GLI INTERVENTI DEI CONSIGLIERI
MARA GILIONI (PD): "La proposta di Piano sanitario
regionale si caratterizza per diverse novità, a cominciare dall’impostazione di fondo e si inserisce con coerenza nel momento storico che stiamo vivendo. Le ristrettezze economiche, associate ad una
continua evoluzione tecnologica ed al cambiamento della struttura socio-demografica della popolazione, impongono un profondo ripensamento del nostro sistema che, per poter cambiare, deve partire dal basso,
attraverso una maggiore consapevolezza, responsabilità e protagonismo dei livelli locali. Solo attraverso questa rivoluzione è possibile prefigurare la salvaguardia di un sistema che ha garantito l’universalità di accesso alle cure, il contenimento dei costi e lo sviluppo tecnologico. Non è un piano prescrittivo, che entra nelle singole questioni di programmazione, ma traccia linee di tendenza, di carattere strategico, coerenti al mutato quadro istituzionale affermatosi con il federalismo ed il previsto avvio del decentramento fiscale. Richiede
maggiore responsabilizzazione e protagonismo degli operatori, chiamati ad un vero e proprio ‘governo clinico’ dei servizi secondo parametri di
appropriatezza e sicurezza delle cure. L’approccio innovativo è nella centralità delle ‘cure intermedie’, che presuppone la priorità di investimento sulle Rsa, sugli Hospice e sugli ospedali di territorio. Una
presa in carico del paziente che comincia dalla ‘prossimità’, intesa come vicinanza fisica e adeguatezza dell’approccio. Del resto, da qualche
tempo, all’interno del sistema il volume di assistenza domiciliare ha superato quella ospedaliera. Quindi il Piano verte sulla centralità della medicina di territorio e di distretto, unitamente ad una politica di
diffusa prevenzione”.
FIAMMETTA MODENA (FI-PDL):"E’ necessario puntare l’attenzione su alcuni concetti di fondo già enunciati nella relazione di minoranza. Per quanto riguarda il modello pubblico del Piano, noi non riteniamo che il modello della sanità non lo debba essere, se significa un modello che garantisce a tutti, indipendemente dalle condizioni di natura e di carattere economico, l’accesso ai servizi di carattere sanitario in condizioni di uguaglianza, contestiamo, però, fermamente una impostazione di chiusura nei confronti degli apporti che un privato potrebbe dare nell’ambito
della gestione della sanità. Per quanto ci riguarda abbiamo spesso sottolineato che il privato, in Umbria, potrebbe svolgere due funzioni sostanziali: costruzione di strutture o acquisto di apparecchi in una
situazione di project financing; abbattimento delle liste di attesa. Su questo, il Piano ripropone un modello ‘non pubblico’, ma di ‘controllo pubblico’, di consenso politico. Per quanto ci riguarda, saremmo partiti da una diversa impostazione, che non avrebbe smantellato il livello pubblico, ma avrebbe inserito elementi di apporto positivo del privato.
Sulla razionalizzazione la nostra posizione è stata sempre estremamente chiara: non devono essere concentrati gli sforzi su un modello che
attiene soltanto le strutture ospedaliere territoriali, la razionalizzazione riguarda le sovrastrutture burocratiche e amministrative. Siamo quindi contrari all’attuale numero delle Asl, convinti che è stato anche improvvido creare l’Agenzia per gli acquisti.
Era necessario uno smantellamento e una riduzione numerica delle Asl. Attraverso l’Agenzia unica degli acquisti, la Regione intende controllare
l’attività delle direzioni e dei direttori generali. Per quanto concerne il monitoraggio, la Regione non verifica quanto successo veramente nell’attuazione di atti fatti in precedenza. Sarebbe necessario capire
quali obiettivi sono stati raggiunti e con quali tipi di costi. Vengono fatti monitoraggi autocelebrativi che fanno acqua da ogni parte, lo si capisce nel momento in cui vengono confrontati con ricerche e studi
effettuati non in forma autoctona, ma a diverso livello. Le liste di attesa non sono una questione di classe, ma un problema di inefficienza burocratica e amministrativa. Nel Piano la questione viene affrontata con estrema genericità. I dati inerenti le liste di attesa, fino a poco fa presenti in internet, ora sono misteriosamente scomparsi.
