l'antifascismo assurgesse al ruolo di movimento popolare occorreva valorizzare l'apporto di tutte le culture politiche, comprese quelle che nel ventennio precedente avevano avuto, per usare un eufemismo, forti compromissioni col regime. Togliatti era perfettamente cosciente del fatto che il Partito Comunista, per organizzazione e rapporti di forza, fosse di gran lunga soverchiante rispetto alle altre formazioni politiche e si rivolgeva a uno dei più importanti comandanti partigiani nonché la più lucida mente organizzativa politico militare di cui il PCI disponesse.
Sabato a Catania c'è stata una grande manifestazione per chiedere la liberazione dei profughi tenuti in ostaggio sulla nave Diciotti, un sussulto di umanità in un paese appestato dal fetore insopportabile di razzismo emanato dal governo più di destra della storia repubblicana; a Catania, sabato, un gruppo di militanti di un micropartitino soi-disant "comunista" ha contestato i militanti del PD, il partito della destra economica italiana, facendo ammainare le loro bandiere; se ci fosse stato Marco Minniti, l'ex ministro delle colonie libiche del PD, avrei capito e sostenuto la contestazione, se ci fosse stato Minniti.
Se il PCI di Togliatti, Longo e Berlinguer avesse ragionato così, nel '43, con monarchici o coi democristiani, Mussolini o chi per lui avrebbe governato altri quarant'anni.

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