LUIGI MASCI (Pd): "Per la prima volta si parte dai
risultati ottenuti dal vecchio Piano. Fra le scelte si rafforza l’universalità del servizio sanitario e il suo ruolo pubblico confermandone i risultati positivi conseguiti ed i riconoscimenti che nel tempo si è guadagnato il modello umbro della sanità. Il Piano nasce in un contesto critico e preoccupante, anche per questo rimette le decisioni operative al Dap per legarlo alle disponibilità finanziarie effettive. La prevenzione è scelta prioritaria, nei luoghi di lavoro e
nell’ambiente. Il modello ormai individuato punta a ridurre i ricoveriospedalieri perché i nosocomi devono sempre più specializzarsi per dare risposte specialistiche agli acuti. La messa in rete del sistema
ospedaliero implica una razionalizzazione dei servizi coinvolgendo i territori e i comuni. Il Piano dà strumenti nuovi di partecipazione per correggere le esperienze non sempre esaltanti delle precedenti Conferenze dei sindaci. L’eliminazione delle liste di attesa è un obiettivo importante, ma è necessario anche introdurre forme di monitoraggio, vere e proprie antenne capaci di captare per tempo e correggere la qualità dei servizi”.
ALFREDO DE SIO (An-Pdl): "Non è accettabile l’enfasi di
prendersela con i governi nazionali di colore diverso. Ricordo che questo governo ha comunque aumentato le disponibilità e non ha certo tagliato l’Umbria in quanto Regione di segno politico diverso. Troppo ambigua la politica nei confronti dei territori e degli ospedali decentrati. Occorre di sicuro fare economie ma il piano non dice come. Io ritengo che la
dipartimentalizzazione sia un modello valido per comprimere le spese e migliorare i servizi. Ci saremmo aspettati maggior coraggio su questo. Se in Umbria si spende meno non significa che si spenda bene. Manca qui
un ruolo dei privati che in altre realtà si rivela particolarmente positivo anche al fine di contenere i costi. Le liste di attesa sono la dimostrazione della incapacità di gestire la sanità umbra. Su questo
siamo di fronte ad un fallimento. Si è creato un meccanismo perverso una sorta di truffa morale che coinvolge il sistema delle visite intramoenia. Occorre fare una seria analisi dei costi nelle Asl e nelle
due Aziende. Terni necessità di risorse aggiuntive, il piano non lo prevede.
ENRICO MELASECCHE (UDC): "Non si può sparare con faciloneria su tutta la sanità umbra, che invece
si mantiene su livelli accettabili. All’orizzonte ci sono problemi legati al federalismo che rischiano di creare servizi a diverse velocità a scapito di alcuni territori. Mi chiedo perché Terni resta anche in questo
Piano fanalino di coda della sanità umbra. E’ stato detto chiaramente che le prossime risorse andranno alle esigenze conclamate. Gli otto milioni di euro che andranno all’Ospedale di Terni sono largamente insufficienti e tutti lo sappiamo. Al momento dunque non è chiaro se ci saranno risorse per l’adeguamento delle tecnologie che sono la vera risposta di qualità
per i cittadini. Il fatto è che si vuol mantenere solo il livello pubblico, impedendo l’ingresso dei provati, dimenticando che nei prossimi anni mancheranno proprio le risorse dello Stato. Si va a chiudere Narni
ed Amelia depauperando una realtà storica, mentre ancora non si sa nulla sul nuovo ospedale. Sulla riabilitazione si è rifiutata una proposta di
privati, solo perché avrebbe comportato cambiare la filosofia della sanità pubblica ad ogni costo”.
ANDREA LIGNANI MARCHESANI (CDL PER L’UMBRIA): "Stiamo discutendo un Piano datato in itinere, scaduto, l’ultimo era del 2003. L’obiettivo dell’integrazione fra sociale e sanitario è fallito. Non c’è
razionalizzazione, riequilibrio fra ospedale e territorio, ma un ridimensionamento del ruolo dei Comuni e un potere ancora maggiore ai manager, con le nomine dei nuovi direttori sanitari e amministrativi in
vista. E’ un fallimento anche l’Agenzia unica degli acquisti, con la burocratizzazione che è sotto gli occhi di tutti e i direttori che non hanno ceduto niente del loro potere. Non si è risolto il problema delle liste di attesa e non si intravede una soluzione in futuro, perché manca l’integrazione fra pubblico e privato per insormontabili ragioni ideologiche. Il centrodestra aveva proposto in questa Aula di fissare dei tempi limite e di mettere a carico delle Asl i casi in cui venivano superati: questa è una sfida sociale, è difesa della classe debole, non dei dirigenti. Abbiamo un sistema che si va ‘americanizzando’: solo chi è
in grado di pagarsi le cure può risolvere subito i suoi problemi. Servirebbe un approccio al privato differente: è necessaria una convenzione che decongestioni il sistema, ma resta invece in vigore un
approccio di tipo ideologico, lo stesso per cui non si riesce a debellare il grave problema delle tossicodipendenze, affidato ai Sert, quando
sarebbe necessario cambiare filosofia: drogarsi non è un diritto, e le risorse devono confluire piuttosto verso gli anziani. Non ci sfuggono le difficoltà di far quadrare i conti, ma devono essere trovate le risorse e
previste anche le penalità, ad esempio, per chi non si presenta dopo avere richiesto una prestazione. E’ un Piano sanitario nel quale non ci possiamo riconoscere, non solo perché non risolutore, ma per un approccio
ideologico e sbagliato”.
ARMANDO FRONDUTI (FI – PDL): "Apprendiamo con favore che sono state recepite le nostre proposte in materia di Alzheimer ma respingiamo le ipotesi di drastica
riduzione dei finanziamenti statali per il 2010, rispetto al trend del fabbisogno, da parte del Governo Berlusconi, che non guarda al 'colore delle Regioni' e fino ad oggi ha sempre garantito all'Umbria quanto era
previsto e richiesto. Comunque oggi è necessario attuare nuove politiche di equità e di solidarietà, con il cittadino - paziente al centro del sistema sanitario. Occorre per questo stipulare un 'Patto per la qualità della risposta socio sanitaria', tra cittadini, associazioni, forze istituzionali, sociali e sindacali per valorizzare competenze professionali, esperienze abolendo favoritismi, privilegi, nepotismi
nell’individuazione dei servizi e delle responsabilità, compresa l'università. Non si comprende il motivo dell'apertura di un servizio di emodinamica nell'ospedale di Branca una volta alla settimana: un servizio di alta specializzazione che ha un costo molto elevato e non può funzionare per un tempo così limitato, dato che la procedura prevede un tempo minimo di 24 ore. Inoltre esiste già una struttura specializzata a Perugia, all'interno dell'ospedale Sana Maria”.
ALDO TRACCHEGIANI (LA DESTRA): "Molti degli obiettivi del Piano precedente non sono stati raggiunti. Il metodo seguito per la stesura del nuovo Piano è stato
positivo e partecipato ma nel merito ci sono alcune osservazioni da fare. Ad esempio sulle liste di attesa, sulle quali si è intervenuti solo in parte, che potrebbero essere diminuite, evitando i ricoveri
inappropriati: questo potrebbe avvenire utilizzando sul territorio i medici specialisti ospedalieri, che grazie alla loro professionalità potrebbero fare da “filtro”, riducendo il numero dei ricoveri inutili e
prescrivendo cure adeguate. È importante puntare sulla ' formazione sul campo', attraverso le risorse
dell'Università ma anche il supporto di esperti internazionali: questo permetterebbe di economizzare, sfruttare un metodo di insegnamento molto
efficace e rispondere ai bisogni formativi del sistema sanitario facilitando lo scambio culturale e la condivisione di esperienze tra medici e operatori. Uno dei mali della nostra sanità sono i limiti posti
all'azione dei direttori sanitari, che non possono agire da veri manager, utilizzando al meglio il personale a disposizione. Sarà necessario applicare fin da subito il nuovo Piano, per portare la sanità umbra verso l'eccellenza”.
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